Lucio Corsi e la grammatica della fantasia

Lucio Corsi e la grammatica della fantasia

Lucio Corsi

“Una volta Alice Cascherina andò al mare, se ne innamorò e non voleva mai uscire dall’acqua.
– Alice, esci dall’acqua – la chiamava la mamma.
– Subito, eccomi – rispondeva Alice. Invece pensava: – Starò in acqua fin che mi cresceranno le pinne e diventerò un pesce”

I piedi a divertirsi con la sabbia e le mani intrecciate dietro la nuca, giovedì pomeriggio me ne stavo sulla spiaggia di Cervia a godermi una bellissima competizione di aquiloni, regalo imprevisto al mio ultimo giorno di mare di questa strana estate. In un cielo dall’umore variabile ne volteggiavano di ogni foggia e colore, mentre i bimbi cercavano di far prendere quota alle proprie versioni in scala di quelli che gli adulti in gara, lì vicino, maneggiavano con tanta destrezza.

In particolare, ce n’erano due che trotterellavano intorno a me e mia madre con un draghetto verde, e non c’era proprio verso che il volo incerto di quella strana bestia somigliasse a quello che dovevano essersi immaginati poco prima, in coda con i genitori alla bancarella che ne smerciava a carrettate. Eppure, con la testardaggine speranzosa che solo quell’età può avere, continuavano imperterriti: si sa che le lenti colorate attraverso cui i bambini guardano la realtà creano mondi caleidoscopici in cui i tristi lacci e lacciuoli della vita adulta – gravità compresa – non contano nulla. Anzi, meglio: non esistono.

E mentre rimiravo divertito quello spettacolo circense chiamato infanzia, nelle mie orecchie si srotolavano poetiche le canzoni di Cosa faremo da grandi? – non so più se per davvero, in cuffia, oppure se immaginandole, poiché semplicemente la scena aveva ai miei occhi quel preciso suono. Un disco, il nuovo di Lucio Corsi, che ho letteralmente consumato in questi mesi, tornandoci ogni volta avessi mezz’ora a disposizione per trovare conforto e calore in fantasie tenere e spiazzanti, che conservano intatto il potere immaginativo dei più piccoli.

Un disco che ti dice che puoi trasformarti in pesce, se ti piace nuotare; che fa prendere vita agli aquiloni che stai guardando e fantasticare sul viaggio che hanno fatto per arrivare fin lì.

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“Il signore, scoraggiato, stava tornando a riva quando vide il suo naso che, steso sull’acqua un mantello, come San Giulio nella leggenda, navigava a piccola velocità.
-Dunque non hai preso il battello? È stata tutta una finta? – gridò quel signore.
Il naso guardava fisso davanti a sé, come un vecchio lupo di lago, e non si degnò neanche di voltarsi. Il mantello ondeggiava dolcemente come una medusa”

Tre anni fa erano state le fiabe folgoranti del Bestiario Musicale a rivelare l’estro creativo del songwriter grossetano, tra lepri che si facevano beffe di russi e americani e arrivavano per prime sulla luna, istrici legati per la coda e venduti a mazzi al posto dei fiori e lupi cui si augurava ogni male – perfino l’accalappiacani! – ma che in verità ci salvavano tutti quanti. Non serviva molto, a Corsi, per incantare: giusto una chitarra acustica e un carillon di pianoforte, un po’ di vaudeville e un po’ di glam a spina staccata. Dylan e Bolan, penserete voi se non l’avete mai ascoltato, e invece i modelli principali erano italianissimi, eroi laterali come Ivan Graziani e Bruno Lauzi.

Musica per bambini, si è detto giustamente in giro, però è una faccenda da chiarire bene. Queste canzoni sanno parlare anche ai bambini, certo, ma soprattutto perché sono scritte con la stessa disposizione mentale di chi vede davanti a sé un orizzonte in cui l’unico limite è il cielo, dove si può essere tutto ciò che si vuole e ogni cosa è una sorpresa meravigliosa, ha una storia e parla una lingua subito comprensibile. Come in un film di Hayao Miyazaki, qui non c’è bisogno di spiegare una lepre nello spazio: nei pezzi di Lucio Corsi la magia non chiede il permesso; è lì, e sta a te accettarla come un fatto oggettivo oppure levare le tende.

