Oscar 2014
Chiacchiere e pronostici su Oscar (quello pelato)
Come ogni anno, puntuale, arriva l’appuntamento con quell’essere mitologico metà politica, metà showbiz e metà abiti firmati che tutti conosciamo come la Notte degli Oscar. Come ogni anno, la correttezza politica e la mondanità saranno i padroni incontrastati della serata; come ogni anno, al cinema sarà lasciato solo il ruolo di tappezzeria (ma non è così per tutti i grandi festival?); come ogni anno, le candidature sono state dettate da criteri che esulano, spesso, dal cinema e dalle sue regole. Come ogni anno, molte sono le certezze (anche sui vincitori), non numerosi i film veramente belli, poche le anomalie (ma sempre presenti).
Chi vincerà, tutti si chiedono. Eppure le linee per definire i probabili trionfatori sono molto semplici da definire e seguono quasi sempre i canoni del politically correct e della politica, intesa in senso ampio ed omnicomprensivo, come vedremo. Basti pensare che Kubrick (sì, proprio lui, l’unico regista veramente studiato nelle università, che esaurisce gran parte del sapere accademico in materia di cinema) non ricevette mai una statuetta, tranne quella per gli effetti speciali in 2001: Odissea nello spazio, quasi una presa in giro. Kubrick, però, era fondamentalmente anti-hollywoodiano e pure un po’ rompicoglioni, entrambi motivi validissimi secondo la Giuria per non premiare nessuno dei suoi capolavori. Certo, detta così sarebbe semplice premiare Scorsese e DiCaprio per The Wolf of Wall Street, provocando così orgasmi di gioia ai grandi fan di entrambi. Non è così semplice, però, molti sono i canoni che la Giuria segue (quasi nessuno realmente cinematografico). Cinematograficamente parlando, inoltre, il Lupo non è il miglior film dell’ultimo Scorsese; non è la migliore interpretazione di DiCaprio (mettevi il cuore grondante ormoni in pace); non è, decisamente, il miglio film in gara.
Iniziamo, dunque, dalle candidature. Due film spiccano per la quantità di candidature (10 a testa), Gravity di Alfonso Cuaròn e American Hustle di David O. Russell; segue con 9 nomination 12 anni schiavo di McQueen. Gravity è un ottimo film, solidamente retto dalla regia impeccabile di Cuaròn, ma, agli occhi della giuria americana, ha una pecca enorme: è un film (fanta)scientifico, genere inviso ai giurati e considerato ingiustamente “secondario”. La statuetta come miglior film se la scorda, insomma. Per quanto riguarda il rutilante film di Russell, invece, il suo problema è essere una commedia. La Giuria predilige, è noto, drammoni strappalacrime o film dalla dura morale, o ancora guerra portatrice di pace (?). Discorso diverso per 12 anni schiavo, ottimo film su un tema socialmente elevato, come la schiavitù americana, girato da un grande regista dal quale mi sarei, francamente, aspettato di più (soprattutto dopo le due prove precedenti, Hunger e Shame). Si tratta di un film solido e adatto all’Oscar, tagliato per quella Giuria. McQueen, però, ci ha dato dimostrazione di poter ambire ad altro (ma “altro” non porta l’Oscar: serve una giusta mediazione!).
Ho già parlato troppo, però, bando alle ciance! Arriviamo al dunque, al punto che tutti attendete con trepidante impazienza: le nostre candidature e i nostri pronostici.
