Passignano sul Trasimeno | Diapositive della quiete
Sono tornati tutti. Tutti. E’ finito l’idillio delle strade romane semideserte. Anzi, desertificate. Sono tornati i clacson, i primi cumuli di foglie sui vialoni di Prati che sopravviveranno all’inverno, i semafori e le doppie file. Il mercato e gli ambulanti. E succede che è tornato pure quel desiderio di fuga latente, che traspira da sotto pelle. Ripercorro l’album di quelle passate e mi ispiro sulle nuove che verranno. Un sorso di vino. Il silenzio del venerdì sera. Le foto di un giorno al lago Trasimeno scorrono sullo schermo.
Passignano è il luogo delle mezze stagioni. Era un anticipo di primavera nelle foto. Il silenzio e i colori qui danno il loro meglio coi primi e con gli ultimi soli. E’ quel luogo dove vai perché il mare ancora non si lascia avvicinare e la montagna si trascina al nuovo tempo in un mutare vischioso.
Forse uno dei borghi più belli dell’Umbria, adagiato delicatamente sulle sponde di un lago Trasimeno spesso immobile, in calma di vento. Sembra quasi ironico in questa assenza di suoni immaginare che questo paesucolo nacque prima come avamposto bellico, crebbe come snodo commerciale, maturò come borgo fortificato. Bisogna immaginarseli il martellare del maniscalco, il fabbro, l’odore del forno, i cavalli, i battelli. Quella per il silenzio perfettamente combinato ai colori di questo posto sta diventando un’ossessione. Potrei decisamente ripetermi. Anzi, l’ho già fatto.
La riva è morbida. Ben curata. Quasi svizzera. Qualche baretto, abbozzi di turismo. Il posto ideale per libro e caffè. A interrompere la quiete solo qualche cane che insegue le anatre. Dicono di prendere dal molo il traghetto per l’isola Maggiore. Dicono. Il resto, invece, sale più o meno ripidamente, arrampicandosi sulla collina.
C’è un percorso armonico che accompagna dalle stradine del borgo più basso alle scale fino alla torre. Dai vicoli di antiche case in pietra si arriva fino alla rocca medievale. La visione d’insieme è simmetrica. L’asse è a metà della salita.
Salendo in cima la mezza stagione dei primi di Aprile sapeva di camino e scorci d’ombra ancora freddi. Oggi la immagino di ombre umide e finestre aperte a raccogliere gli ultimi raggi. Non riesco a immaginare il vociare della fine dell’estate, suggestionato dal ricordo del mutismo di quel sabato santo.
Il fiato corto si regola lentamente appoggiato al muretto della cima. Dicono che puoi entrare a vedere gli interni della rocca con un piccolo biglietto. Dicono.
Vince chi rimane fuori. Io resto.
Di fronte si distende la sagoma piatta del lago. Si può sbirciare dentro le finestre. Sentire le campane e di nuovo quegli stessi cani. Si può osservare il fiorista della piazza che espone le primizie dentro delle cassette di legno. Si può scegliere con lo sguardo la meta del pranzo.
Poi si può scendere. In silenzio, ci mancherebbe. E ricominciare daccapo.