Limonov: biografia (dis)onesta
Mi sono ritrovata fra le mani Limonov nel pomeriggio tardo e accecato di un luglio catanese. 2014. Era già sfumato il caso editoriale, il Prix Renaudot impolverato sulla mensola – Carrère e la sua creatura stampata Adelphi Fabula stavano a -40%, in bella mostra sopra al baracchino mobile che con i suoi libri ingialliti nobilitava via Etnea.
Ho adottato queste pagine macchiandole subito d’olio e profumo d’arancini. Correvano senza freno. In Sicilia, coi gatti e gli agrumeti, poi sugli aerei, poi sulla terrazza del NAB, nei pochi attimi di quiete. Di quel mese con Carrère a cavallo dell’Europa ricordo gli occhi che rifiutavano di abbandonare il testo, la prosa chirurgica, il glorioso sbandare di un protagonista cartaceo di carne e d’ossa.
Limonov è una persona vera. Non poeticamente, vera sul serio. Vera sui fogli dell’anagrafe, sui registri delle imprese, negli elenchi dei partiti. È nato nel ’43, in un luogo impronunciabile – battezzato Eduard Veniaminovich Savenko, da genitori mediocri. Questa mediocrità lo farà inorridire per tutta la vita, votata sin dall’infanzia a brillare come le mine.
Per Wikipedia, è scrittore, poeta e politico russo. Ma Eduard Limonov è stato di tutto: teppista in Ucraina, bastian contrario idolatrato nell’underground sovietico, marito di una modella, barbone, traduttore per un giornale di esuli russi. Poi, domestico di un miliardario a New York (“Steven – il miliardario – è uno snob: l’idea di avere per maggiordomo un poeta russo gli piacerà da matti”), giornalista di grido nella Francia di sinistra, marito di una cantante, soldato nell’assurdo della guerra dei Balcani.
Autore di libri provocatori, molto (uno fra tutti, “Ja, Edička”: verrà elegantemente tradotto in “Il poeta russo preferisce i grandi negri”). Infine, fondatore di partiti anti-regime, di un giornale che si chiama “bomba a mano”, padre di tre figli e marito di una terza moglie. Ma soprattutto, dice di lui Carrère, Limonov è “arrogante, ma di una lealtà a tutta prova. Incapace di indulgenza, ma sollecito, curioso e persino altruista. […] questo ragazzo ha passato tutta la vita a raffigurare se stesso come un farabutto”. Sotto tutte le sue armature di meschinità, Edička non è che un eroe mal riposto nel romanzo russo dell’Occidente. Non cattivo di cuore, ma cattivo di scelta – perché “finchè sei cattivo non sei diventato un animale domestico”.
Limonov è un soprannome affibbiato quasi per caso, tradotto in un destino granitico: come limon, agrume aspro, acido citrico. Come limonka: una parola dolce sulla lingua, che traduce il deflagrare di una granata. È bellicoso, Edička: “ringrazia il cielo per essere se stesso”, detesta Brodskij e Solženicyn perché vincono Nobel e si martirizzano per la giustizia sostanziale nel maremoto che è Arcipelago Gulag. Limonov inneggia a Stalin, ammira Mussolini e Sex Pistols, Banda Baader-Meinhof e mistici orientali. Ma più di tutto, Limonov ha paura: “è terribile scoprire di essere un artista, e forse un essere umano, di second’ordine. È quello che Eduard teme più di tutto al mondo”.
Emmanuel Carrère dipana, in questo libro accecante impossibile da catalogare, due matasse parallele che descrivono il reale sul precipizio del romanzato: la propria vita e quella di Eduard.
Emmanuel conosce Edička molto prima di scrivere il libro della svolta: ne ha letto le opere, lo ha ammirato, poi ha saputo del suo passato da cecchino e del suo partito nazi-stalinista, e lo ha detestato. Ma quando, infine, scopre che Anna Politkovskaja ha strenuamente difeso Limonov e Partito Nazional-Bolscevico* al seguito, si convince ad indagare: per quindici giorni il ragazzaccio gli farà dono della storia della sua vita. Il fatto è che ad Eduard non piacciono i culti di cui non sia destinatario.
Carrère più volte dubiterà, più volte si chiederà se non vi siano omissioni d’orrore o massicci indoramenti di pillole nelle parole di Limonov – ma, dobbiamo ammettere, questo russo poliedrico regala una pagina finale rifulgente: tornerà in Asia Centrale, il luogo che ama di più al mondo, dove i mendicanti “hanno mollato tutti gli ormeggi. Sono dei relitti. Sono dei re. E questo gli piace.”
La fascinazione dell’autore per il suo protagonista è palpabile: pur affermando di sospendere il giudizio, chè “Limonov si crede un eroe, ma lo si può considerare anche come una carogna”, la prosa benigna e il fulgore della rappresentazione scritta ne delineano profili ammirati. Carrère, come un Sallustio postmoderno, pare rievocare per Edička quell’incipit che consacrò Catilina al pantheon dei ribelli: “[…] nobili genere natus, fuit magna vi et animi et corporis, sed ingenio malo pravoque”.
Limonov e Catilina: due carogne – ma cuori maestosi ad incendiare pezzi più o meno piccoli della storia.
titolo | Limonov
autore | Emmanuel Carrère
editore | Adelphi
anno | 2012
pagine | 356
* Partito di opposizione, moderato nonostante le premesse, popolato da studenti e intellettuali, attualmente fuorilegge in Russia.
Buongiorno Ludovica,
(perdona gli errori, ma sono francese)
si, il libro di Carrère é eccelente, ma non fa giustizia al vero Eduard Limonov . Per questo, Carrère dice che é un “romanzo di non finzione”. Puo semblare imposibile, ma il vero Limonov é ancore piu incredibile da quelle che conta Carrère.
Ho fatto un site molto completo sul vero Eduard Limonov. E principalmente un francese (ma facile da comprendere con Google Trad), con ache pagine in inglese e italiano.
Il site si chiama TOUT SUR LIMONOV (“tutto su Limonov”) :
http://www.tout-sur-limonov.fr/
E la prima pagina in italiano :
http://www.tout-sur-limonov.fr/222318824
[…] in modo direttamente proporzionale all’accrescersi del suo imabarazzo. E’ colpa sua se ho perso la testa per Limonov – e se ho perso ancora piu’ tempo a leggerne le opere che, in ulteriore tutta […]