Listone dei film preferiti dalla nostra Redazione nel 2022

Listone dei film preferiti dalla nostra Redazione nel 2022

Le tradizioni vanno rispettate. Anche quando ci sono i canditi nel panettone, mannaggialloro. Pure con l’uvetta, dannata infingarda che si spaccia per gocce di cioccolato e poi ci frega al primo morso.

E quindi, come da tradizione, eccoci qui a stilare la nostra lista dei migliori film del 2022 per la nostra Redazione.

Prima di iniziare, un breve disclaimer: è molto probabile che se i film sono usciti al cinema negli ultimi 10 giorni NON siano in questa lista, semplicemente perché qualcuno di noi in Redazione ha anche una vita. Quindi, se non trovate il vostro film prefe in questa lista le possibilità sono:

1- Non abbiamo fatto in tempo a vederlo, è uscito ieri al cinema;

2- Non ci è piaciuto, #sorrynotsorry;

3- A qualcuno è piaciuto, ma poi è caduta la mannaia di quel cerbero di Ale Pigoni. Tipo con Pleasure su MUBI; eddai su, ma davvero?

Il nostro censore quando si parla di Pleasure

 

Come dicevamo, ecco i film che ci sono piaciuti di più fra quelli usciti in Italia nel 2022 (tipo The Banshee of Inisherin ci è piaciuto assai, ma qui esce a Febbraio 2023).

Iniziamo!

 

 

Crimes of the Future, David Cronenberg

Il ritorno di Cronenberg era atteso e non ha deluso. Crimes of the Future è una summa della poetica del regista e anche qualcosa di più. Dentro c’è l’indagine del dolore come fonte di piacere (come in Crash e Inseparabili), le macchine biologiche di ExistenZ, il miglior body horror; ma ci sono anche svariati livelli di lettura sull’evoluzione della specie umana, sull’ambiente e sul postumanesimo. Una società dove il corpo ha assunto valore artistico, dal momento che ha perso la capacità di provare dolore. Quello che rimane è la possibilità di evoluzione, l’idea di andare oltre la condizione dall’attuale umanità.

Sorretto da un cast eccezionale e da una fotografia cupa e bellissima, Crimes of the Future è una piccola deflagrazione della nostra immaginazione e senza dubbio il miglior film di questo 2022.

 

Memoria, Apichatpong Weerasethakul

Il cinema di Weerasethakul non è mai un cinema facile, né in termini di visione né in termini di senso; e questo Memoria ne è l’ulteriore riprova. A tratti sembra quasi di vedere Tilda Swinton vagare per delle istallazioni audiovisive. E proprio l’udito è una delle forze che muovono il film, dove una sorta di rumore o boato viene percepito dalla protagonista (e solo da lei) e mette in moto la sua ricerca.

Il film si prende tutto il tempo per mostrarci cioè che vuole, con la camera che si muove a tratti lentissima sulle scene. In queste, il regista semina dei dettagli che le ricongiungono, oltre alla stessa protagonista. La memoria è una stratificazione di esperienze differenti, vite diverse che scorrono in noi; la protagonista lentamente si rende conto di questo: forse sta vivendo vite differenti, forse stiamo osservandola in tempi storici diversi, forse non è neppure sempre lei. Fino all’incontro con una sorta di sciamano, che invece che dare risposte aumenta il numero delle domande.

La visione non è sempre facile, ma rimane grandissimo cinema. Distribuito alle nostre latitudini da MUBI.

 

Nope, Jordan Peele

Jordan Peele non sbaglia un colpo. La sua incredibile capacità di usare i generi a suoi piacimento ed in maniera del tutto personale, per raccontare storie con messaggi politici e razziali fortissimi, si conferma con Nope. Questa volta lo sci-fi si cala nell’America della televisione e dell’intrattenimento, creando una storia che usa aspetti eruditi (a partire dall’intro dedicata Eadweard Muybridge) mescolati a cultura popolare. Ma soprattutto il film di Peele è un grande film di intrattenimento: un blockbuster, ma senza quella connotazione negativa che negli ultimi anni ha assunto da noi. E non a caso, il primo riferimento che viene in mente è proprio Spielberg, dallo Squalo in poi. Con tanto di completo “ribaltamento” (nel senso e nello svolgimento) di una iconica scena di Incontri ravvicinati del terzo tipo.

L’occhio nel cielo diventa grande metafora della visione e della ripresa, del teleobiettivo e della rappresentazione della visione cinematografica e della sua ossessione voyeristica. Un film (finalmente) da vedere al cinema, che prende materiale dal grande cinema americano (non solo sci-fi, ma anche western) per masticarlo e risputarlo in maniera personalissima.

 

RRR, S. S. Rajamouli

Impossibile non inserire nella lista dei migliori film dell’anno RRR. Per una serie di ragioni, l’ultimo film di S. S. Rajamouli diventa di diritto una pietra miliare ed un film che segna un innalzamento dell’asticella: innanzitutto, segna il definitivo sorpasso del cinema in lingua Telugu sul cinema di Bollywood (ne parleremo a breve, qui su SALT, stay tuned!); inoltre, è il film indiano più visto al di fuori dei confini di sempre. Tanto che Netflix ha deciso di distribuirlo.

