Un sottile filo nero
Di Portella della Ginestra e altre vicende irrisolte
Questa non è un’altra storia di mafia. O meglio, è una storia di mafia ma non di quelle alla Canale5, per intenderci. Portella della Ginestra – Un sottile filo nero traccia una storia probabile ma mai provata, collegando diversi fatti che ancora oggi gettano delle ombre sulla cronaca di una giovanissima Italia.
Il racconto, ricostruito a partire da un’approfondita bibliografia da Luca Amerio e Luca Baino, illustrato da Susanna Mariani, si focalizza su una delle pagine più buie del passato italiano recente: l’eccidio di Portella della Ginestra, in provincia di Palermo, che nel primo maggio del 1947 vide morire circa quindici tra i lavoratori riunitisi per manifestare i propri diritti, oltre alla trentina di feriti, per mano della banda criminale di Salvatore Giuliano. La prima strage dell’Italia repubblicana.
La narrazione parte proprio dai buchi e dalle lacune e come un noir d’altri tempi si costruisce attraverso alcune frammentarie testimonianze e gli interrogatori della polizia. Le tavole acquarellate in bianco e nero ci mostrano scorci e flashback in prima persona, che vengono traditi dalla tensione sui visi di chi racconta.
I gesti di questi personaggi, le inquadrature quasi cinematografiche ci lasciano dubbiosi. Non capiamo, chi c’è dietro? Che cosa si sta cercando di nascondere?
Attraverso i tre capitoli, tassello per tassello, tentiamo di mettere insieme un puzzle le cui tessere non sembrano combaciare.
Il primo capitolo, che narra i fatti dal punto di vista “ufficiale”, così come sono passati agli atti, ha un assetto teatrale, con contrasti forti e ombre che si stagliano nette sui primi piani dei personaggi quasi a suggerire la dubbia veridicità di quello che viene raccontato, una vera e propria messa in scena. Nel secondo il punto di vista è quello popolare, viene mantenuto un linguaggio in dialetto e vede immagini più campestri, panorami e soggetti a figura intera sotto una luce più piena. Questi uomini del popolo, illustrati nella loro dignitosa semplicità, richiamano alla mente i personaggi del cinema realista italiano. Il terzo capitolo chiede in prestito la voce a un personaggio necessariamente fittizio: coinvolto nell’orchestrazione della vicenda l’uomo, ormai anziano, confessa, dipanando finalmente la matassa dei fatti; questa confessione ha poco il carattere catartico di una risoluzione finale e, più come una verità calata dall’alto – non per niente è ambientato all’interno della basilica di San Giovanni in Laterano a Roma – è un magro premio di consolazione.
Lo sviluppo in stile giallo della trama, a momenti complessa da seguire, è efficacemente accompagnato dal disegno: le pagine sono ben bilanciate e mai monotone, il bianco e nero e la tecnica ad acquarello danno subito un’atmosfera da “classico”, marcando ulteriormente la suggestione a metà tra il cinema noir e quello realista a cui ho fatto accenno prima. Grande attenzione è riservata alla gestualità dei personaggi, al linguaggio del corpo, con particolare cura per le mani e le espressioni facciali; i tagli, gli zoom, le elaborate inquadrature di scorcio scandiscono freneticamente il ritmo dell’intreccio come in una rapida discesa verso la fine. L’occhio segue l’andamento delle immagini sulla pagina come farebbe sullo schermo di un cinema, alla ricerca di dettagli che aiutino a chiarire la vicenda, la tensione sale.
La suspense è interrotta solo dalle scene drammatiche del massacro. La corsa, i corpi scomposti, i visi che urlano il terrore rendono omaggio a una lunga tradizione dell’arte (mi vengono in mente La strage degli innocenti del Ghirlandaio, La Libertà che guida il popolo di Delacroix, Guernica di Picasso, per citarne alcuni). Queste sono spread page prive di testo. Le immagini pasoliniane di Susanna Mariani sono mute, eppure rimbombano del rumore dei bossoli dei mitra, delle grida che nessuno poteva (o voleva?) udire.
Solo alla fine, in una confessione (immaginata), troviamo la voce narrante in grado di guidarci nella sequenza dei fatti, di districare quel sottile filo nero che si collegherebbe all’attentato a Togliatti, a quello in Piazza della Loggia fino ad arrivare alla strage di Bologna. Finiamo la lettura con il retrogusto amaro delle domande irrisolte. Rimaniamo con lo sguardo di quel bambino che ci fissa e, risfogliando le pagine, lo ritroviamo in quasi tutti i capitoli: forse l’unico personaggio simbolico della graphic novel è una giovane Italia che ci guarda e ci chiede delle risposte.
Giulia Meloni
Titolo | Portella della Ginestra – Un sottile filo nero
Sceneggiatori | Luca Amerio, Luca Baino
Disegni | Susanna Mariani
Casa Editrice | Beccogiallo
Anno | 2016
Pagine | 144