Miglior Film
Prima anomalia di questa edizione: i 9 film sono tutti di livello piuttosto alto (in passato non sempre è stato così: abbiamo visto candidato War Horse nella stagione 2012, tanto per fare un esmpio..), tutti da vedere. Due, però, spiccano al di sopra degli altri per qualità: si tratta di Her di Spike Jonze e 12 anni schiavo del già citato McQueen. Tutti gli altri candidati, benché di valore, sono diversi gradini al di sotto di questa accoppiata (con buona pace di Scorsese). Vincerà 12 anni schiavo, senza dubbio, perché è un film che parla di schiavitù, senza tanti sentimentalismi, con la giusta dose di violenza. Tutte cose che alla Giuria piacciono. Inoltre è un bel film, davvero, e questo non sempre coincide coi gusti dei giurati. La mia candidatura va, però, col cuore al film di Spike Jonze, che uscirà in Italia tra qualche settimana. SI tratta di un film maturo, di una dolcezza infinita e di una intelligenza rara. Il regista è capace di sviluppare un’idea semplice (un uomo si innamora, ricambiato, di una Intelligenza Artificiale) attraverso molteplici spunti, analizzando i limiti della tecnologia ed imbastendo un discorso sulla comunicazione ai tempi della socialità tecnologica, come pochi altri registi hanno saputo fare negli ultimi anni. Inoltre parla della complessità dell’amore con acutezza matura e non comune, soprattutto nel panorama cinematografico americano. Da non perdere. Non vincerà, temo, ma mi piacerebbe ricevesse il giusto valore.
Chi vincerà: 12 anni schiavo (ma vorrei tanto vincesse Her)
Miglior Regia
Tutti i film in concorso sono connotati da una regia estremamente solida e funzionale, senza che il regista manifesti compiutamente la sua presenza, semplicemente asservendo la sua presenza alle necessità “tecniche” del film. Difficile, dunque, decidere chi vincerà, dal momento che nessuno brilla per estro o virtuosismo particolare. Tre, forse, sono i candidati più probabili: Martin Scorsese, con la sua frenetica regia di The Wolf of Wall Street (asservita, come dicevo, alla frenesia del soggetto, tanto da sembrare essa stessa sotto stupefacenti); Steve McQueen, pur con tutti i limiti già citati e col “poteva fare di più, come in passato”, presenta una regia senza fronzoli che raggiunge, di tanto in tanto, deliberato lirismo; Alfonso Cuaròn, infine, perché l’unica cosa che permette ad un soggetto come quello di Gravity di sopravvivere a se stesso è una regia eccellente, che lo caratterizza dall’inizio alla fine (ecco, forse solo lui è visibilmente presente nel suo film). A quest’ultimo va il mio voto personale, nonostante il grande dubbio legato al genere del film. Sarebbe semplice far vincere Scorsese, per la suddetta politica, ma della triade è forse il più debole
Chi vincerà: Alfonso Cuaròn (o McQueen, nella peggiore delle ipotesi)
Miglior Attore Protagonista
Seconda anomalia dei questa edizione: dov’è la candidatura di Joaquin Phoenix per Her?! Davvero non avete candidato il suo sguardo dolente, il suo sorriso delicato e quei baffi così fuori moda?! Incomprensibile, davvero.
Riguardo ai veri candidati, la votazione si riduce a due soli attori, che svettano senza troppa fatica sopra gli altri (sorry, Leo): Metthew McConaughey per la magistrale interpretazione in Dallas Buyers Club e Chiwetel Ejiofor per lo schiavo Solomon Northup. Premiare Ejiofor sarebbe molto politicamente corretto, ma porterebbe non poche difficoltà di pronuncia in colui che annuncerà il premio. D’altro canto, la Giuria ADORA le trasformazioni fisiche, soprattutto se deturpano attori considerati sex simbol (l’Oscar dato a Nicole Kidman per The Hours oppure ad una irriconoscibile Charlize Theron per Monster), conferendo a McConaughey notevoli probabilità di vittoria. Si tratta, peraltro, di una interpretazione magistrale che connota con una profondità, che probabilmente non ha mai avuto, un personaggio adorabilmente detestabile: sarebbe un premio meritato, che coronerebbe la svolta di carriera del bel Metthew, già intrapresa con Killer Joe. La Giuria premierà mai, però, lo spogliarellista di Magic Mike?
