10 minuti è il tempo che impiego, per tornare a casa.

Il tragitto è lo stesso che compio anche al mattino, prima di legarmi ad una sedia per combinare qualcosa con i miei studi e ripetermi il mantra, di Alfieriana memoria: “Volli, sempre volli, fortissimamente volli”.
In realtà vorrei ancora il caldo abbraccio del piumone e il Puddingteilchen, della Zimmermann Backerei di Colonia (una porzione di felicità ripiena di soffice budino alla vaniglia e senso di colpa), ma i doveri incombono e la strada risulta pesante.
Tuttavia quel km scarso che mi separa dal rincasare, alla sera, è diverso. Non solo perché è in discesa, ma perchè, avvolto nel buio, è il mio tempo. Quello in cui cerco di camminare in posizione eretta, perchè di Alfieri non ho la volontà, ma di Leopardi ho sicuramente la gobba.
Ricordo di stringere i glutei, perchè oltre al freddo – che solo in Kamcatka è simile- i workout della Butt Bibble non sono mai sufficienti. Divento regista dei film mentali (tendenzialmente tristi come Her, perché sono immancabilmente sfigata come Theodore) e li stronco con impietose recensioni, che nemmeno Goffredo Fofi scriverebbe.

Quello che più amo, non è esser il dj delle mie fantasmagorie, perchè quella categoria è troppo cool per potermi identificare; io sono quella che mette i dischi, a cui non interessa partecipare alla festa, ma aver il potere di farla (anche) fallire.

Veramente ci vorranno solo una decina di minuti, mi accompagni? Sì, bene! Ora taci, mettiti le cuffie e ascolta.

 

Interpol – My Desire

Be my desire
I’m a frustrated man

Nel 2014, Paul Banks tornava a cantare di tristezza e storie travagliate, gonfie di emozioni e calore, ma ingabbiate dai venti gelidi di un’ipotetica metropoli, ma soprattutto della linearità della melodia.
È come indossare un paio di pantaloni che adori, ma che non vanno più. Chi sperava di rivedere gli Interpol del passato deve accontentarsi di questo sapore agrodolce. Ci hanno dato un pezzo affabile, un album El Pintor gradevole, ma ora
I feel you Erased.

 

Portishead – Elysium
Il mio paradiso pagano è la voce di Beth Gibbons. È come questa passeggiata nell’inverno.
Rieccheggia i Joy Division: una discesa negli anfratti più oscuri della musica. Manifesto di desolazione e smarrimento del Trip Hop e della raffinatezza di Geoff Barrow.

If you felt as I would you betray yourself
But you can’t deny how I feel
And you can’t decide for me

Portishead è un album che forse convince meno di Dummy, ma rimane il canovaccio: chitarre stralunate, sezioni di archi, bassi dub, moog. Ma tutto si fa ancora più narcotico, tortuoso ed ermetico. Mi ricorda quasi una puntata di Twin Peaks.
Se non ti piacciono i Portishead è perchè ami di più i Massive Attack di Mezzanine ( non sono disponibili ulteriori alternative).
Ps. il 20 Gennaio esce la ristampa del doppio vinile di due loro dischi: Portishead e Third

 

Nada – Senza Un Perché

Lei non parla mai lei non dice mai niente
Non è poi così strano se chiede perdono
E non ha fatto niente

Lo so che i 10 minuti sono passati e sono quasi sotto casa, ti chiedo scusa, anche perchè di solito non sono così verbosa, anzi, piuttosto silenziosa e acida, ma cambiamo registro. Ho il ritmo nel sangue dei Groenlandesi (cit. The Young Pope), quindi ti rubo 2 minuti e 46.
Nada Malanima è magnetica, quasi sensuale, ma in maniera “grezza”. Mi ricorda quasi Pj Harvey, ma non mi piacciono i paragoni. Lontani i tempi di Ma che freddo fa. Descrive una donna malinconica ma leggera; è commovente. È pieno di anima, di Malanima.
Non c’è niente di meglio che stare in silenzio e pensare al meglio
A un’estate leggera
Che qui ancora ancora non c’è

Una tortura? Ho fatto fallire questa passeggiata? Spero di no. Magari ci incontriamo ancora? La prossima volta metti tu i dischi (magari). Non ti tedio oltre, è tardi. Come direbbero i The Cure – Let’s go to the bed (ognuno nel suo, eh).

 

Lorenza Sobrero

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