Nick Cave | La morte di Bunny Munro
Running Scared
Just running scared each place we go
So afraid that he might show
Yeah, running scared, what would I do
If he came back and wanted you
Just running scared, feeling low
Running scared, you love him so
Just running scared, afraid to lose
If he came back which one would you choose
Then all at once he was standing there
So sure of himself, his head in the air
My heart was breaking, which one would it be
You turned around and walked away with me.
*
Docciato, lisciato e deodorato, Bunny è chino su un giornaletto scandalistico nella sala colazione del Grenville Hotel. Indossa una camicia pulita a rombi color rosso scuro e si sente di merda, ma è relativamente ottimista. Devi esserlo, dopotutto, se vuoi stare al gioco.
*
Ho sentito dire non ricordo dove, probabilmente durante un viaggio astrale, che Nick Cave tende a considerarsi, così, senza troppo impegno e senza voler dare troppo nell’occhio, la reincarnazione di Elvis.
Non saprei.
Per ciò che riguarda la scrittura mi sento di considerarlo, così, sempre senza troppo impegno e senza voler dare troppo nell’occhio, non so – DOSTOEVSKIJ?
Sì, esattamente quell’animalità che ti obbliga a compiere certe azioni nefande e il successivo inevitabile senso di colpa ancestrale che ti rosicchia pian piano lo stomaco e tutto l’apparato digerente a seguire. Proprio quella sensazione lì, calda, viscerale.
Francamente, non è facile essere all’altezza di Nick Cave.
Nemmeno lui ci riesce.
*
La morte di Bunny Munro: Cave ha scritto questo romanzo on the road ambientato nella periferia di uno squallido, umido e con un alto tasso alcolemico sud inglese.
Protagonisti di questo viaggio sono Bunny, padre, e Bunny Junior, figlio – giusto per non confonderci le idee e per suggerire una minima coesione e compatibilità tra i due.
Come svela senza troppa timidezza il titolo: uno dei due alla fine muore. E giù lacrime sincere, davvero.
Ma quello che conta è il viaggio, così dicono.
Già l’inizio non promette bene: Bunny padre è un venditore porta a porta di prodotti cosmetici, una sorta di lurido commesso viaggiatore che nel bel mezzo della sua ultima commissione lavorativa – e dell’ennesimo interessante incontro fedifrago – ha una terrificante telefonata con la moglie, riattacca, sente una leggera sprangata sullo stomaco sintomo di una coscienza che ogni tanto fa il suo dovere e torna a casa.
Sì, sinceramente pentito torna a casa ma trova la moglie che penzola nel bagno con addosso solamente la camicia da notte arancione del loro viaggio di nozze e il povero figlio spettatore, Bunny Junior, è in stato confusionale sul divano di casa a sfogliare la sua amata enciclopedia senza riuscire a leggervi neanche una singola parola.
Una moglie suicida e un figlio piccolo che quasi nemmeno conosce di cui farsi carico: questa per Bunny si prospetta proprio come una situazione coi fiocchi, una bella situazione di m.
Si mette un attimo la mano sul mento e pensa al da farsi, scolandosi nel frattempo qualche birra.
Bunny non sa come ci si prenda cura di un figlio, per immaginarvi Bunny dovete pensare a una specie di maniaco sessuale, sociopatico, alcolizzato, affabulatore – è in grado di vendere una bicicletta a un barracuda, così dice perché si dà il caso che non pecchi proprio esattamente di modestia – narcisista, volgare, dotato di mutande tigrate (su questo niente da dire, son gusti) con un’ossessione per la musica ma soprattutto le parti intime di Kylie Minogue e Avril Lavigne e per le varie parti anatomiche in generale, vive o plastiche e, se ancora non fosse abbastanza, dovete pensarlo come una persona totalmente inumana: per lui non esiste spiritualità, non esiste alcuna morale. Ciò che non si può toccare, ciò che non è materiale, ciò che non ha forma, per Bunny non esiste.
*
Poi Bunny Junior capisce perché la cravatta di suo padre lo turba tanto e comincia a pensare agli scarafaggi rinoceronte e al fatto che fanno parte della famiglia degli scarabei, che i maschi usano le corna per combattere gli altri maschi durante la stagione degli amori e che sono tra gli scarafaggi più grossi di tutto il mondo del cazzo.
Padre e figlio prendono coraggio l’uno dall’altro e cominciano finalmente a conoscersi – a scoprirsi diversissimi – quando partono a bordo di una punto gialla per sfuggire alla tragedia e loro meta non è varcare il selvaggio e incontaminato west – siamo pur sempre nel sud dell’Inghilterra – ma completare la lista delle clienti di Bunny, alle quali vendere appiccicosi e costosi sogni di giovinezza sperando che lo sforzo sia ricompensato, mentre Bunny Junior aspetta immobile in macchina leggendo assiduamente l’enciclopedia regalatagli dalla madre, ultimo cimelio di quella che sarà l’assenza più ingombrante della sua vita.
C’è una scena, a proposito di questa attesa, in cui viene descritto il parallelismo tra il sensibile e sognante Bunny Junior che aspetta il ritorno di suo padre in macchina leggendo nell’enciclopedia che l’interno di Saturno ha un nucleo roccioso come quello di Giove mentre suo padre in un appartamento a pochi metri di distanza sfila con un’abilissima mossa le calze ad un’attempata cliente e tu metti un attimo il broncio chiedendoti come sia possibile non ci sia un po’ di coerenza, in questa relazione padre-figlio, e ti arrendi ammettendo che la genetica in alcuni casi è davvero capricciosa.
Bunny Junior, povero dolce Bunny Junior, perso e rifugiato nei suoi pianeti e nelle sue infezioni oculari – forse a simbolo del potere universale della commozione. Sarà in grado di far sentire qualcosa di vero, sincero a suo padre durante il loro primo e ultimo viaggio insieme?
Sì, perché il tempo che hanno a disposizione è il tempo di un viaggio. Un viaggio toccante, amarissimo, un’iniziazione che forse non porta nulla, o forse aiuterà un Bunny o l’altro ad avere una migliore visione complessiva delle cose, alla fine.
*
“Non mi sento molto bene,” dice chiudendo gli occhi.
Bunny junior sente suo padre che dice, “Ti passerà, Bunny Boy,” e la cosa lo fa stare meglio perché lo sanno tutti che non sapere se ti passerà spesso è la parte peggiore dello stare male.
*
Una lettura veloce-veloce che ha l’effetto di un chupito – forse più di uno: lo bevi tutto d’un fiato e al momento ti senti ancora quello di prima ma tempo di un secondo il tuo stomaco è un bacino vulcanico pieno di lava. Così, senza che tu abbia avuto il tempo di prepararti adeguatamente all’evento.
Per i nostalgici o per gli stomaci deboli, anche un gin tonic può rendere l’idea.
*
Il bambino capisce che suo padre ha qualcosa di strano, mentre è là seduto a fare colazione nella sala da pranzo dell’Empress Hotel, ma non può esserne sicuro perché non vede nient’altro da un sacco di tempo.
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titolo | La morte di Bunny Munro
autore | Nick Cave
editore | Feltrinelli
pagine | 261
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