Walter Moers e La Saga di Zamonia
o di come il fantasy incontra tutto il resto
Prendete un frullatore dalle lame arrugginite. Ora metteteci dentro: Douglas Adams, Matt Groening, l’ipotetico figlio schizofrenico di Salvador Dalì e Gustav Dorè, Filippo Tommaso Marinetti, un pizzico di Guillermo del Toro e un rospo allucinogeno. Frullate a velocità medio-alta, guarnite con una fogliolina di crisantemo. Ecco, ora dovreste avere una vaga, molto vaga, idea del sapore che potrebbe avere una storia di Walter Moers.
Walter Moers, tedesco classe 1957, nasce principalmente come fumettista e vignettista. Si è fatto le ossa nel mondo della parodia e della satira politica, in un periodo delicato come fu quello della riunificazione tedesca scrivendo di cose sulle quali i tedeschi sono noti ridere e scherzare, ed è solo nel ’99 che pubblica il suo primo romanzo: Le 13 vite e ½ del Capitano Orso Blu, varando così la Saga di Zamonia.
È una storia in grado di unire l’epica più classica a un umorismo alla Edgar Wright e che ha come protagonista un orso antropomorfo (blu) che pare il Bilbo de Lo Hobbit. Un fantasy surrealista, che spazia dal più classico romanzo di formazione fino ad arrivare al thriller e al giallo passando per il comico-demenziale (c’è un popolo nomade che venera un fungo allucinogeno in un deserto fatto di zucchero…ho detto tutto). Orso Blu è una sorta di eroe nazionale lassù in patria – un po’ come Babar in Francia – e con il suo essere costantemente scombussolato, ma non sconfortato, dagli eventi è il compagno di viaggio ideale per questo road-trip del continente immaginario in cui ogni pagina, per non dire ogni parola, scombussolerà anche noi lettori.
Moers mastica il concetto di info-dumping (la tendenza di qualsiasi scrittore fantasy a buttare spiegoni a getto per rendere credibile il worldbuilding – praticamente come sto facendo io ora) e lo risputa fuori con geniale arroganza, infilando nella stessa frase parole come “nattiftoffi/diavorocce/canagli” per poi passare ad altro. Sta a noi lettori andare avanti, accettando con la stessa naturalezza con cui accetteremmo “cane/montagna/imbuto” in un romanzo quotidiano, e continuare a scoprire questa meravigliosa terra. Zamonia è reale, se noi non ce ne rendiamo conto e abbiamo bisogno di un riassuntino per stare al passo sono problemi nostri.
La saga di Zamonia è continuata poi con altri 6 libri* andando a creare un sottogenere-fantasy tutto speciale.
Di questi libri uno (Rumo e i segreti dell’oscurità) è un audace romanzo di cappa e spada – e la spada è schizofrenica e bipolare – un altro (Hensel e Kretel) è un’innocua ma non spiacevole rivisitazione di Hansel e Gretel, La città dei libri sognanti è una piccola perla che i lettori bulimici sicuramente ameranno mentre il suo seguito (Il labirinto dei libri sognanti) è forse l’unico vero scivolone di Moers.
E poi c’è L’accalappiastreghe, che è il quinto libro della saga e viene definito dall’autore un romanzo fantasy-orrorifico-culinario. Più facilmente, è una storia che parla di misantropia e di gatti.
Immaginate che Shylock de Il Mercante di Venezia avesse avuto un gatto, che questo gatto parli e ci racconti la sua storia col padrone, con tanto di penale misurata in libra di carne. Se questo non dovesse bastare per farvi correre in libreria – e davvero faccio difficoltà a capire come ciò possa essere – aggiungeteci che il suddetto Shylock non faccia l’usuraio ma sia una sorta di inquisitore alcolizzato in odore d’alchimia che sparge malessere (letteralmente) attorno a sé, che ci siano anche una storia d’amicizia ed una d’amore, un mostro creato dalla Morte stessa per sperimentare la paura, un duello coi demoni del proprio passato, il piú bell’elògio del vino mai scritto e una spruzzata di percluamento ai totalitarismi e agli estremismi – dal nazifascismo al vegetarianismo.
Il tutto per un libro che, almeno sulla carta, resta rivolto ad un pubblico medio-giovane.
Accompagnandosi con illustrazioni talmente tanto affascinanti, intricate e dense di particolari da sembrare una foresta di liane nella quale addentrarsi senza più poterne uscire ed ispirandosi, sbeffeggiando e parafrasando Dante, Shakespeare, Goethe, nelle sue storie Moers narra di orsi antropomorfi e pterodattili filosofi, di città vive e di paesi dove la menzogna é specialitá olimpica, di streghe innamorate e di innamorati stregati sempre in bilico tra la realtà e la finzione, tra il sogno e l’incubo, tra il sublime ed il grottesco. Insomma, se amate il fantasy e non siete di quelli la cui autostima vacilla leggendo un libro illustrato, o se avete scelto di soddisfare un inspiegabile istinto riproduttivo e volete nutrire la vostra prole con qualcosa che vada oltre Peppa Pig, quest’autore non può mancare nella vostra libreria. Nemmeno il buio dopo vi sembrerà lo stesso, del resto: sapere è notte.
*Un anno fa Walter Moers ha pubblicato nella nativa Germania un nuovo capitolo che, nella mielosa lingua teutonica, risponde al rilassante nome di Prinzessin Insomnia & der alptraumfarbene Nachtmahr. MA, nuntio vobis gaudium magnum, l’autore ha comunicato che il nostro buffo paese è stato il primo ad acquistarne i diritti per la traduzione, quindi a breve (?) si torna a Zamonia.
Il secondo episodio dei libri sognanti uno scivolone? Non sono dello stesso parere ma mi piacerebbe approfondissi il perché di questo giudizio 🙂
Caro Gerard, il nostro Michele (autore dell’articolo), ci risponde come segue da un eremo imprecisato sui monti: “Premesso che è l’unico che abbia letto una volta sola, lo trovai lento e ridondante, un prologo ad un eventuale terzo libro che chissà quando e se uscirà. Quindi un sequel che non aggiunge nulla al primo capitolo ma esiste solo in virtù di un terzo. Resta comunque indiscussa la fantasia e che, dopo aver letto il nuovo libro (La principessa insonnia) il titolo di scivolone passa a questo!”
Tu cosa ne pensi? Facci sapere!