Storia di un corpo | Daniel Pennac
“Non avrò più paura, non avrò più paura, non avrò più paura, non avrò più paura, non avrò mai più paura”.
Così comincia Storia di un corpo, l’ultimo libro di Daniel Pennac, che attraverso il modello del diario (il titolo originale è Journal d’un corps) e la voce narrante di un influente francese vissuto nel Novecento, racconta una intera vita attraverso le sensazioni, gli impulsi ed i segnali mandati dal corpo.
Nel suo intento, ribadito più volte dal protagonista, il diario dev’essere quanto mai scevro dall’aleatorietà delle emozioni e dalla mutevolezza degli stati d’animo: e le pagine mostrano che la promessa viene mantenuta, e che in modo rigido, certosino, la narrazione di una vita viene condotta semplicemente ed esclusivamente attraverso la tensione che quest’uomo ha nei confronti del proprio corpo.
Anche la paura, con cui si inaugura il diario, viene descritta come un insieme di sensazioni del tutto fisiche, sia nell’apparizione ([…] l’urlo di terrore che adesso caccio, con gli occhi chiusi, la bocca immensa. Un grido di aiuto che deve coprire il bosco, e il mondo al di là di esso, uno stridore che frantuma la voce in mille aculei) che nelle conseguenze (“e tutto il corpo urla con la voce del bambino che sono tornato ad essere, gli sfinteri urlano smisuratamente come la bocca, e me la faccio sulle gambe, lo sento, ho i pantaloncini pieni, e la diarrea si mischia alla resina amplificando il mio terrore…”).
L’io narrante è un figlio del primo Novecento, con una madre anaffettiva e mai amata ed un padre invece adorato ma che porta i segni sempre più evidenti – nella mente e nel corpo – della Grande Guerra, fino a morirne. E proprio a lui assomiglia il figlio, che amando profondamente quell’uomo lo imita in tutto, fino a trasformarsi egli stesso in un piccolo moribondo ideale. In quel punto comincia la precisa registrazione di quel che succede al corpo, e comincia anche la vita di quel bambino gracile e impacciato che anela alla perfezione descritta nelle tavole anatomiche del dizionario Larousse.
Da lì alla morte, dal 1936 al 2010, scorre una intera esistenza attraverso le divagazioni che l’autore si concede sull’infanzia, sugli amici, sugli ambienti di studio e di lavoro, sull’amore e sui lutti, nonché sulla tragedia della guerra: ma tutto quel che accade intorno al suo corpo si riflette anche nel suo corpo, e per questa ragione – soltanto – viene annotato.
Un fisico che assorbe, espelle, metabolizza, soffre, si modifica, si fortifica oppure si indebolisce, si ferisce e guarisce… Stupefacente diventa anche per il lettore la quantità di manifestazioni corporee possibili, registrate con un realismo a volte persino disturbante che rimanda alla quotidianità e alle esperienze di tutti i possessori di un corpo – di tutti, dunque, inevitabilmente.
La lettura è agile in alcune fasce d’età e più faticosa in altre, ma anche questo riflette l’estremo realismo di cui è impregnato il libro: in generale si avverte lo scorrere degli anni attraverso lo scorrere del diario, si percepisce la fatica del tempo che aggredisce il corpo prima lentamente, poi in un decadimento sempre più inarrestabile, fino agli ultimi giorni.
Del corpo non viene mai fatto un culto: chi parla non è un atleta ma un uomo normale; è anzi un intellettuale di cui intuiamo sullo sfondo vicende politiche e impegni pubblici consistenti. Pennac, attraverso le parole del suo protagonista, consegna al lettore tutta la sua ostilità verso l’idea e l’uso del corpo odierni: “ Il corpo non era un argomento di conversazione tra di noi […] non vedere in ciò un particolare segno di indifferenza o di pudore; sono nato nel 1923, ero semplicemente un borghese della mia epoca. Il corpo è un’invenzione della vostra generazione. Almeno per l’uso che se ne fa e per lo spettacolo che ne viene dato. Ma, sui rapporti che la mente stabilisce con esso in quanto scatola delle sorprese e distributore di deiezioni, oggi il silenzio è altrettanto fitto che ai miei tempi”.
L’intuizione geniale di Pennac è tutta qui, nel suo ricondurci forzatamente e brutalmente alla verità del nostro corpo come contenitore vitale del nostro essere, come congiunzione tra la mente e il mondo, come fedele compagno di viaggio. Chiunque siamo e qualunque cosa facciamo.
Ginevra Ripa
Titolo | Storia di un corpo
Autore | Daniel Pennac
Editore | Feltrinelli
Collana | I Narratori
Anno | 2012
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[…] per capire la realtà circostante. Del resto, lo stesso Daniel Pennac nel suo ultimo romanzo Storia di un corpo, ricorda al lettore di fare molta attenzione alla “nostra macchina per essere”, perché per […]