Sara Caulfield | La travel blogger che va in vacanza in Corea del Nord
Sara Caulfield, proprio come quell’Holden di Salinger. Viaggiatrice, blogger, travel desinger. Impazza su Instagram, ma è assolutamente no filter. Nasce a Roma, ma ha sempre vissuto “in estate”, sostiene. E’ sospettata di accumulo compulsivo di magneti da frigo. Non smentisce.
Quella di Sara è la storia di una persona che ha scoperto nella fortuna di poter viaggiare (decisamente) più della media, una passione che, quando riesce, ha trasformato anche in professione. Nel mondo reale fa l’organizzatrice di eventi per grandi aziende, ma appena intravede il bat-segnale della chiamata all’imbarco immediato, si trasforma in una narratrice social senza filtri. Instagram: @saracaulfield.
Pare sia rimasta comunque umile. La nostra conversazione, fresca di rientro da un viaggio in Corea del Nord (che è una delle ragioni principali per cui ho voluto incastrarla), inizia leggermente in ritardo: stava lavando un maglione a mano.
Risponde da Milano.
“In Italia sto qui (anche se il verbo “stare” tradisce le origini romane, ndr), ma in effetti ho vissuto tra Tokio, Dubai e Singapore. Amo Milano, non è che odio Roma…”
Excusatio non petita?
“No no, è che ci sono stata in generale molto poco se non per venire a trovare i miei. Trovo Milano più vivibile. Mi trovo meglio”.
Dopo circa cinque minuti mi accorgo che Sara ha sapientemente ribaltato i ruoli e sta letteralmente intervistandomi.
Ci ri-scambiamo il ruolo trovandoci concordi sul viaggiare da soli:
“E’ una delle cose più belle che ci sia. Hai i tuoi tempi. Poi io sono un po’ una nazi del viaggio…”
Ok. Forse partiamo insieme.
Come nasce @SaraCaulfield?
“Ho sempre viaggiato tantissimo perché mio padre viaggiava per lavoro e ci portava con lui. Poi ho continuato anche appena ho potuto farlo per i cacchi (sic) miei. Quando è uscito Snapchat abitavo a Singapore. Ho cominciato a usarlo pretty much (ri-sic) come adesso uso Instagram. Parlavo della mia vita, delle cose che vedevo intorno a me, di Singapore. E da lì, in una sorta di passaparola, la gente ha iniziato a seguirmi. Quando poi mi sono trasferita su Instagram molte persone sono venute con me”
E il blog?
“Ho deciso di aprire un sito perché quando andavo a cercare informazioni nei travel blog sui posti che volevo visitare trovavo solo cose di cui a me non fregava un cavolo. Mi devi dire quello che è figo e alternativo da vedere! Mica mi puoi consigliare l’Empire State Building a NY”
Qui potrei averle venduto il mio articolo sull’altra Bordeaux. Potrei.
“Mi piaceva dare il mio input e mi ero anche un po’ rotta le scatole di vedere travel blogger col vestitino che fluttua davanti al Taj Mahal. Su. Ma che è? Sono la versione terrena della travel blogger. Underground, ecco”.
Da travel blogger a travel designer. Da passione a professione?
“Ecco, più o meno. Ricevo tantissime mail da persone che mi chiedono dove andare, cosa fare. Molti mi chiedono soprattutto ‘come fare’. Oh, c’è un sacco di gente nel 2019 che non sa come si viaggia”
Niente, Sara è così. Lo capite solo dal tono che la sua è solo un’affettuosa schiettezza.
“A forza di rispondere a mail su mail ho realizzato che ci impiegavo tantissimo tempo. Così ho pensato di aprire una sezione di ‘travel design’ e qualcuno la usa. Offro dei pacchetti di consulenza sulla creazione e organizzazione del viaggio”
Che magari è meglio dell’agenzia viaggi che ti propone dei pacchetti che magari non ha mai testato.
“Ecco, esatto! Sono un privato e ci sono stata. Non do consigli su posti in cui non sono mai stata”.
