Senza coda | Missiroli e la perdita dell’innocenza
La lucertola, quando si sente in pericolo, lascia andare la coda e corre nell’erba alta. Perde la coda e si dà una seconda possibilità. Perde la coda e deve imparare a fare i conti con quel vuoto nuovo.
Pietro rincorre le lucertole per collezionarne le code. Lo fa nel giardino verde di una Sicilia che non viene mai nominata ma solo fatta percepire. E’ il giardino di una villa che trabocca ricchezza e criminalità. E, ancora, nessuna di queste due categorie viene mai nominata. Tutto arriva grazie a un magnifico uso della descrizione, della terza persona, del copione di una storia che si lascia divorare in poche ore.
Pietro rincorre le lucertole con Luigi armato del coltello che gli ha regalato papà. Hanno forse dieci, dodici anni. Luigi è il figlio di amici di papà, ma che non sono più così amici perché forse il suo, di papà, ha fatto qualcosa e il papà di Pietro non lo vuole più. Ma che ne sa l’innocenza bambina del crimine adulto. Che ne sa un figlio della pasticceria di papà che una volta era la migliore e improvvisamente ha chiuso. Luigi sa solo che non viaggia più e che papà ora fa delle “commissioni”.
“Fra tre giorni ci vai da Carmine, a papà?”
E’ questo l’incubo di Pietro che con Luigi viene mandato a consegnare strane buste bianche di una carta spessa e ruvida a questo oscuro signore. Quando Carmine le apre non sai mai come può reagire. Può essere felice. Può essere scontento. Può essere violento.
E’ la curiosità che cresce con l’età che li spinge ad aprire quelle buste e a trasformare improvvisamente Pietro in una lucertola. Una lucertola che non riconosce il male come tale perché ancora non ha imparato a definirlo, ma ne percepisce il pericolo.
Lo percepisce da quegli strani segni neri e gialli che ogni tanto compaiono sulla schiena e sulle gambe della madre. Lo percepisce nella “signorina” di fronte alla quale è costretto a stare la sera: il tiggì con papà e il sangue che scorre da sotto i lenzuoli bianchi. Eppure la signorina dallo schermo sembra che gli sorrida, mentre Pietro nasconde il volto tra il bracciolo e il cuscino per non soffocare nell’odore di fumo. Papà non piange quando la signorina dice che sono morti dei “suoi amici”.
E la Sicilia è sempre lì fuori dal cancello dove Pietro sogna di andare un giorno con la Bianca, un’auto sportiva, tamarra quanto basta per rientrare nello stereotipo e nel clima(x) della criminalità.
Pietro collega i tasselli ma non lo dice. Collega i tasselli e agisce. Agisce per liberarsi della sua coda e imparare a fare “senza”. Agisce anche per quella madre coi capelli che profumano sempre di buono e che non piange quasi mai. Che gli sussurra “scusa” nelle orecchie.
Pietro sfida se stesso e il suo essere bambino.
“Senza coda” è un romanzo duro e tenero. Un romanzo veloce che riempie qualche ora e ne ruba il doppio a pensare. Non ci sono perdite di tempo. Il ritmo è quasi affannoso e concede delle pause come di preghiera, quando Pietro si nasconde sotto il letto e parla col suo Gesù Bambino.
Missiroli scava con una scrittura intensa nella forza prorompente e muta dell’infanzia. “Senza coda” è stato il suo romanzo di esordio e ha messo le basi del racconto della perdita dell’innocenza che sarà poi protagonista di “Atti osceni in luogo privato”. L’idea di questo libro, dice, gli è arrivata una mattina in coda alle poste guardando la busta bianca che teneva in mano.
“Cosa sarebbe accaduto se al posto di un tot di metri cubi consumati di gas ci fosse stato ben altro, in quella busta? Cosa sarebbe accaduto se l’ago della bilancia fosse stato l’istinto di un ragazzino? Seppi così che una busta chiusa era una storia da raccontare” (Marco Missiroli, postfazione)
La storia di Pietro, appunto. La storia di un bambino e di un luogo da intuire. La storia di chi diventa grande in una fase storica e in una fascia geografica, in cui sembra impossibile diventare adulti. Non c’è nessun appesantimento, nessuna citazione, nessun rimando. C’è solo la crudezza di una storia e di una terra arida di occasioni per i Pietro e i Luigi e assetata di desiderio di riscatto. C’è l’azione, c’è il coraggio di agire, ed è in quel coltello nelle mani di Pietro che viene calato a staccare la “coda” più pesante.
“I grandi dormono. Non dormiamo io e te. Ti vedo, sei cattiva. Con il buio ti vedo lo stesso e ora ti prendo. Sei sul muro, ora sei in aria, ora sei sul letto, ora sei sulla mia gamba. Ti vedo sempre. Siete tante, vi vedo. Una, due, tre, quattro, siete quattro lucertole grosse e lunghe e siete cattive.
Venite vicino, più vicino.
Non ho paura, ho il coltello io, è sotto il cuscino”.
Titolo | Senza Coda
Autore | Marco Missiroli
Casa Editrice | Feltrinelli
Anno | 2005
Pagine | 160