The Handmaiden è il film che fa per voi
Siete amanti delle storie complesse e delle narrazioni a più livelli? Avete guardato Gone Girl tutto d’un fiato cercando di anticipare le mosse dei protagonisti per dimostrare al vicino di poltrona che siete spettatori scafati e difficili da sorprendere?
The Handmaiden, del coreano Park Chan-Wook, è il film che fa per voi, e che alzerà sicuramente l’asticella dell’imprevedibilità e dell’audacia che un film può raggiungere.
Molto liberamente tratto dal romanzo inglese di ambientazione vittoriana “La Ladra”, e rivisitato in chiave punk-erotica-asiatica, il film è ambientato nella Corea degli anni ’30, in piena occupazione giapponese.
L’inizio in medias res ci presenta Sook-hee, giovane ladra e truffatrice coreana, che si sta recando nella casa di una ricca giapponese, a cui farà da cameriera personale, con lo scopo però di indurla a sposare il finto conte (e finto giapponese) Fujiwara, suo complice nel tentativo di ingannare la ricca e ingenua Hideko, per poi farla rinchiudere in manicomio e rubarle soldi e gioielli.
Se vi sembra complessa come trama, sappiate che tutto questo piano viene spiegato nel primo quarto d’ora di film, e nel corso delle oltre due ore successive tutto viene ribaltato e rimescolato più e più volte.
Park Chan-Wook è un maestro nel tenere le fila di una storia che solo lui sa come andrà a finire, suddividendola in tre parti, e adottando ogni volta un punto di vista diverso. I personaggi e le situazioni che ci vengono presentati nella prima parte, raccontata attraverso il punto di vista della domestica Sook-hee, non esistono più nella seconda, dove il punto di vista adottato è quello della ricca Hideko. Quindi la domestica, da ladra esperta e truffatrice scafata si trasforma in un’ingenua ragazza incapace di mascherare i propri sentimenti; al contrario Hideko, da bambolina cresciuta sotto una campana di vetro al riparo dal mondo, si rivela essere una donna che il mondo l’ha conosciuto fin troppo bene, a sue spese.
I personaggi maschili invece non subiscono questo ribaltamento, ma si delineano sempre più man mano che procede la storia come maschilisti ottusi, troppo sicuri del loro potere sulle donne per rendersi conto dei pericoli a cui una ribellione femminile li espone.
La controparte maschile della coppia di donne Sook-hee/ Hideko è rappresentata dal conte Fujiwara, il classico belloccio convinto di essere irresistibile, e da Kouzuki, zio di Hideko. Quest’ultimo è il personaggio più inquietante, una sorta di satiro ossessionato dai libri erotici e pornografici, un sadico che colleziona in cantina genitali sottovetro e un enorme polpo con cui riprodurre dal vivo la xilografia di Hokusai “Il sogno della moglie del pescatore”.
Park Chan-Wook prende questi quattro personaggi e rimescola le loro storie shakerando con abilità, senza mai perdere in coerenza e chiarezza della narrazione, ma creando un mix assolutamente imprevedibile. Il regista non si risparmia nulla, dalle esplicite scene di sesso lesbo, ad amputazioni e torture, a rappresentazioni di amplessi bondage utilizzando un manichino di legno al posto dell’uomo (la donna no, quella è viva, perché considerata come un manichino dagli uomini che assistono allo spettacolo).
L’erotismo pervade il film dall’inizio alla fine: persino una carie viene trasformata in qualcosa di erotico. La telecamera indugia spesso su primissimi piani di occhi e bocche, e non si risparmia i dettagli nelle scene di sesso.
In The Handmaiden il sesso, che compare esplicitamente nella seconda parte del film, assume un ruolo di contrasto verso la pornografia. Da una parte infatti abbiamo gli uomini, Kouzuki in testa, che sono ossessionati dalle loro perversioni sessuali, e le sfogano nella pornografia. In questo film gli uomini non fanno sesso: lo leggono, lo ascoltano raccontare, lo desiderano, ma non concludono mai niente. Trasformano il sesso in qualcosa di individuale, in puro voyeurismo.
Dall’altra parte ci sono le donne, considerate e trattate come meri oggetti da parte degli uomini, che invece riscoprono il sesso come espressione di libertà. Libertà dal controllo esercitato su di loro dagli uomini, libertà di ribellione, e soprattutto libertà di provare piacere. Il piacere qui non viene dagli uomini, che ne escono veramente massacrati nella loro virilità. La frase finale pronunciata da Fujiwara “almeno muoio col cazzo intatto” sembra un’ulteriore beffa alla virilità maschile, che in questo caso avrebbe avuto lo stesso ruolo se fosse stata esposta in un barattolo nella cantina di Kouzuki.
L’erotismo si accompagna alla morte (a alla minaccia di morte) durante tutto il film, nel classico binomio eros – thanatos, che raggiunge la sua massima espressione nella messa in scena bondage con il manichino.
The Handmaiden è un film complesso, con più strati narrativi e più chiavi di lettura, un mix dove azione, suspance, erotismo ed eleganza sono in equilibrio perfetto. Due ore e mezza che scivolano via filate, e ci lasciano addosso la sensazione di aver visto qualcosa di geniale.
Titolo Originale: Agassi
Regia: Park Chan-Wook
Anno: 2016
Cast: Kim Min-hee, Tae Ri Kim, Ha Jung-woo, Cho Jin-woong