Bene. Ora veniamo al viaggio dei viaggi. Quello che hai appena fatto e per cui sono sicuro che il tuo business del travel design esploderà. Corea del Nord. Come-diavolo-ci-sei-finita?
“Era la prima destinazione in cui desideravo andare. Mi ispirava proprio il fatto che fosse tra gli ultimi Paesi al mondo così isolato e controllato. E’ un Paese moderno che non ha alcun contatto con l’esterno. Non hanno idea proprio: hanno 4 canali di televisione e vedono solo quello che gli mostrano!”
Ma come si entra?
“Non è proprio facilissimo. Devi assolutamente farlo tramite un tour operator…”
Ah-ha. Fregata. Però forse con questa ci risparmiamo la querela di Asso-Agenzie-Viaggi (esiste?).
“…ahah, già. Ci sono solo alcuni tour operator che hanno le autorizzazioni per aiutarti a organizzare questo viaggio. Io ho scritto praticamente a tutti poi, in base alle risposte che ho ottenuto, ne ho scelta una con cui mi sono trovata benissimo. Non è che fanno entrare proprio tutti tutti… dipende da cosa fai, tipo i giornalisti no”
Quindi questa intervista non potresti rilasciarla?
“No no, posso. Perché, appunto, non sono una giornalista e il mio blog non è testata giornalistica. Racconto l’esperienza di una persona che è stata lì. Certo, quando ho detto alle mie guide che faccio un programma di viaggi su Radio Popolare lì per lì non hanno battuto ciglio. Poi il giorno dopo hanno cominciato a farmi domande…”
Aspetta. Guide?!
“Certo, il tour operator ti organizza l’ingresso e il viaggio e, soprattutto, ti mette nelle mani di una guida perché in Corea del Nord non puoi in alcun modo uscire da solo!”
Qui ha scritto tutti i consigli pratici per l’organizzazione del viaggio.
L’episodio più assurdo che ti è capitato di vivere in Corea del Nord?
“Mi sono ritrovata a ballare in mezzo alla piazza con donne vestite con abiti tradizionali e studenti dell’università per la festa del giorno del sole, che è il compleanno di Kim Il Sung, il fondatore della Corea del Nord, quello che ha sconfitto l’oppressione giapponese”
Lessico propagandistico della guida, eh?
“Ops, sono stata brainwashata pure io!”
“Per me era fondamentale essere lì quel giorno. Nei parchi c’erano i nordcoreani che facevano i picnic, ballavano, cantavano. Ho potuto realmente interagire con loro. Pensavo che fosse molto più triste come realtà”
Non hai pensato che fosse tutta una messinscena creata per te, però?
“Dunque. C’è effettivamente questa cospirazione dello staging, sul fatto che sia tutto finto. Mi è stato chiesto moltissimo. Ahò, a me non m’è sembrato per niente. Sicuramente è stato tutto pilotato e mi hanno fatto vedere solo quello che volevano loro. Non siamo andati nei posti dove ci sarebbero i campi di lavoro, ecc. ecc”
Poi parlano i numeri. I dati sulla povertà in alcune zone della Corea del Nord sono terribili.
“Assolutamente. E sono situazioni che però non ho visto. Sono stata nelle campagne: per loro è un orgoglio fartele visitare, da Paese socialista comunista. Ho visitato un’azienda agricola e ho visto, nei villaggetti, situazioni di povertà diffusa. Non povertà estrema, ma povertà. Lo chiedevo alle mie guide ma loro sostenevano che stessero tutti molto bene, dato che ricevono un salario corrispettivo a quanto lavorano”
Immagino non fosse nemmeno troppo facile fare certe domande in quella situazione…
“Esatto. Non volevo farli innervosire e farmi cacciare”
Bene. Stemperiamo. Ma è vero che mangiano i cani?
“Ecco. Speravo che non mi facessi questa domanda”
Ops.
