What Happened, Miss Simone?
Se potessi scegliere una portavoce personale per esprimere il pensiero che puntualmente finisce per accartocciarsi in fondo alla gola, sfumando in un pigolio in caduta libera da fine ricreazione della quarta ginnasio, direi Nina Simone. I conflitti gettano me in uno stato di malessere diffuso e confusionale, non Nina. Lei è la pianista rabbiosa che ha detto a Martin Luther King “Io non sono non violenta” e nella bruma nebbiosa e invernale, la Little girl blue sa mettere in chiaro con stile che le gabbie sono spesso strette e le impressioni superficiali pure. Che talvolta è il caso di mostrare un’elegante, provocatoria e distaccata irriverenza, se non proprio di ruggire. E se le parole non servono perché incasinano il flusso dei pensieri, che già è quello che è, basta il piano.
Perché Nina il pianoforte lo suona caldo e da Dio.
Oh sì, stiamo parlando di un alterego molto nero e molto ingombrante.
Nina Simone è stata la donna estremamente viscerale che ha rivoluzionato jazz, soul e blues con una voce inconfondibile e una personalità nervosa, powerful fino alla più intima fibra del midollo. Femminista, ma non becera. Schierata ma non populista. Incazzata ma con stile -I’m old fashioned, I want passion- e poi cullante, gentile e collerica, ma sempre su toni caldi, accoglienti. Mai paciosa.
Di pace la cantante, nata Eunice Tryon, non ne ha conosciuta. Diva dalle ire funeste e dal carattere difficile peggiorato da un disturbo bipolare, è una nera del North Carolina che sogna di diventare la prima pianista classica degli Stati Uniti suonando Bach nelle case dei bianchi. Perché mi ripeto, Nina Simone suona il piano divinamente.Tra i primi artisti a schierarsi a fianco di Martin Luther King, finisce a suonare “I love you Porgy” nel salotto di Hugh Hefner, il fondatore di Playboy, con il piglio sdegnoso della tigre davanti a una conigliera. La monolitica protofemminista “dal naso troppo grande, le labbra troppo grosse e la pelle troppo nera” (e il pallino del sesso) che suona il piano in mezzo alle cosce lunghe delle conigliette, è una chicca del documentario “What happened, Miss Simone?”, girato nel 2015 da Liz Garbus per Netflix e in lizza agli Oscar 2016 come migliore della sua categoria.
Dell’ora e quarantacinque minuti del meticoloso e appassionato documentario, basta una sola inquadratura per capire che per Nina la fisicità è essenza e non a caso il corpo, il sesso e la pelle con tutta la melanina che la ricopre sono l’organo pulsante dei suoi testi, uno spaventoso oblò sul nero di una rabbia atavica riversata sull’attivismo civile.
Ma ha vinto Amy, e vabbè (Nel 2016 vanno intonate, pasionarie e matte come cavalli, che bello)
It Is Finished (1974), per esempio, è l’ufficiale uscita dalle scene, un fuoco vivo e un addio sereno, e cosa sia finito non si sa, però va bene. Andiamo in pace e Amen.
Nessun brano ha la potenza monumentale di pezzi più conosciuti come Feeling Good e I ain’t got life, la cinetica ansiogena di The House of Rising Sun e l’ottimismo un po’ forzato di Brown Eyed Handsome Man. E allora perché It Is Finished?
It Is Finished è un qualcosa detto a voce alta ma a tu per tu, di raramente semplice e riservato. Perché per apprezzare naturalezza e basso profilo serve sempre un attimo di pazienza, un passo oltre la prima impressione.
Raccolta intima e pulita, quasi nostalgica, ne fanno parte pezzi registrati senza l’abito dorato dallo scollo sulla schiena, ma con la tenerezza di pelle nuda, bulbi piliferi eretti e lo spirito trattenuto in un sibilo fra i denti. Ha due anime quest’album, quella estroversa, aggressiva e sdegnosa di The Pusher e Funkier Than a Mosquito’s Tweeter, e quella malinconica, dai sorrisi timidi e gli artigli gentilmente smussati della cover preziosa di Mr Bojangles di Bob Dylan, di Thandewye e della magica e rovente I Want a Little Sugar in My Bowl, naturalmente . Sullo sfondo restano Nina, Obeah Woman e Zungo, pezzi dal ritmo tribale in cui la Simone è una temporalesca venere paleolitica. Com’By H’Yere Good Lord è una perla così aperta, semplice e pulita da stuzzicare le ghiandole lacrimali, espressione meravigliosa di un piano che non è mai nervoso, collerico, ma aperto e solare in una distensione definitiva.
Distensione definitiva.
Un pensiero stupendo.
Titolo | It Is Finished
Autore | Nina Simone
Anno | 1974
Etichetta | RCA Records (APL 1-0241)