Chi vincerà: Metthew McConaughey
Miglior Attrice Protagonista
Anche in questo caso la corsa si riduce a due soli partecipanti, Cate Blanchette per Blue Jasmine e Judi Dench per Philomena, entrambe ineccepibili e capaci di reggere i rispettivi film quasi da sole. Il mio voto, puramente empatico ed estetico, va a Cate Blanchette. E anche i Golden Globe hanno pensato la stessa cosa. Una vittoria della Dench, però, non stupirebbe né offenderebbe nessuno.
Chi vincerà: Cate Blanchett
Miglior Attore Non Protagonista
Terza anomalia della stagione: la candidatura di Jonah Hill, meritata (immagino) per l’interpretazione (neppure ineccepibile) di un ciccione isterico che subisce il contagio psicologico dell’amico figo. Probabilmente serviva un quinto nome per concludere la rosa.
Il premio è conteso fra l’adorabile Jared Leto (se si dedicasse solo alla recitazione non sarebbe meglio?) e il sempre splendido (e stranamente vestito) Michael Fassbender. Leto riesce a rendere la complessità del suo personaggio in poche espressioni e qualche frase interrotta; dall’altro lato, Fassbender è perfetto nel ruolo dello schiavista dipendente dal sesso e arrogante (quando insegue o urla ai suoi schiavi è semplicemente sublime). Non riesco a decidere a chi dare la palma.
Chi vincerà: Jared Leto. O Michael Fassbender. O entrambi (non è possibile, vero?)
Miglior Attrice Non Protagonista
Jennifer Lawrence. Perché è bravissima, perché è bella e perché non dare neppure un Oscar (di quelli importanti) ad American Hustle mi sembra un crimine. Fine.
Miglior Sceneggiatura Originale
Non gli avete voluto dare il premio come miglior film, almeno quello per la Sceneggiatura! Ovviamente parlo di Her di Spike Jonze. Riuscire ad escogitare così tante trovate, ad orchestrare così tante idee originali, su una storia di base semplice, merita l’Oscar. Il finale merita l’Oscar. I dialoghi di Samantha meritano l’Oscar. Darlo ad altri (forse l’unico degno rivale potrebbe essere Woody Allen per Blue Jasmine) costituirebbe un’ingiustizia incredibile ed anche un notevole sintomo di ottusità verso uno dei pochi film davvero freschi e brillanti della stagione americana.
Miglior Film Straniero
Quarta ed ultima anomalia, la mancanza fra le candidature di La vita di Adele, presente invece ai Golden Globes. Peccato. Questa volta l’Italia ha grandissime possibilità di uscire vincitrice con La Grande Bellezza di Sorrentino: è sufficientemente cartolina e abbastanza Fellini (l’unico regista italiano davvero apprezzato negli USA: vanta molteplici tributi – Stardust Memories di Allen – e un musical ispirato a 8e1/2 e poi ritrasformato in film) per poter trionfare. Consiglio, però, la visione de Il Sospetto. Troppo cupo per il pubblico americano, è un piccolo gioiello sulla psiche collettiva magistralmente retto dal volto segnato di Mads Mikkelsen.
Miglior Film d’Animazione
Vittoria annunciatissima e senza rivali di Frozen, “classico” film Disney, peraltro molto ben curato e diretto. Il nuovo film di Miyazaki è anche più bello, ma la Giuria americana non capisce il cinema di Miyazaki, troppo culturalmente distante da lei. Voi, però, andate a vederlo: l’estetica e la sensibilità europea sono più facilmente accomunabili a quelle orientali.
Si concludono qui i pronostici. Se ne indovino 6 su 8, offrite da bere.
Alessandro Pigoni
SPOILER WARNING
A mio giudizio la scena più bella del film, quella che meglio fotografa l’ evoluzione del protagonista, é quella del supermercato, in cui Ron incontra un suo vecchio amico e, invece di annuire alle sue affermazioni omofobe, lo costringe a stringere la mano a Rayon.
Bellissima anche la scena finale, in cui Ron riesce a stare in groppa al toro: é una sottile metafora per dire che é riuscito, se non a sconfiggere, quantomeno a domare la terribile malattia che l’ aveva colpito.