Vrioon. La danza minimalista di Alva Noto e Ryuichi Sakamoto.
Mi interessano molto gli scontri, nella vita.
A dispetto del mio cognome accomodante, temo di essere uno che conosce meglio se stesso sbrogliando una matassa, piuttosto che dentro una comfort zone.
È una caratteristica che si riflette in altri aspetti, tanto che adoro i dolci con bacon e nutella e provo un gusto quasi incontrollabile quando mi trovo al bar con un interista.
I miei dischi preferiti, ci ho pensato qualche tempo fa, sono sempre quelli in cui succede qualcosa di inaspettato: Kid A, la svolta art-punk dei blink 182 nel 2003, l’ultimo Bon Iver che potrà anche non piacere ma almeno non è la solita lagna mezza folk, Ligabue che dopo il successo di Buon Compleanno Elvis non ripete una formula vincente (sarà la prima e ultima volta), Claudio Baglioni che sfancula il pop e scrive Oltre. Per lo stesso motivo, di solito i miei dischi preferiti sono odiati dai fan sfegatati. Così quando ci parlo abbiamo pure qualcosa di cui discutere.
Cos’hanno da dirsi un compositore al pianoforte e un artista che fa del glitch la sua cifra stilistica?
Cosa viene fuori quando un giapponesino tutto colonne sonore e neoclassicismo che risponde al nome di Ryuichi Sakamoto decide di scrivere un album con Alva Noto, teutonico col vizietto delle installazioni d’arte contemporanea?
Vrioon.
6 canzoni, 60 minuti di materia musicale complicata da decifrare. Pane per i miei denti.
Iniziamo da una premessa necessaria.
Prendetevi un’oretta, mettetevi le cuffie buone, chiudetevi nella vostra stanzetta, spegnete le notifiche push delle stories della Dark Polo Gang e premete play. Tony Effe può aspettare.
Vrioon, pur nel suo essere un disco strumentale, è un dialogo intenso fra due voci agli antipodi.
Sakamoto esordisce con un accordo dolce, al limite dello straziante. Noto risponde con un battito percussivo che sembra venire dal nucleo terrestre.
Allora iniziano a rincorrersi, a volte uno dei due alza la voce, poi di colpo si zittisce come in segno di resa.
Ogni tanto, alla fine di due percorsi spaiati e apparentemente privi di legami, ecco arrivare un momento di sintonia dove tutto si allinea alla perfezione e l’armonia regna sovrana, la serenità si prende il suo spazio, il suono sembra diventare uno solo. Ed è bellissimo vederlo accadere, come l’incontro di due personalità distinte e forti ma che sanno trovare un terreno comune su cui far nascere i fiori.
Quando un’ora dopo la riproduzione finisce, si rimane con la netta impressione di aver assistito a uno spettacolo di danza più che ascoltare un disco. Anche distinguendo i caratteri specifici dei due ballerini, ciò che resta impresso è che la somma è parecchio più grande delle due parti prese singolarmente.
Le emozioni sono educate, non assenti. Fin dal primo ascolto si percepiscono la delicatezza e l’austerità che raccontano benissimo anche le culture dei due artisti, in equilibrio precario tra un Giappone già scoperto con gli esordi di Murakami e la Germania tutta produttività e rigore che vorrebbero farci passare come modello unico per il benessere economico.
Il difficile è capire chi comanda, in questo disco.
Sono gli accenti emotivi del pianoforte di Sakamoto a tenere le fila del discorso o sono i suoni indecifrabili di Alva Noto a fare da fondamenta?
La risposta è semplicemente nell’equilibrio sottile delle due anime contrapposte incatenate allo stesso nastro, un minimalismo che corre il rischio di risultare freddo ma che ti lascia solo con te stesso, a guardarti dentro per decidere con quale pensiero riempire il vuoto.
Titolo | Vrioon
Artista | Ryuichi Sakamoto, alva noto
Durata | 54’
Etichetta | NOTON
Ho smesso di leggere l’articolo quando Sakamoto viene definito “giapponesino tutto colonne sonore e neoclassicismo”.