Meritare Matera
Il viaggio inizia sulle ferrove Appulo-Lumache: così i Materani chiamano il trenino che percorre più o meno diligentemente il tragitto tra Bari Centrale e Matera, 1 ora e 35 di dondolii e alberi di ulivo che sfrecciano senza troppa foga fuori dal finestrino. “Li volete? Li ho fatti io!” ci chiede tutta orgogliosa la signora seduta davanti a noi, estraendo dalla borsa dei dolcetti glassati: mentre li sgranocchiamo ci racconta orgogliosa dei suoi figli che vivono come noi al nord, e uno è maresciallo di finanza a Milano, un lavoro importante, al paese tutti lo conoscono e lei va spesso “su” a coccolare i nipotini. La scena mi appare già un po’ surreale: parecchi nordici avrebbero rifiutato straniti, o al limite si sarebbero ben cosparsi di Amuchina prima di accettare cibo da uno sconosciuto. Ma il sapore di questa glassa al limone e il sorriso di questa signora sono solo il primo assaggio di Matera.
Molte città si offrono senza particolare resistenza né calore, subendo rassegnate l’invasione dei turisti: questa signora dal fascino fuori dal tempo invece si emoziona per la visita di chi bussa alla sua porta, ancora incredula che qualcuno trovi belle le sue rughe o voglia ascoltare i racconti della sua giovinezza.
Eliana, che ho conosciuto nel corso in un viaggio in bicicletta attraverso l’Italia che cambia (sì, cambia, credetemi) ci accoglie con il sorriso che non vedevo l’ora di rivedere. Il suo bed and breakfast è una tana in mezzo ai sassi, un luogo magico dove una vecchia teiera diventa una lampada e la mattina si inizia la giornata con marmellata fatta in casa e ciambelle profumate di fiori e agrumi. Suo fratello, che gestisce il ristorante in cui ceniamo la nostra prima freddissima sera, si siede al tavolo con noi mentre ordiniamo e spiega la provenienza di ogni suo ingrediente. Ordino appositamente il piatto più semplice, per scoprire che gusto ha davvero la storia che mi è stata raccontata: i ceci che mangio, così, con giusto un filo d’olio, hanno un sapore sorprendente, qualcosa che non ho mai lontanamente percepito nell’hummus di cui mi ingozzo agli aperitivi.
Eliana ritratta da me in un suo luogo del cuore, che è diventato un po’ anche mio.
I Materani hanno gli occhi che brillano quando ti raccontano il loro territorio. Ti aiutano a scoprirlo attraverso i loro occhi innamorati, offrono i propri prodotti con una passione che è stata loro tramandata fin da bambini. Il fornaio ti parla dei grani antichi con cui produce il suo pane con lo stesso orgoglio di cui si parla di un figlio, il vinaio ti incanta con storie affascinanti di vendemmie alla luce della luna, la cameriera che porta le verdure al tuo tavolo è amica di chi le ha coltivate e raccolte.
La storia di Matera è luce e ombra, orgoglio e vergogna. I locali non la offuscano né la esaltano: te la narrano come l’hanno vissuta o gli è stata raccontata da nonni e genitori. Ecco allora che qualcuno rimpiange la vita tra i sassi, le giornate a correre tra le pietre con i figli dei vicini e la pelle abbrustolita dal sole, il pane cotto insieme nel forno in comune, le congreghe di anziane sedute nelle corti di pietra. Altri raccontano che la nonna i sassi non li vuole nemmeno più vedere dalla finestra: perché sono memoria di buio e polvere, febbre e una vita che fu considerata una vergogna per l’Italia intera.
