Lucifer Rising, il paganesimo psichedelico di Kenneth Anger
Può succedere di rimanere affascianati da una persona tanto da volergli dedicare una parte del proprio lavoro, soprattutto quando la figura in questione è dotata di immensa personalità. Così Kenneth Anger dedicò alcuni anni della propria vita ad immaginare un film che riprendesse la figura di Lucifero descritta dal grande occultista Aleister Crowley nel suo Inno a Lucifero. Un daimon, più che un demonio, in cui coincidono le somme di tutto il bene e di tutto il male. Ma soprattutto un portatore di luce, nella selva folle di correnti culturali che erano gli anni ’60.
Ci vollero più di 5 anni, complessivamente, per giungere ad un risultato di soli 28 minuti, Lucifer Rising. Eppure sono 28 minuti di esaltante psichedelia. Senza parole, vengono rappresentati riti di invocazione in varie epoche e regioni del mondo (Egitto, Germania, Inghilterra), su altrettanti luoghi considerati “sacri” dal paganesimo non solo europeo. Lucifero sembra essere adorato (ed essere lui stesso) da giovani hippie e proprio in questa commistione fra il paganesimo e modernità risiede l’intuizio di questo corto. I giovani sembrano smarriti nel marasma culturale, fra new age, vecchie credenze e slanci per i futuro. Tanto dispersi da necessitare una guida che porti luce nelle loro menti e nelle loro vite. Così alla folle impresa di Anger si unirono altri artisti, fra cui Jimmy Page e Mick Jagger (le cui musiche vennero usate per un altro corto), la sua fidanzata Marianne Faithfull e il fratello Chris Jagger, entrambi scritturati come attori nel corto.
Le immagini si suggeguono frenetiche, coloratissime, sparate a raffica da un montaggio indiavolato (appunto). Anche se non sempre i riti sono comprensibili a noi che non siamo iniziati, la fascinazione della ritualità ci pervade e ci guida, sotto l’egida del magus Anger. Oltre ad essere una festa per gli occhi, il corto è anche supportato da una colonna sonora di rock psichedelico ad alto volume, che segue il montaggio nei suoi tempi sincopati. Le musiche sono composte da Bobby Beausoleil, che all’uscita del film era in carcere per un omicidio, ed intratteneva stretti legami con la comunità di Charles Manson. Un tipino raccomandabile assolutamente in linea con un cortometraggio che corre a perdifiato lungo le strade della psichedelia.