Se sei Vegetariano e tu lo sai, vai al Tetsakaan Gin Jay!
Avete presente quelle situazioni scomode che, puntualmente, costellano il vostro viaggio all’estero? Ecco. Per affrontarle con prontezza -dato che evitarle non si può- ogni buon viaggiatore si annota traduzioni approssimative e improbabili di frasi del tipo “quanto costa?”, “dove si trova?”, “a che ora apre?” o “Presto, segua quell’auto” (quest’ultima solo se andate a NY e siete un po’ esibizionisti n.d.r).
Ora, il taccuino di un vegetariano è una sorta di lista della spesa. Non solo bisogna sapere come dire “no carne”, ma occorre specificare che non si è malati, che no, non mangiate nemmeno il pesce e che sì, perfino i volatili (da elencarsi uno ad uno) per voi non sono commestibili e, infine, che vi attendete comunque una porzione di dimensioni normali, dato che no, dannazione, non siete a dieta. Per quanto riguarda i vegani, invece, non possiedono un taccuino ma direttamente un dizionario, che almeno evitano di copiarselo tutto a mano.
Consumo d’inchiostro a parte, viaggiare per il mondo con un regime alimentare vegano –o anche solo vegetariano- può rivelarsi più complicato del previsto, ed è necessario informarsi in anticipo sugli usi del paese e sui ristoranti che offrano piatti adatti alle proprie esigenze.
Se volete andare a colpo sicuro, evitarvi sguardi perplessi e approfittare di leccornie vegan, non potete perdervi il Tetsakaan Gin Jay, il Festival Vegetariano appunto, che viene celebrato ogni anno in Thailandia.
Leggenda vuole che il festival, storicamente nato come culto taoista cinese, abbia raggiunto il Paese dei Sorrisi nel diciannovesimo secolo a bordo delle navi mercantili. Nel corso dei decenni, il fenomeno si è ampliato, conquistando un numero sempre più elevato di partecipanti. Infatti, se all’inizio ne prendevano parte solamente gli emigrati cinesi, oggi il Tetsakaan Gin Jay, che pur conserva il suo nome originale, è considerato occasione di festa da tutta la popolazione thailandese (ad eccezione della parte più meridionale dello stato, di religione musulmana).
Ecco dunque un intero Paese che, ancor più del solito, si mobilita attorno al cibo: i marciapiedi s’ingombrano di bancarelle di succulenti spuntini, stand dagli aromi più improbabili si spingono fino in mezzo alla strada, gli hotel occidentali adattano il loro buffet e nei ristoranti di qualsiasi ordine e grado pullulano le proposte di menù vegetariani.
In questo idilliaco marasma di odori, sapori e meravigliose presentazioni culinarie, delle bandierine gialle puntellano l’attenzione. Queste, di forma triangolare, sventolano infatti ovunque e sono atte a guidare il turista –o a farlo perdere, in realtà non è ben chiaro- segnalando la vendita di cibo Jay. Di che si tratta? Del protagonista indiscusso di questo evento, tradotto letteralmente, “il cibo vegetariano cinese”!
Per essere più specifici, il Jay è una qualsiasi pietanza priva di carne rossa, pollame, pesce, uova o prodotti derivati da animali. Inoltre, dal Jay sono bandite anche quattro verdure, tacciate tra le altre cose di avere un gusto troppo intenso: niente aglio, cipolla, erba cipollina né aglio perla (che, nonostante il simpatico nome, latita sulle tavole occidentali). Il divieto di questi quattro ingredienti è legato alle conseguenze nocive che vengono riconosciute dalla tradizione, in particolare a scapito dei cinque organi interni più importanti, ovvero cuore, reni, fegato, polmoni e milza.
Infine, il fatto che tali verdure aumentino il desiderio sessuale (chi non è mai stato conquistato da un alito aroma cipolla!?), accresce il rischio di infrangere i precetti del Jay, che esaltano invece una condotta coscienziosa e consapevole. Oltre alla dieta qui esposta, infatti, il vero seguace Jay osserva gli otto precetti, che includono, tra gli altri, il divieto di mangiare dopo mezzogiorno, quello di consumare alcool e tabacco e, come preannunciato, quello di fare sesso.
Se è vero che il Tetsakaan Gin Jay Festival nasce come una festa per purificare anima e corpo, bisogna tuttavia sapere che, per parteciparvi, non è obbligatorio seguire le pratiche Jay! Se però, oltre ad abbuffarvi di paradisiache delizie veg, volete anche vivere da spettatori alcune delle cerimonie nei templi Mahayana, vi saranno richiesti un comportamento consono, una perfetta pulizia e un vestito bianco.
La stessa tenuta è raccomandata per assistere alle manifestazioni di automutilazione, che sono una caratteristica tipica dei festeggiamenti a Phuket. In un’impressionante parata che attraversa Thalang Town, sfilano i Mah Song: invitando un Dio a impossessarsi del loro corpo, questi medium non sentono più il dolore.
Si forano le guance esibendo piercing costituiti da oggetti dal significato simbolico, camminano sui carboni ardenti, si colpiscono la schiena con un bastone. Il significato di questa toccante cerimonia, lungi dall’essere un esibizione di forza, è secondo i credenti, un modo di estirpare i mali del mondo, e di allontanare la disgrazia e la tristezza dall’umanità. Gli spettatori, dal canto loro, omaggiano gli dei che si manifestano negli uomini, accendendo mortaretti e petardi al passaggio della processione, in un trionfo di scoppi e di colori.
La cerimonia conclusiva dei nove giorni di Festival è meno cruenta, ma altrettanto suggestiva. Come suggerisce il nome “attraversamento del ponte”, l’ultima serata è consacrata alla celebrazione di una sorta di rito di passaggio, collettivo ma individuale allo stesso tempo. Infatti, sebbene la gente rimanga in coda per ore per raggiungere il ponte simbolico situato all’interno del tempio, è solo il singolo a poter coscienziosamente decidere se è meritevole di attraversarlo o meno.
Secondo la religione, se i seguaci non si sono dedicati con devozione e cura ai propri impegni, sarà per loro impossibile giungere all’altra parte del ponte, in quanto cadranno durante il percorso. Al contrario, a tutti coloro che attraversano il “ponte” con successo, viene marcato uno stampo rosso sull’abito bianco, un riconoscimento della dedizione nei confronti delle divinità.
Allora, vegetariani e vegani, convinti? D’accordo, il nome del festival è un po’ difficile da ricordare “Tetsakaan Gin Jay”, ma sarà la sola cosa che avrete da annotarvi prima di partire, promesso! Ah, un’altra cosa! Magari segnatevi anche quando comincia, giusto per non sbagliarvi: il giorno-prima-della-luna-nuova-del-nono-mese-del-calendario-lunare-cinese.
Elisa Cugnaschi
[…] Totalmente diverso dalla Cina nei ritmi e nei modi. Poi ho cambiato ancora e ancora: la Thailandia e le Filippine, per citarne un paio. Tenevo sembra la base in Cina, […]