“E’ la stessa domanda che ho fatto un giorno in macchina alle guide. ‘E’ vero che mangiate i cani?’ – e loro: ‘yes, of course’”
– Silenzio –
“Lo mangiano sotto forma di zuppa. Una zuppa un po’ chiara, piena di spezie. Una sorta di stufato di cane”.
– Silenzio –
Il luogo più bello e il più brutto che hai visto in Corea del Nord?
Più che ‘brutto’, ti direi il luogo che mi ha messo più angoscia: la vista dal mio albergo. Ero al XXII piano e avevo la vista sulla città: vedevo la Juche tower, che è la torre che rappresenta la loro filosofia politica, ma la sera c’erano pochissime luci accese. Di giorno, invece, le strade erano deserte. Quattro macchine in croce. Tre persone, non di più. Il deserto. Mi metteva angoscia. Al mattino, quando mi alzavo, sentivo le canzoni popolari coreane che mandano in diffusione dagli altoparlanti delle strade”
Ma tipo? Che canzoni?
-qui imita una sorta di nenia in si bemolle-
E il più bello?
“Ecco, qui devo stare attenta che quando l’ho detto mi hanno accusato di supportare il regime… Il luogo più bello è il monumento del partito dei lavoratori, quello con la falce, il martello e il pennello in centro. Ha una scritta che spiega il senso reale del partito e mi ha emozionato. E’ stato un fatto emotivo: lì davanti ho detto, cacchio, sono finalmente qui!”
Sei riuscita a parlare con le persone?
“Sì. Sempre controllatissima dalle mie guide, eh. Però sì. Comunque la gente per strada non parla molto inglese e se lo parla non lo parla molto con te. Sono andata in una scuola, ad esempio. Mi ci sono fatta portare apposta perché volevo vedere come studiano i ragazzi lì. Ho cercato di interagire sedendomi insieme a loro, ma erano timidissimi”
Il regime pervade davvero tutta la vita quotidiana?
“Sì, tutto ruota intorno al regime”
E’ vero che ti ritirano il cellulare quando entri?
“No! O meglio, a me l’hanno preso alla dogana. Ho dovuto elencare tutti i miei dispositivi elettronici e me l’hanno ridato subito. Mi avevano detto che mi avrebbero controllato anche tutte le schede all’uscita ma non è successo niente di tutto ciò. Però può capitare, anche se a me non è successo. Ad esempio, a tour precedenti al mio con le stesse guide una volta hanno sequestrato un pc a un ragazzo perché conteneva il film SALT con Angelina Jolie, che ha una clip sulla Corea del Nord, e non gliel’hanno più ridato. Un ragazzo che era nel mio tour, invece, aveva preso un telefono apposta così che fosse il più pulito possibile…”.
Quindi tutto quello che hai filmato e fotografato lì l’hai portato qui con te?
“Tutto. All’inizio chiedevo sempre se potevo fotografare poi alla fine ci ho preso la mano…”
E’ possibile che le tue guide avessero già segnalato al regime che non c’era niente di particolare o preoccupante per loro in quello che avevi fatto?
“Probabilmente. Potrebbe essere!”
Nel complesso mi sembra comunque un viaggio molto costoso.
“Sì. Costa. A me per 6 giorni è costato in totale 3500 euro. Ma per andare in Corea del Nord avrei speso davvero qualsiasi cifra!”
Chiudiamo con la consueta domandona scomoda: cos’è per te il sale della vita?
(sospiro di terrore) “No, però oddio. Io qui devo fare la banale. Devo proprio! Per me è viaggiare. Punto”
Va beh, ci sta. Ci abbiamo fondato una delle quattro colonne di S.A.L.T.
“Se io non potessi viaggiare non vivrei. Davvero. Per me il sale della vita è riempire ogni weekend chiedendomi dove posso andare. Sfruttare il primo momento libero per partire. Per me è così. Non so che dirti. Anche solo pensare al viaggiare. Poi il viaggio è l’orgasmo totale”
Realizzo solo qualche ora dopo, però, di avere dimenticato una domanda.
Ma il magnete per il frigo, Sara, l’avrà trovato in Corea del Nord?