Ci ha messo un po’, il nostro, a dare un seguito a quelle visioni, ma ne è valsa la pena: Cosa faremo da grandi? vanta la stessa qualità e la stessa concisione, ma suona ben più ricco e vario, un viaggio in barca col sole in faccia nel mare del glam-rock anni Settanta – ma non una barca lussuosa, per carità: qui c’è solo quello che serve, e si sente il vecchio legno scricchiolare mentre ondeggia quieto prendendo il largo. È Francesco Bianconi dei Baustelle in persona a contribuire alla produzione e agli arrangiamenti, suonando pure strumenti determinanti per il risultato finale (mellotron e moog, tra gli altri); e poi, oltre a questo, tutta una bella orchestrina giocattolo di chitarre elettriche, vibrafoni e archi assortiti.

Canzoni di levità assoluta, che vanno di qua e di là per l’Italia a seconda di dove le portino vento e acqua. Un film di Miyazaki, sì, ma scritto da Gianni Rodari.

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“Andrà lontano? Farà fortuna? Raddrizzerà tutte le cose storte di questo mondo? Noi non lo sappiamo, perché egli sta ancora marciando con il coraggio e la decisione del primo giorno. Possiamo solo augurargli, di tutto cuore: – Buon viaggio!”

Ammalia fin dagli involucri, Cosa faremo da grandi?, dalla copertina che come sempre è un dipinto della madre di Lucio fino ai bellissimi cortometraggi di Tommaso Ottomano, che dicono di un’attenzione al production value e al dettaglio estetico che tradisce influenze glam e cinematografiche: il frame che sta in cima a questo articolo è praticamente una replica di parecchie inquadrature di The Master di Paul Thomas Anderson. E ogni video aggiunge dettagli significativi all’immaginario delle canzoni di Corsi, che vivono prima e dopo il momento in cui le ascoltiamo in questa forma – in quello della title-track la chitarra impigliata nelle reti dei pescatori si chiama Surprise, il nome della storica barca di Ambrogio Fogar.

Il suono si fa a tratti più elettrico, con riff di chitarre armonizzate da far invidia al Mick Ronson del periodo Ziggy Stardust – del resto, per chi ha visto uno dei fantastici live di Corsi, questa non sarà una novità: sul palco è un trionfo seventies di elettriche, zeppe, pantaloni a zampa e pose ironiche.
Ma anche quei momenti più classicamente rock sono stemperati dalle melodie allo zucchero filato e dalla sognante imprevedibilità delle parole: in Freccia Bianca la nostalgia di casa è un viaggio in treno in cui il buio di una galleria “ci mastica e ci sputa” come in un cartone animato, mentre le cime delle Alpi, appena avvistate, sono armi bianche che tagliano la gola; Amico Vola Via – che davvero potrebbe essere un inedito di Rodari musicato da Endrigo e arrangiato da Bacalov – è un’ode al volo libero, al permettersi di mettere le ali invece di appesantirsi le tasche di sassi per ancorarsi al suolo.




A volte sono piccoli accorgimenti a rendere ancora più evocativi i pezzi, e dite voi se la marimba di Onde non vi ricorda le minuscole sinfonie involontarie delle drizze delle navi ormeggiate e battute dal vento; però, più di tutto, lascia sbalorditi la facilità con cui Corsi regala strofe e ritornelli a ruota libera, anche quando sembra che stia solo giocherellando per i fatti propri con corde e rime – accade in Senza Titolo, talking blues a passeggio sul mappamondo.

A far da cornice a queste fantasticherie irresistibili pensano poi i due momenti più intensi: non c’è bisogno di conoscere il nome della Ragazza Trasparente di cui si canta alla fine – con delicatezza, facendo attenzione a non svegliarla – per sentire sulla pelle la malinconia pensierosa dell’autore, così come Cosa faremo da grandi? mette in chiaro da subito che alla domanda del titolo non ci sarà risposta, e che anzi sarà salutare emanciparsi dall’ansia di arrivare che questa impone a ciascuno di noi. Intorno, intanto, è un fiorire di pianoforti, viole e violini che hanno la consistenza di nuvole su cui ci s’immagina di adagiarsi, passando il tempo a fischiettare queste melodie indimenticabili.

Non somiglia davvero a nessun altro musicista contemporaneo, Lucio Corsi, magnifico gambero che si rifiuta di camminare all’indietro come il resto della famiglia, cantastorie che zaga romantico e personale mentre tutti gli altri zigano cinici e replicabili. E Cosa faremo da grandi?, aquilone inafferrabile, è un piccolo miracolo che ricorderemo nel tempo.

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Titolo | Cosa faremo da grandi?
Autore | Lucio Corsi
Etichetta | Sugar
Anno | 2020
Durata | 28’

Nota: le citazioni all’inizio di ogni paragrafo sono tratte da Favole Al Telefono di Gianni Rodari. Nell’ordine: Alice Cascherina, Il Naso che Scappa, Il Giovane Gambero

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