Pianura a pedali/3 | A fare la corda a Castelponzone (CR)
Castelponzone è il posto affascinante in cui sono capitata quattro anni fa per ragioni di lavoro. Castelponzone è anche un paesino del cremonese battente bandiera dei borghi più belli d’Italia (www.borghipiubelliditalia.it), il cui lontano passato ancora echeggia tra le mura rosse e gialle e i mille comignoli dalle forme fantasiose.
Qui c’era il castello dei Ponzone, due fossati, due porte, le mura e le guarnigioni. Qui ci sono ancora oggi i portici cinquecenteschi, le case bottega e gli strettini, piccoli vicoli che collegano le case del paese. Qui vive ancora oggi un piccolo museo dove è possibile ascoltare le storie dei cordai di Castelponzone, conoscere le tecniche di produzione della corda e sentir parlare lo strano gergo dalle origini sconosciute che solo i cordai usavano e che nessuno dei paesi vicini riusciva a comprendere. Qui ho anche una bicicletta che già da mesi mi ha consentito esplorazioni in territorio casalasco ed è quindi da questo piccolo borgo che oggi parto con un mezzo in prestito, un abbigliamento a strati e uno splendido sole che forse prelude alla primavera.
Uscendo dall’antica porta Sud, ancora in piedi, costeggio il cimitero di Castelponzone dove nel secolo scorso venne seppellita una principessa zingara con un maestoso corteo, ancora oggi ricordato dagli anziani del paese. Procedendo tra i campi, un tempo coltivati a canapa, arrivo a Scandolara Ravara, paese di cui Castelponzone è frazione. Dopo pochi metri incontro la Chiesa dedicata alla Vergine Regina della Pace chiamata anche Chiesa Vecchia, Ceesa Vécia per gli scandolaresi. L’edificio, datato XII secolo, sorge probabilmente sulla fondamenta di un tempio pagano e conserva al suo interno pregevoli affreschi del cremonese Alessandro Pampurino, uno dei quali rappresenta la stessa chiesa circondata su tre lati dal Po. Un tempo il fiume passava proprio nei pressi di Scandolara Ravara (originariamente Scandolara Ripa di Po) e l’altura su cui si trova ancora oggi la Chiesa Vecchia serviva a difendere il luogo di culto dalle piene.
Ripartendo in direzione del fiume misuro a mente quanto le acque si siano allontanate dalla chiesa, modificando il loro corso fino a Motta Baluffi. Sono 6 km di curve, campi e argini fino alla cascina Ronchetto, giù in golena, dove si trova l’Acquario del Po, un museo dedicato alla fauna ittica del Grande Fiume.
Dall’Acquario si snodano due trekking golenari, uno che tra boschi e cinghiali porta ad uno spiaggione che dista dieci passi dall’attracco fluviale vicino alla Cascina Ronchetto … e intendo dieci passi guadando il Po, se l’altezza lo consente, quindi questo primo percorso può essere meravigliosamente circolare, oppure no. Il secondo, con andata e ritorno tra la vegetazione fitta in riva al Po, permette di visitare la riserva naturale Lanca di Gerole in direzione Torricella del Pizzo. Queste due camminate sono percorsi molto selvaggi per veri avventurieri quindi, se temete l’ignoto e gli animali grandi e piccolissimi, portatevi una persona del posto; la regola più importante è una e una sola: se un cinghiale vi carica correte fortissimo.
Tornando sull’argine seguo la strada provinciale che mi riporta verso Castelponzone, supero l’ingresso del paese fino ad imboccare la strada per San Martino del Lago e proseguo in direzione San Lorenzo Aroldo lasciandomi sulla destra la casa ricoperta di edera rampicante del critico d’arte Flavio Caroli. Dopo alcuni chilometri di campi, trattori e uomini al lavoro richiamati dai primi soli arrivo allo splendido Santuario di Caruberto, dedicato al culto di S.Maria Nascente. Il segreto per visitare questo gioiello di arte devozionale, meta di pellegrinaggi e ricettacolo di ex voto, è suonare alla porta della vicina cascina. Il proprietario rientrerà in casa e riapparirà dalla chiesa aprendovi il portone, potrete quindi visitare il santuario in solitaria osservando da vicino gli affreschi parzialmente conservati con madonne allattanti e santi.
Cinque minuti di paura pedalando sulla trafficata via Giuseppina e sono a Solarolo Rainerio, qui una ciclabile porta dritta al vero gioiello della pianura, Villa Medici del Vascello, luogo dove visse Cecilia Gallerani, la famosa dama con l’ermellino leonardesca.
L’edificio si trova a San Giovanni in Croce, paese che deve il suo nome all’incrocio delle strade che collegano Cremona, Parma e Brescia; proprio in quel punto cruciale, attraverso una cancellata, si vede con chiarezza la facciata maestosa della villa, affiancata da un parco-giardino all’inglese di 12 ettari, con piccoli edifici immersi nel verde delle essenze vegetali rare, che qui convivono con una fauna oramai parte del complesso monumentale e naturalistico.
Scatto due foto, guardo il sole che sta scendendo e riparto veloce tra i campi a Nord della via Giuseppina, attraversando Recorfano, terra di ristoranti e Voltido, luogo di famose feste dei giovani di città, costeggiando alcune tra le più belle cascine a corte chiusa del cremonese e giungendo fino a Ca’ de’ Soresini.
Dopo un paio chilometri inizio a scorgere il profilo basso di Castelponzone da cui si ergono solo due torri, quella campanaria e quella merlata del Castello, unico resto dell’edificio e ultima testimonianza dei fasti dei Ponzone e degli Ala Ponzone. Avvicinandomi al paese sorpasso il canale Navarolo, dove un tempo i cordai fecero le corde da quattro quintali per i bastimenti russi, e passo a fianco del canale Delmona, dove i cordai al lunedì sera andavano a fare la “brenta” con una damigiana da 25 litri di vino e il loro canto si sentiva fin nella piazza del paese.
Visto che oramai sono castellina e cordaia di adozione vi posso dire che ho le dita (bachèt) infreddolite e il sole del tramonto negli occhi (brünei), le gambe (stàsi) sono indolenzite e ho una fame tremenda, ci vorrebbe della polenta (turciùusa) con la zucca arrostita (fritüra de baràchi) e un po’ di formaggio (dürengo) da mangiare col pane (maròc). L’ennesima pedalata fuori stagione volge a conclusione, rientro nel feudo dei Ponzone passando sotto ad una finestra (sfiàandra) dove una moglie (grìma) ogni giorno canta facendo i mestieri, un’anziana signora sta sulla soglia e osserva la strada che dalla porta Est conduce alla piazza della Chiesa (santòcia), qualche uomo sarà in cantina (fredùusa) a prendere un salame (telarìna), qualche altro all’osteria (piòla) a bere un bicchiere (lümo) di vino rosso (scàbil) o un buon caffè (trutìin).
Ora che anche voi sapete il gergo mettetevi alla ruota e cominciamo a fare la corda.
Melissa Fontana