Ora che questi stessi luoghi hanno valso alla città il titolo di Capitale Europea della Cultura 2019, molto sta cambiando. Il flusso di stranieri è iniziato dopo il film di Mel Gibson, quella Passione che ha trasformato per l’ennesima volta Matera in Terra Santa, consegnandola alla notorietà mondiale. Molti abitanti si sono divertiti ad apparire come comparse, altri non hanno apprezzato l’invasione. “Un giorno mi sono svegliato, e là, in cima all’altopiano, c’erano tre croci. L’altopiano che ho visto per tutta la vita dalla finestra, con tre croci sopra! Non era una bella vista, proprio no.” racconta scuotendo la testa un anziano signore che vende saponi naturali e sculture in legno.
I locali sono divisi sulla notorietà improvvisamente acquisita: c’è il desiderio e il bisogno di lavorare, ma anche la paura di perdere la propria identità culturale. Matera è mal collegata, divisa da stazioni e aeroporti con navette non particolarmente frequenti e trenini che durante le festività lavorano lo stretto necessario, quasi per permettere a chi li guida di godersi le sacre feste in famiglia.
“Meglio così, non vogliamo certo invasioni.” Mi dice una negoziante, incartandomi con cura nella carta velina una bella tazza dipinta a mano. “Chi vuole venire aMatera in qualche modo ci arriva. Servirla così, su un piatto d’argento, la renderebbe alla portata di tutti. Noi vogliamo un turismo selezionato, consapevole, non il mordi e fuggi che viene qui in un paio d’ore per scattare qualche foto. Matera non se lo merita, non è così che deve essere vissuta.”
“La città è di aspetto curiosissimo, viene situata in tre valli profonde nelle quali, con artificio, e sulla pietra nativa e asciutta, seggono le chiese sopra le case e quelle pendono sotto a queste, confondendo i vivi e morti la stanza. I lumi notturni la fan parere un cielo stellato”
Matera ha un cuore grande, una bellezza consumata, una grande umiltà. Va vissuta abbandonandosi a chi sa come viverla: meno decisioni si prendono, meglio è. Lasciate scegliere ai Materani cosa portarvi da mangiare, quale vino portare in regalo a casa, la chiesa rupestre più bella da vedere. Non che ci sia una scelta giusta o una sbagliata: l’unica certezza è che sarà un consiglio autentico, donato con il solo fine di farvi vivere la città nel miglior modo possibile.
Perché possiate tornare a casa a raccontarla, invitando altri a sfidare orari ostici e lunghe ore di viaggio per andare a scoprire lei e la sua gente. Con consapevolezza e cuore aperto, come si meritano.
Ottavia Mapelli
[…] la Route 66, ma abbiamo la Basilicata. Dalla costa verde di Maratea, al bianco ancestrale dei sassi di Matera e dei calanchi fantasmi di Craco, la varietà di vedute supera quasi quella a stelle e strisce […]
non è vero in Danimarca nello Jutland c’è una grande città collegata peggio di Matera si chiama Aarhus ed è la principale città dello Jutland e nel 2017 diventa capitale europea della cultura. ma il suo aeroporto non ha voli internazionali diretti nemmeno con i più grandi aeroporti europei come Londra Amsterdam e Francoforte. C’è un altro aeroporto internazionale a Billund a 100 km da Aarhus ma non è nemmeno servito dalla ferrovia. qui sto parlando di una città che fa quasi 400 mila abitanti altre città europee che hanno questo numero abitanti hanno voli internazionali. ad esempio Matera e già collegata meglio di Aarhus visto che è collegata con la ferrovia con Bari dove c’è l’aeroporto internazionale.
Ciao Marco! Questo articolo è stato scritto in riferimento alla sola città di Matera, senza voler fare alcun tipo di confronto con precedenti o passate capitali della cultura europee. L’intento del pezzo è quello di raccontare una città che – peraltro forse anche grazie al suo isolamento – si mantiene quasi intatta nella sua essenza. Ti ringraziamo per il suggerimento sulla città di Aarhus, prima o poi andremo anche lì!
[…] 2014 è stato un anno importante per Matera. Il primo motivo è il mio passaggio in bicicletta, una visita breve ma incantevole con un tramonto […]