Sum 41 | Chuck, si gira! E si torna adolescenti
Qualche tempo fa mi era capitata sott’occhio una lista dei “tormentoni” estivi, che datava dagli anni ’90 fino ad arrivare allo scorso anno. 1992: Hanno ucciso l’Uomo Ragno, 2016: Andiamo a comandare e Che ne sanno i 2000. Ora, non che sia un grandissimo fan degli 883, (tanto meno di Rovazzi o Gabry Ponte) e, nonostante abbia cantato e ballato tutte tre le canzoni (dai, lo avete fatto anche voi), mi pare lampante un certo degrado nella cultura musicale italiana e straniera. Ma non è questa la sede per inutili polemiche da parte di un rocker integralista come me. Eppure, l’ultimo successo di Gabry Ponte mi ha fatto ricordare i tempi da adolescente, le feste e l’euforia. E allora sapete cosa? Ma che ne sanno i 2000 delle feste del liceo (io ci andavo da imbucato, facevo l’istituto tecnico) a base di scivoli e Malibu cola? Che ne sanno della tipa conosciuta lì che ha accettato di darti il suo numero perché anche tu avevi la Vodafone One, e del finale della festa a base di pop punk ribellissimo?
Amarcord a parte, è il punk adolescenziale che più di tutto mi piace ricordare. Immancabili nei nostri iPod erano i Blink-182, i Green Day ed i Sum 41. Proprio qualche mese fa Deryck Whibley e compagni sono stati in tour a Padova e per l’occasione ho ripreso in mano Chuck, secondo la mia modesta opinione il loro miglior lavoro assieme a Does This Look Infected?.
Datato 2004, contiene tredici tracce che, ad essere sincero, non ricordavo così esplosive. Ascoltato al giusto volume – altissimo, ça va sans dire – è una scarica di adrenalina pura. E a differenza di quanto non facessi a sedici anni, oltre alla musica ho iniziato a fare attenzione anche alle parole. E, sorpresa, ho scoperto che non sono testi (tutti) così adolescenziali come ci si potrebbe aspettare. Niente “nessuno mi può capire” o “sono speciale”, “nessuno è come me”, quanto piuttosto una sorta di fratello maggiore che parla a qualcuno meno maturo. Lo fa con toni giovanili, certo, dopotutto Deryck aveva 24 anni quando ha scritto questi testi, ma la profondità di certi versi e quanto io stesso possa immedesimarmi in quelle situazioni mi stupisce, anche se l’effetto Forer è dietro l’angolo.
Prendiamo Welcome to Hell:
“Don’t ask me questions cause I don’t got the answers
If you only knew what time will tell
It’s all a test and lessons that you can’t learn
You’ll know when you spend your time in hell”
Come la vedo io? Qui c’è un giovane catapultato in un ambiente duro, terribilmente reale e che non lo aspetta, percepito come un vero e proprio inferno dove “No one will be listening, not even when you shout” che però lo ha temprato, facendogli capire come va il mondo.
Il mio flusso di pensieri si mescola alla musicalità dei brani sputati fuori da Chuck: molto tritolo, tipo No Solution, ma anche intermezzi più lenti come Some say. In generale, il ritmo dei brani riesce a trasmettere bene l’umore e le tensioni che i ragazzi di Ajax devono aver provato quando li hanno scritti; ad esempio, Angels with dirty faces sembra contenere un accenno più o meno velato alle droghe ed alla dipendenza: la disperazione che porta si percepisce già ascoltandola, senza far troppo caso al testo.
Invece, parlando di testi, “We’re all to blame” vuole dare un messaggio di una certa portata:
“And we’re all to blame,
We’ve gone too far, from pride to shame,
We’re trying so hard,
We’re dying in vain,
We’re hopelessly blissful and blind,
To all we are,
We want it all,
With no sacrifice!”
Belle parole, certo, che però non sembrano differire troppo da tante altre canzonette indirizzata ad arte al grande pubblico: se non fosse che la band ha composto questo brano dopo la tragica esperienza che ha passato in Congo, dove ha visto da vicino la realtà della guerra civile. Magari c’è davvero la volontà di dire qualcosa di diverso. In fondo, l’album si chiama così proprio in onore al soldato dell’ONU che li ha portati in salvo, segno che questi eventi hanno segnato anche delle rockstar poco più che adolescenti. Forse, chissà.
Alla fine, però, la soluzione ai miei pensieri sembrano suggerirmela gli stessi Sum 41:
“There’s no solution
to give me truth to my conviction
Is my own confusion
Reality or fiction
Am I out of my mind?”
artista | Sum 41
etichetta | Island Records
anno | 2004
durata | 38 minuti
Nik Brugnera