Un amore ricambiato: Pasolini e Matera
Il 2014 è stato un anno importante per Matera. Il primo motivo è il mio passaggio in bicicletta, una visita breve ma incantevole con un tramonto tra l’iridescente e il temporalesco che non dimenticherò mai. Il secondo è stata l’elezione a Capitale Europea della Cultura 2019 ad essere stata insignita di questo titolo. Il terzo motivo è una ricorrenza: 50 anni prima, nel 1964, Pier Paolo Pasolini girò a Matera le scene della Passione del suo “Vangelo secondo Matteo”.
Matera si forgia orgogliosa dello status di città protagonista di una delle opere cinematografiche più significative del dopoguerra (e della storia del cinema, per le modalità in cui il tema viene trattato) e ha celebrato il regista con la mostra “Pasolini a Matera. Il Vangelo secondo Matteo cinquant’anni dopo. Nuove tecniche di immagine: arte, cinema, fotografia”, la cui originale data di chiusura è stata prorogata per l’enorme successo di pubblico e critica.
I sassi di Matera, scenario unico al mondo, si sono mutati in Gerusalemme per ben tre volte all’interno di una riproduzione cinematografica: nel 1964 con il film di Pasolini, nel 1985 con un irriconoscibile Richard Gere barbuto nei panni di “King David”, e ne “La Passione di Cristo” del 2000, per la regia di Mel Gibson, ricordato più per le infelici dichiarazioni antisemitiche del regista che per un’effettiva qualità dell’opera.
Il Vangelo secondo Matteo fu però il primo, quindi si può dire che l’intuizione si deve a Pasolini. Inizialmente la sua idea era quella di girare le scene della Passione proprio a Gerusalemme: recatosi lì per dei sopralluoghi, tornò deluso e amareggiato da un paesaggio che con l’urbanizzazione non recava più traccia del suo passato storico.
Per chiunque abbia visitato Matera, non è difficile capire cosa abbia persuaso Pasolini a trasformare in Terra Santa la città su cui ancora gravava la pesante definizione di “Vergogna d’Italia”: tra i sassi domina una totale atemporalità. La commistione tra la solida materialità della roccia e il silenzio dei vicoli crea un’atmosfera sospesa, da paesaggio lunare. Naturalmente le orde di turisti che popolano questo perenne presepe tendono a diluire questa percezione, ma all’epoca della prima visita di Pasolini i sassi non erano certo considerati una popolare meta turistica.
Nel 1952 una legge nazionale aveva decretato lo sgombero dei Sassi, e 15.000 abitanti erano confluiti in una parte della città appositamente costruita per l’occasione: gli antichi rioni sarebbero stati restaurati solo nel 1986. I sassi erano ancora considerati luogo malsano, e recavano i segni di quasi dieci anni di abbandono (una condizione che indignò Pasolini, che dichiarò allarmato “Ma che state facendo con i sassi? State distruggendo la civiltà contadina!”) L’allora PCI si incaricò della protezione di Pasolini nel periodo delle riprese, convinto che l’intellettuale rischiasse le aggressioni di un popolo “sottosviluppato”.
Il regista trova invece terreno fertile per la sua creazione: gli abitanti rispondono alla presenza del regista con entusiasmo e collaborazione, tanto che gran parte delle comparse presenti nel film sono materani letteralmente raccolti dalla strada. Celebri le foto in cui PPP ammira la città con sguardo incantato, sorride con gli abitanti locali, chiacchiera in un momento di pausa tra le riprese con Elsa Morante e due anziane materane, pranza sul prato incurante del suo completo bianco.
Un cast di popolani per un film che dichiara la sua essenza fin dai suoi protagonisti: ad interpretare Gesù è infatti Enrique Irazoqui, un sindacalista diciannovenne che in Italia cercava appoggi alla lotta contro il regime franchista, mentre per il ruolo della Madonna Pasolini sceglie la madre Susanna. Al film partecipano però anche tanti intellettuali vicini al regista, tra cui Natalia Ginzburg e Alfonso Gatto. Il film viene inizialmente accusato di vilipendio alla religione, ma saranno poi le più grandi testate giornalistiche italiane (tra cui l’Osservatore Romano) a celebrarlo come il miglior film mai girato sulla storia di Cristo.
Un successo che la città dei Sassi celebra quotidianamente. L’ultimo omaggio è un’opera di street art non firmata da Ernest Pignon-Ernest: una pietà tutta Pasoliniana, in cui Pier Paolo tiene in braccio il proprio cadavere, riprodotta nei luoghi simbolo della sua vita artistica e personale.
Matera accolse Pasolini con affetto e partecipazione, e lui ricambiò proiettandola nell’immaginario collettivo come la “Gerusalemme del Sud”, in un significativo contributo allo sviluppo culturale della città: un amore intenso e ricambiato, che ci ha regalato un capolavoro del cinema e continua a recare i suoi frutti.
Ottavia Mapelli
[…] Un amore ricambiato: Pasolini e Matera […]
[…] è iniziato dopo il film di Mel Gibson, quella Passione che ha trasformato per l’ennesima volta Matera in Terra Santa, consegnandola alla notorietà mondiale. Molti abitanti si sono divertiti ad apparire come […]