Io non ti dò il mio amore come fanno
le altre ragazze, in uno scrigno freddo
d’argento e perle, né ricco di gemme
rosse e turchesi, chiuso, senza chiave;
né in un nodo, e nemmeno in un anello
lavorato alla moda, con la scritta
‘semper fidelis’, dove si nasconde
un’insidia che ottenebra il cervello.
L’Amore a mano aperta, questo solo,
senza diademi, chiaro, inoffensivo:
come se ti portassi in un cappello
primule smosse, o mele nella gonna,
e ti chiamassi al modo dei bambini:
“Guarda che cos’ho qui! – Tutto per te”.
(da “L’amore non è cieco”, a cura di Silvio Raffo, Crocetti Editore)
Sono le sette di mattina ho i capelli raccolti in una cuffia di plastica che mi dà un’aria un po’ scema: mi strofino i denti come un soldatino, macchiando il pigiama col dentifricio; mi lavo la faccia con l’acqua fresca, e le orecchie e dietro le orecchie e il collo. L’asciugamano di spugna mi arrossa il viso.
La luce del giorno è già piena, colma, nonostante sia mattino presto – l’aria si sta già preparando al caldo estivo: maggio scodinzola contento. Mentre corro in cucina, il caffè sta uscendo, mi ricordo di dover ancora stirare la maglietta non so quale libro portar dietro i calzini a pois si saranno asciugati. Ci prendiamo la mattinata per noi ci stenderemo sull’erba a leggere e mangiare dolcetti, via lo studio via il lavoro via il cellulare gli impegni le tue preoccupazioni, le mie paure.
Porto Vincent con me, ho deciso – Edna St. Vincent Millay: poetessa statunitense anticonformista, elegante, libera, dalla bellezza che è leggenda, che fu regina del Greenwich Village, negli anni Venti. Declamerò poesie con le mani macchiate d’erba, e i calzini al sole, strappando margherite schiacciando cacche di cane gridando agli insetti seminando briciole sulla tua fronte, mentre dormi.
Non voglio promesse, recitare parole d’ottone cantilenate a memoria, non voglio scendere nelle cantine asfittiche dei luoghi comuni, che sono catene, pretese, accuse, che sanno di fiori al chiuso, umidi e tristi. Dietro le promesse si nascondono contratti diabolici do ut des, in realtà ti prometto affinchè tu prometta a me. Io voglio dare dare dare dare dare. A mano aperta. Correre scalza, salendo i gradini a due a due, correre fuori all’aria aperta. Non esigere tasse, né misurare, né soppesare. Solo macchiarmi i calzini d’erba, e seminare briciole di pastiera sulla tua fronte.
Questo vorrei che fossimo – inoffensivi l’uno all’altra, pieni di premure, innocenti. Leggeri.
Not in a silver casket cool with pearls
Or rich with red corundum or with blue,
Locked, and the key withheld, as other girls
Have given their loves, I give my love to you;
Not in a lovers’-knot, not in a ring
Worked in such fashion, and the legend plain –
‘Semper fidelis’, where a secret spring
Kennels a drop of mischief for the brain:
Love in the open hand, no thing but that,
Ungemmed, unhiddenm wishing not to hurt,
As one should bring you cowslips in a hat
Swung from the hand, or apples in her skirt,
I bring you, calling out as children do:
“Look what I have! – And these are all for you.”