Storia di una vacanza in Palestina (o una sedicente guida pratica)
Per rendere l’idea del leitmotiv che può accompagnare una vacanza in Palestina, questo concetto andrebbe enunciato come, se a dirlo, fosse Jonny Stecchino.
Il probblèma dèlla Palesctina, è il ţraffigo!
Per renderlo reale, immaginatevi in mezzo ad un vociare forsennato di clacson, su una super-strada a 5 corsie dove, chiunque, moto, scooter, auto, bus, camion, tutti rigorosamente anni ’50, cercano di spodestarvi da quel trono che, ad un certo punto, abdicherete!
Per motivi di salvaguardia-personale, non posso svelarvi per intero il tour di dieci giorni fatto a novembre 2017. Vi confesserò però, quali atteggiamenti è consigliato tenere, per tornare vivi e vegeti da un paese che, comunque, checché ne dicano mia madre e rete quattro, è pericoloso solo per chi non è compagno di Israele.
Con ordine. Cosa spinge una persona, nel mondo comune, nonostante lo spietato terrorismo informativo, ad andare in Palestina? Diciamo che se hai fatto studi di storia dell’arte, di storia, di religione, di letteratura, di-qualsiasi-cosa, sai, che lì, nasce tutto.
Diciamo che, se poi ti capita nella vita, di avere un’amica, che ha un’amica, che ha vissuto a Tel Aviv, che vuole organizzare un viaggio turistico per rivedere amici, e com’è cambiato il paese, e decide, l’amica dell’amica, di fidarsi dell’amica tua e portare anche te, capisci che le cose vengono facili ad incastrarsi. Chiaro, no?
Logisticamente, il paese è facilmente raggiungibile. Ryanair mette a disposizione un volo diretto da Orio (Bergamo), a Tel Aviv, della durata di 4 ore. L’aeroporto dista dalla città qualche chilometro e, fuori da questo, vi sono numerosissimi taxi pronti ad accompagnarvi dove desiderate. Noi, per la prima parte del tour, ci siamo mosse con i mezzi, perlopiù taxi-pulmino che compaiono magicamente al bisogno e che, in cambio del passaggio, vi chiedono solo di trattare sul prezzo, rigorosamente in mezzo al traffico.
Dopo aver visitato Tel Aviv e Gerusalemme a piedi, abbiamo ritirato l’auto, prenotata facilmente da casa. Le due città distano parecchi chilometri, ma sono collegate da mezzi pubblici o dai taxi-pulmino di cui sopra. Sono molto diverse, perciò vanno viste entrambe. Sono una contraddizione, come tutto lo Stato. Tel Aviv sembra una città europea, una Berlino con il fascino della continua ristrutturazione, in cui però c’è il mare, e il lungo mare su cui va di moda fare jogging in mezzo a donne senza velo, a transenne, cantieri e locali da cocktail illuminati. Gerusalemme invece, è magnificamente unica: strette strade contornate da palazzi di pietra altissimi, che, all’interno, racchiudono scorci medievali. Le vie del centro storico sono dei coloratissimi bazar, pieni di uomini, donne, gatti e bambini in cerca di attenzione. I bambini che giocano per strada sono tantissimi: lo noti perché qui da noi, pare non esistano più.
È stata un’esperienza molto bella, di quelle che ti segnano e ti fanno dire “mai più” per poi tradirti, l’anno dopo, davanti a degli sconosciuti, intorno ad un falò, nel caldo deserto dell’Iran, alla domanda:
– Il prossimo viaggio?
– Tornare in Palestina…
La Palestina è stato il primo deserto della mia vita. Il Negev. Anomalo rispetto a quanto mi aspettassi: niente sabbia e dune stile Sahara, ma ghiaia, sassi, colline dalla roccia color arancio, con quel tocco di fino che te lo farà ricordare per sempre, facendotelo pure sognare una volta tornata a casa.
