Two & Two, di Babak Anvari
Cosa definisce un regime, una dittatura? Non tanto il dittatore stesso, né i suoi fedeli seguaci, quando l’imposizione di un pensiero unico e dominante, qualunque esso sia, non importa se razionale o meno. E la repressione di ogni altro pensiero singolo ed individuale, visto come sovversivo. Perché il mezzo del regime per affermarsi è pensare al posto del popolo, plasmare il pensiero del popolo. A partire dalla scuola.
Non è un caso che Babak Anvari ambienti il suo cortometraggio politico proprio all’interno di una classe scolastica, dove un maestro indottrina i suoi studenti al dogma per cui 2 + 2 = 5. La scuola è sempre stata il primo campo di battaglia dei regimi e lo è anche qui, con i primi della classe chiamati a “testimoni” del dogma stesso. Two & Two prende avvio dalla suggestione di 1984, lo amalgama con L’Onda, splendido film del 2008, ma ne trae un prodotto autonomo, sia per l’originalità della regia che per alcuni spunti surreali, come la sommaria “esecuzione” del pensiero autonomo, prima ancora che del pensatore oppositore. Non si tratta, infatti, di reprimere un individuo, bensì un’idea (da qui la scelta di un’esecuzione non reale, ma vera).
In pochi minuti il regista analizza un cardine della filosofia dittatoriale, una forma di anarchia ideativa imposta alla massa. E non si ferma qui, perché con pochi tratti delinea perfettamente anche la controparte necessaria del regime: il popolo intimorito che reprime esso stesso il ribello perché “ci farà passare dei guai”.
Un’idea, però, è molto più difficile da sotterrare di una persona e continua a circolare, clandestina…