Ma queste sono quisquilie, i numeri al botteghino non ci interessano. Il fatto è che RRR è un film clamoroso. Succede di tutto, come solo nei film indiani è ancora possibile vedere, con una inventiva che la Hollywood moderna si sogna. Se non avete mai guardato un film indiano, guardatelo; se amate i film indiani, guardatelo. Se vi piace il cinema, fatevi un regalo e guardatelo. E poi nelle prossime settimane ne parleremo insieme

 

Pinocchio, Guillermo del Toro

Può una delle storie più riproposte (e datate) dell’arsenale Disney avere, ad oggi, ancora qualcosa da dire? Sì se la si affida a un regista “de panza” quale Guillermo del Toro è universalmente riconosciuto essere.

E come se la cava il Cicciopanzo di Guadalajara? Benissimo, fino al primo tempo: un Pinocchio così tetro, grottesco, quasi macabro, non si era non solo mai visto ma neanche immaginato. Nella seconda metà film succede qualcosa (ancora devo capire cosa) e la storia ripiomba un po’ troppo violentemente su binari se non classici almeno canonici.

Ma resta comunque il miglior Pinocchio dai tempi di Collodi.

[Quest’anno peraltro Guillermo del Toro si è dato assai da fare. E vi consigliamo di recuperare anche il suo Cabinet of Curiosities o, se avete poco tempo, solo l’episodio intitolato The Viewing. Perché è una bomba]

 

Triangle of Sadness, Ruben Östlund

Dopo aver vinto la Palma d’oro al 75º Festival di Cannes, il nuovo film di Östlund è arrivato anche da noi. Come sempre, il regista confeziona una commedia tragica, intrisa di incredibile humor nero. Le prime due parti (soprattutto la seconda) sono strepitose e riescono sia a far ridere fino alle lacrime, che a lasciare cadere alcuni dei dialoghi più belli degli ultimi anni (tutta la lunga sequenza fra il Capitano ed il magnate russo). La terza parte è forse la meno forte, troppo lunga e abbastanza telefonata nei suoi colpi di scena.

Al di sotto delle risate, però, Triangle of Sadness è un film profondamente negativo nel suo messaggio. Le interazioni di potere tendono a ristabilirsi in qualunque tipo di società: se anche i sottomessi non conoscono nessun alternativa reale, allora quando assumeranno il potere ri-insceneranno le stesse dinamiche, solo a parti invertite. Sembra si sentire Mark Fischer e l’impossibilità di uscire dal capitalismo.

 

Le otto montagne, Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch

Si capisce fin dall’inizio che quella tratta dal libro di Paolo Cognetti (ve ne avevamo peraltro parlato qui)  è un lavoro sul quale non si è badato a spese quando i primi 5 minuti li passate a guardare scorrere un’infinita carrellata di aziende che hanno coprodotto questo film (Wildside, Rufus, Menuetto, Pyramide Productions, Vision Distribution, ecc ecc).

Quando – finalmente – inizia, l’altra sorpresa: è girato in 4:3. In un primo momento colpisce, poi ci si abitua e si rispetta la scelta.

La trama del libro è fedelmente rispettata. Gli attori protagonisti nei ruoli di Bruno (Alessandro Borghi) e Pietro (Luca Marinelli) sono ineccepibili. Una critica ironica, forse, a Borghi che nell’enfatizzare l’accento montanaro sembra a tratti il Pojana di Propaganda Live (Andrea Pennacchi, e cogliamo l’occasione per segnalarvi la sua fantastica performance nella serie Netflix ‘Tutto chiede salvezza’, già che ci siamo).

Un’amicizia maschile di poche parole. Ruvida come sa essere ruvida la montagna. A tratti poetica come i paesaggi come i paesaggi alpini in cui si svolge. Uscirete forse pensando ‘come sempre in questi casi è meglio il libro’, perché come ogni film che da un libro deriva, è la nostra immaginazione soggettiva che il regista deve sfidare. Ma forse stavolta direte anche ‘era meglio il libro, ma ne valeva decisamente la pena’. 

 

MENZIONI D’ONORE – ovvero film che non potevamo non infilarci in qualche maniera, perché sarebbe stato davvero scorretto:

Avatar 2 – La via dell’acqua, James Cameron

Scrivere di un film di più di 3 ore in poche righe – a prescindere dal film – è impossibile. Se poi il film in questione si porta dietro un’aura da “film evento in grado di redimere l’intera industria” nonché la responsabilità di dover incassare in pochi mesi il PIL di una nazione centrafricana la situazione diventa ridicola e rischierei di dirvi ciò che vi stanno dicendo tutti: “impianto visivo wow, trama meh” che però è come andare al Louvre e lamentarsi che la carta da parati non regge il confronto coi quadri. Che poi non è manco del tutto vero, ma per quello magari ci riaggiorniamo in un articolo dedicato.

 

Mad God, Phil Tippett

Un film in stop motion creato lungo 30 anni di carriera da uno dei più importanti effettisti di Hollywood (quello che ha vinto l’Oscar per Jurassic Park, tanto per capirci). Tippett crea un mondo malato dove creature di ogni tipo si azzuffano, si sbranano, senza un apparente finalismo. Un viaggiatore solitario, con una missione, attraversa questo mondo che anche noi impariamo a conoscere attraverso i suoi incontri.

Un mondo creato da un malvagio demiurgo, dio e burattinaio, che manda al macello le sue creature. E anche il nostro viaggiatore è una sua creatura, mandata dal suo creatore in un mondo tritacarne, dove l’unica possibilità rimasta è la decadente curiosità.

Visivamente maestoso, epico ancor prima che filmico.

 

 

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