Spotlight, di Thomas McCarthy
Il regista Thomas McCarthy supera la non facile prova di dirigere un buon film su un’inchiesta giornalistica, senza cadere nelle semplici trappole del genere. La regia è sicura e non intrusiva, permetta alla storia di raccontarsi da sola, grazie anche ad un ottimo cast. Il film non precipita mai nel baratro del patetismo, né tanto meno nello scabroso che il tema trattato avrebbe potuto portare. Si mantiene, anzi, molto bilanciato anche sui giudizi, senza giudicare una vicenda incredibile che viene riferita come dovrebbe essere riferita in un’inchiesta giornalistica.
Non siamo abituati alle nostre latitudini alla presenza dei fatti, a discapito delle opinioni, ma se mai al ribaltamento di questo. Eppure il giornalismo dovrebbe essere così e il film ce lo ricorda, nella trama e anche nella resa cinematografica. Una sceneggiatura che sembra un thriller, scandita come se lo fosse, senza un minimo di accento polemico, giudicante o, peggio, patetico
Il cast è di altissimo livello e rende ancora più forte il film, pur nella sua compostezza formale. Michael Keaton è forse la figura più centrale, anche per la trama, ma Mark Ruffalo e Rachel McAdams sono davvero perfetti nei loro ruoli di membri del team Spotlight. Molto bravo anche Stanley Tucci, sebbene in una parte secondaria. Sono loro a costruire quella complessità dietro a ciascun personaggio che la sceneggiatura tralascia volutamente, a favore (a mio avviso giustamente) del racconto di fatti veri e incontrovertibili. E questo racconto è assolto come obbligo morale.
Voto: 7.5
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