Sharp Objects – nascondete gli oggetti affilati!
L’America scorre dal finestrino di un’auto, accaldata, desolata. Le bandiere rosse e blu sventolano una dietro l’altra, gli edifici bassi consumati dal sole offrono riparo ai clienti di un barbiere, una ragazza siede nella calura, a un angolo di strada. Potremmo essere ovunque, in un paese dimenticato del Midwest o del Sud degli Stati Uniti. E infatti siamo proprio a Wind Gap, Missouri, come annuncia un vecchio murales sbiadito. A guidare l’auto è Camille Preaker (Amy Adams più oscura che mai), una giovane reporter che sta tornando a casa per indagare sulla scomparsa di due ragazzine del posto.
Basata sull’omonimo romanzo di Gilian Flynn (autrice del bestseller Gone Girl e della sceneggiatura dell’adattamento cinematografico di David Fincher), diretta da Jean-Marc Vallée (regista, tra le tante cose, della stellare e brilante serie tv Big Little Lies), prodotta da Amy Adams (per la prima volta nei panni di produtrice esecutiva) e da Jason Blum (fondatore della Blumhouse Production, fresca di nomination agli Oscar per il sorprendente e satirico horror Get Out), Sharp Objects è una miniserie tv creata da Marti Noxon (sceneggiatrice e produttrice di Buffy-l’ammazzavampiri) che cambierà la vostra idea di thriller. Serve altro?
Se a convincervi non bastasse la carrellata di nomi (non tanto per la celebrità, quanto per la qualità e l’originalità dei prodotti a essi associati), addentriamoci ancora un po’ nelle umide lande del Missouri. Camille è una giornalista alcolizzata, sex-addicted e autolesionista, sempre vestita di nero e decisamente poco entusiasta del suo ritorno a casa. Ad accoglierla (si fa per dire) nell’elegante villa di famiglia dalle pareti di seta e il pavimento d’avorio, c’è sua madre Adora (interpretata da una straordinaria Patricia Clarkson), manipolatrice e mondana, maniaca del controllo, tra le personalità più in vista della comunità, insieme a suo marito e alla figlia più piccola, Amma, sorellastra di Camille.
Come intuisce il suo editore, per Camille tornare alle origini durante le indagini sulle morti violente delle due ragazze coinciderà con una ben più profonda esplorazione del suo passato e della sua psiche, pullulanti di demoni incisi a chiare lettere sulla sua pelle. Sin dalle prime scene, infatti, il montaggio psicotico e disordinato alterna il presente ai ricordi della protagonista, in un flusso continuo di memoria che procede per associazioni traumatiche, tra sogno e allucinazione.
Le ragazzine sui pattini, iconiche e bellissime ninfette, esistono oggi come ieri (prima Camille e la defunta sorella Marian, poi Amma e la sua banda), divenendo un simbolo di femminilità acerba, spietata e fragile al tempo stesso, libera di farsi accarezzare dal vento, eppure vulnerabile ed esposta agli sguardi della città. Sono proprio quegli sguardi a generare mostri, e a rivelare l’oscurità che si cela dietro all’ossessione per le apparenze in una piccola cittadina americana.
Nel panorama del thriller/horror americano, Sharp Objects rappresenta una ventata d’aria fresca, che ribalta la maggior parte dei luoghi comuni legati al genere costruendo un nuovo modello femminile (elaborato dalla stessa autrice già in Gone Girl) , lontano dalla femme fatale quanto dall’ingenua collaboratrice di un protagonista tipicamente maschile, e aprendo la strada alla rappresentazione della violenza delle donne sulle donne.
Durante le indagini (che potrebbero ricordare l’atmosfera rarefatta di True Detective), e nel corso delle otto puntate di Sharp Objects, i personaggi maschili restano infatti ai margini, a tratteggiare una società profondamente sessista e bigotta, dominata tuttavia dalle trame femminili. “Women ‘round here, they don’t kill with their hands, they talk you dead”. Donne tormentate, malate, “dysfunctional women” che lottano per la loro sopravvivenza in un gioco di potere senza esclusione di colpi.
Al centro del racconto, vi è il rapporto madre-figlia, irrisolto e doloroso. Adora, diversamente dalle figure dei cosiddetti “maternal horror films” (uno dei più recenti è Babadook), non fallisce nelle sue aspettative materne e nel suo ruolo di protezione, anzi, lo esalta fino a trasformarlo in un’attitudine ossessiva e soffocante, fondata sulla creazione di un rapporto di dipendenza con le figlie. Camille si ribella a queste dinamiche tossiche, usando il suo corpo come una mappa del dolore. La sua identificazione con le vittime, e la centralità del suo agire nel procedere delle indagini contribuiscono a creare uno stile alternativo di vittimizzazione, che non sfugge del tutto all’ossessione per le ragazze morte analizzata da Alice Bolin nel saggio Dead Girls, ma quantomeno la rende esplicita, dando un’immagine demistificata e sofferente del femminile.
Quando si parla di ragazze morte, la gente si aspetta di sapere i dettagli, trasformando i loro corpi nell’oggetto di perverse divagazioni mentali. Tutti a Wind Gap sanno che le vittime non sono state stuprate. L’assenza di segni di violenza sessuale tuttavia non frena l’immaginazione collettiva, che si sofferma sul fratello di una delle vittime, additato come gay a causa del suo pianto inconsolabile durante i funerali, e di conseguenza come colpevole, per la presunta frustrazione sessuale incestuosa provata nei confronti della sorella. Ecco così che Sharp Objects non smette di soprenderci, nella sua analisi cruda e disincantata della paura, dell’ossessione, dell’aspettativa sociale che schiaccia il femminile e che svilisce il maschile quando non corrisponde all’ideale di virilità.
Fluttuando sulle strade del Missouri, Sharp Objects sfrutta gli archetipi dell’orrore (la dea Persefone, i boschi che custodiscono impronunciabili segreti, i luoghi spaventosi dell’infanzia dove conduce una curiosità masochista e morbosa), dando vita a personaggi sfaccettati e affascinanti, come Amma, che conduce una doppia vita nella costante ricerca di attenzione e ammirazione, sia della madre che delle compagne.
Quando conoscere la verità della protagonista conterà più che questa ci risulti simpatica, quando si riuscirà a dipingere una donna come un essere multiforme e mutevole, in cui la bellezza convive con i lati d’ombra e la perfezione resta una chimera, quando Camille svelerà ogni cicatrice, usando il suo corpo solamente per il suo piacere, senza dissimulare mai la sua essenza e portando la sofferenza come un fardello con cui sa convivere, rialzandosi ogni volta, sarete stati conquistati dall’intelligenza della scrittura e dalla terribile bellezza delle ragazze di Sharp Objects.
Carlotta Centonze