“Ci faremo un sacco di trip con le nuvole così vicine”
Perché il cielo sopra la testa, è estremamente vicino, ti sembra di poterlo toccare. E lo scopri anche grazie ai caccia bombardieri che fanno esercitazioni, mentre passeggi cercando il silenzio, nel deserto, il silenzio, ahahahaha! Arrivano, gli uccelli a motore. Li senti da lontano e sai esattamente dove sono, proprio li, dove non li vorresti, a cento metri dalla tua testa!
Il paesaggio è meraviglioso: prevalentemente arido, desertico, brullo, secco, con pianure, colline e altopiani disseminati qua e la. L’architettura è incredibile, sembra abbia sposato, per colore e materiale, il panorama per l’armonia e la condivisione d’insieme che trasmette. L’armonia e la bellezza ti si attaccano alla pelle, agli occhi e vorresti avere la vista del camaleonte per poter vedere tutto l’intorno.
La bellezza vale il disagio che si respira?
Nelle città grandi, come Gerusalemme[1], vi sono pattuglie dell’esercito ad ogni angolo, in ogni dove. Giovani ragazzini che, invece di flirtare con l’iPhone di ultima generazione, abbracciano un mitra, tra il panino e la bibita della pausa pranzo. E sono seri. E forti. E incoscienti. Con il cervello lavato. Che poi, te, turista, mica ti cagano, te turista italiano, poi, figurati. Dicono, fonti ufficiali, che con la nostra ridicola politica estera, “che non prendiamo posizioni, e siamo amici di tutti”, possiamo andare ovunque…
Se non sei nelle grandi città ma vaghi per il paese, ci sono posti di blocco ovunque. Ma anche lì funziona come sopra. Il turista si riconosce dall’auto, che di solito è bianca, è nuova, è pulita. Il turista porta soldi, se è libero di vagare; il che vuol dire che ha passato i controlli aeroportuali, che non è amico dei palestinesi, non è contro Israele e, nel caso nostro, è amico di tutti.
A proposito di Aeroporto, vorrei svelarvi un segreto: se il vostro passaporto porta il timbro della Turchia, buttatelo! Il rischio è che vi mandino al confino, ovvero: stanza isolata, all’interno dell’aeroporto, nella quale siete senza passaporto, con altri come voi, che vi guardano, ipotizzando cosa vi abbia spinto li. È un luogo di aggregazione, di socializzazione, fatto di taciti sguardi di solidarietà. Nel frattempo, c’è chi dice che controllino la vostra posta elettronica, il vostro profilo sui Social, la vostra mente, o più semplicemente, se il vostro atteggiamento muta e si innervosisce.
Io, personalmente, ho approfittato del wifi libero per scrivere a casa “atterrata, tutto bene”. Il confino vi attende anche se, da ingenui operatori sociali nel campo dell’integrazione quali siete, decidete di dire alla guardia di turno, che siete degli ingenui operatori sociali nel campo dell’integrazione. Idem per quanto riguarda la vostra religione. Ricordate: un cristiano praticante e devoto, piace molto di più di un ateo. Un ateo non piace a nessuno, neanche a Gesù.
Cosa dire. Io ci torno, perché il senso di appartenenza che si respira, nonostante tutti i disagi, è incredibile.
Serena Lampugnani
[1] Oltre alla quale vi consiglio di visitare: sempre a Gerusalemme, un giro sui tetti e un albergo che vi permetta di godere dello skyline, i luoghi di culto, moschee, chiese, sinagoghe, Muro del Pianto e l’Israel Museum; TelAviv e Jaffa; Gerico e i suoi dintorni; Mitzpe Ramon e il deserto del Negev; Hebron con moschea e sinagoga ospitanti le tombe dei patriarchi; Betlemme e il poderoso muro ricamato da Bansky; un tuffo nell’esperienza del Mar Morto dove, vi accorgerete, di quanto leggera è la vostra anima nonostante qualche sgarro alla dieta; ultimo ma non ultimo, il villaggio di Neve Shalom: Wahat as-Salam – Nevé Shalom (“Oasi di Pace” in Ebraico e Arabo)
Israele e i territori palestinesi. Con cartina