The Heart is a Foreign Country | Rangi McNeil
Il cuore e' una terra straniera.
Non e’ che si sappia tanto di Rangi McNeil.
Vive a Brooklyn, NY, e mi osserva con sufficienza nella foto qua sopra. L’unica, peraltro, che sono riuscita a trovare.
Nel 2003 ha scritto The Missing (Sheep Meadow Press) e poi Occasional Poems (The Song Cave, 2015), un chapbook.
Ho scoperto (grazie Wiki, nume tutelare d’ogni erudizione e tesi di laurea) che il chapbook è un’entita’ generica, un’indicazione tiepida per individuare certi tipi di libri tascabili, fogliacci legati insieme, bordi consunti e macchie indecifrabili – insomma, qualsiasi cosa pseudo leggibile che possa far parte della merce di un chapman, un venditore ambulante. Questi librettini hanno visto massima auge fra il XVI e il XX secolo. Roba che, quanto a longevita’, gli ebook je spicciano casa.
[Chiuso excursus SuperQuark]
Tornando al nostro, nel 2016 si innamora di un* (una, uno? non e’ dato sapere) danese, che parla un inglese eccellente ma che assegna alle parole il cuore e il temperamento tipici del Mar Baltico – giocando su quel principio intimo per cui la lingua che parliamo determina il modo in cui pensiamo. Un concetto fighissimo, misto di illuminazione e ovvieta’, che avete trovato di recente pure in quel capolavoro che e’ Arrival.
Insomma, l’amore danese per Rangi significa rivalutare, riesaminare, rimettere in discussione quelle che riteneva essere le proprie eccezionali communication skills. Da questo rimestamento dell’anima e delle proprie abilita’ linguistiche, l’intelligenza emozionale che schiarisce, Rangi butta giu’ The Heart is a Foreign Country.
Il cuore e’ una terra straniera.
L’impatto con il titolo commuove. L’evocazione di una creatura nel petto di anima propria, la provenienza sconosciuta e inintelligibile di chi, personificato, ci pompa l’ossigeno nelle cellule – perche’ ‘sto cuore galoppa su altri meridiani, si riconosce nei volti di altre latitudini. Il cuore che parla un’altra lingua che non capiamo. La lingua baltica di chi ti fa inciampare il pensiero, Rangi. Rangi.
Poi le parole. Poche. Immediate. Il linguaggio che si riconosce in parte pantomima, in parte indovinello. La speculazione che arranca nell’azzeccare i motivi delle sillabe. Il cuore, questo cuore, che pare un meccanismo universale e un sentire facile, domestico – eppure i suoi pezzi sono conosciuti e sconosciuti all’unisono. E alla fine, nel mezzo di questa sterminata terra incognita, la traduzione diretta di un’evidenza liberatrice, i termini solenni accanto ad un non-sense settimanale che ci riporti con i piedi per terra.
Il mondo non ci deve nulla. Ci promette anche di meno.
Chiamalo: liberta’. Libero arbitrio. O mercoledi’.
*
The Heart Is a Foreign Country
di Rangi McNeil
Ours is a partial language part pantomime,
part grimy guesswork: adulterated speculation
as to meaning & motivation.
Translated, heart suggests a familiar, universal
device but internal chemistries vary-
though components be the same & not uncommon.
The world owes us nothing. It promises less.
Call it: freedom. Free will. Or Wednesday.
(2016)