Life is strange | La lotta contro il tempo di Max
Cosa succederebbe se degli sviluppatori di videogame appassionati di serie TV con quel tocco di soprannaturale che strizza l’occhio a David Lynch decidessero di trasformare la loro passione in un videogioco? Salterebbe fuori un piccolo capolavoro come Life is strange.
Per la rubrica “avventure grafiche fuori dall’ordinario”, oggi parlo di questo videogioco, in realtà datato 2015, che ho avuto modo di scoprire solo durante il fatidico lockdown dei mesi scorsi (e che inevitabilmente sarà la causa di altri articoli su SALT nel prossimo futuro N.d.A.). L’avventura, proprio come ogni serie TV che si rispetti, è stata rilasciata dagli sviluppatori di Dontnod Entertainment in cinque episodi, sia in versione PC, che per console e piattaforme mobile.
Il giocatore impersona Maxine Caulfield, diciottenne mingherlina che dimostra meno anni rispetto a quelli che ha, iscritta alla Blackwell Academy di Arcadia Bay, paese immaginario dell’Oregon. Ad Arcadia Bay Max ci ha passato un bel po’ di anni di infanzia prima di trasferirsi in California al seguito dei suoi genitori, ma, oltre ai ricordi del periodo, ci ha lasciato Chloe Price, la sua migliore amica. È il 2013 e Max, appassionata di fotografia sempre accompagnata dalla sua Polaroid istantanea, sta frequentando una lezione tenuta dal famoso fotografo Mark Jefferson.
Come a rompere l’idillio, all’improvviso la scena cambia: Max si ritrova a risalire una collina durante una notte tempestosa. Un cervo la guida fino in cima, fino al promontorio del faro, dal quale può osservare, impotente, lo spettacolo impressionante di un tornado che si abbatte su Arcadia Bay.
Altro cambio di scena repentino, siamo di nuovo nella classe di fotografia. Il sogno vivido ha sconvolto la nostra protagonista, che spera di potersi rinfrescare e tranquillizzare in bagno, dove però irrompe un visibilmente agitato Nathan Prescott, rampollo della più importante famiglia di Arcadia Bay ma con varie rotelle fuori posto, ed una ragazza punk dai capelli blu. I due iniziano a discutere e l’ambiente si scalda. Prescott perde il controllo, tira fuori una pistola, preme il grilletto e in un attimo la ragazza dai capelli blu è stesa per terra, in una pozza di sangue.
Non esattamente la rinfrescata che ci voleva.
Ma i plot twist non finiscono qui. Poco prima dell’intrusione dei due litiganti, Max è rimasta colpita da una farfalla blu, strano ospite per il bagno di una scuola, e ha deciso di immortalarla in una fotografia con la sua Polaroid. Proprio tramite quella fotografia, la protagonista scopre di possedere il potere sovrannaturale di “riavvolgere” il tempo, facendo ritornare la realtà al momento in cui la fotografia che osserva è stata scattata. Così facendo, la nostra è in grado di evitare l’omicidio, mettendo nei guai Prescott e scopre che la ragazza dai capelli blu è nientepopodimeno che la sua vecchia amica Chloe Price.
La possibilità di riavvolgere il tempo è il tratto distintivo principale di Life is strange, perché non è una mera trovata narrativa, ma è parte integrante delle meccaniche di questa avventura grafica in terza persona. Controllando Maxine, potremo infatti interagire con gli altri personaggi, prendere e utilizzare oggetti e tornare indietro di alcuni istanti, cosa che permette non solo di risolvere alcuni enigmi del gioco, ma anche di ripensare alcune delle nostre scelte, soprattutto nel rapporto con gli altri personaggi, e di prendere in questo senso la strada che riteniamo più giusta. Ammesso che ce ne sia una.
La trovata è interessante e funziona perché, nonostante il gioco abbia due soli finali (di cui farò un altro cenno spoiler-free più avanti N.d.A.), la storia può essere condita molto diversamente sulla base delle nostre decisioni e l’aspetto narrativo ne risente positivamente.
Graficamente il gioco funziona e l’Unreal Engine 3, il motore grafico utilizzato, fa la sua figura, ma l’età si fa sentire ed alcuni fastidiosi glitch si fanno vedere non di rado. Ciò che però colpisce realmente in negativo sono le animazioni, alle volte troppo legnose e innaturali anche per un gioco del 2015, per non parlare, in particolare, dei movimenti del volto dei personaggi che, tra scarsa sincronia del labiale con il parlato e scarsa espressività facciale di molti personaggi, risultano un neo davvero fastidioso in un gioco che punta così tanto sulla narrativa e sull’immersione televisiva.
La colonna sonora, invece, a cura di Jonathan Morali dei Syd Matters, è un perfetto ritratto musicale indie pop che ben immerge nelle atmosfere autunnali di una teen comedy americana e vede, tra i vari, ospiti di riguardo come Amanda Palmer e i Mogway. I pezzi sono quasi tutti molto ben contestualizzati e contribuiscono al senso di immersione televisiva voluto dagli sviluppatori.
Il punto forte di Life is strange, però, rimane la sua trama.
Al di sotto della superficiale patina di teen comedy americana, si nasconde una storia che strizza ruffianamente l’occhio ai cliché del genere, ma che approfondisce e caratterizza personaggi superficialmente stereotipati, da Chloe – tipica ragazza punk dal cuore d’oro, ma ribelle a causa delle circostanze – a Victoria, studentessa antagonista perfettina e meschina ma dalle profonde insicurezze, passando per David, il patrigno di Chloe dal chiaro passato militare e dall’atteggiamento sospetto.
Proprio la ragazza dai capelli blu è, assieme alla protagonista, il personaggio il cui vissuto e la cui emotività sono messe più a nudo nel corso del gioco, al punto da renderla più protagonista della stessa Max o, almeno, a sottolineare quanto sia la loro dualità a farla da padrone.
Da un lato abbiamo una ragazzina insicura e un po’ piagnucolosa che, grazie al suo potere, cresce molto umanamente nel corso del gioco, dall’altra un elemento ribelle e di rottura, la cui chioma sarebbe ufficialmente tributo a Pris di Blade runner, ma che mi riporta alla mente l’analogo tocco di colore che caratterizza Emma di Il blu è un colore caldo, per varie ragioni che non sto qui a rivelare. La componente paranormale dà ulteriore spessore alla sceneggiatura, senza mai risultare forzata ma, anzi, contribuendo a coinvolgere sempre più il giocatore nell’intimità e nel percorso introspettivo di Max e Chloe.
Le fonti di ispirazione sono comunque chiare.
Come dicevamo, di sicuro gli autori della sceneggiatura saranno grandi fan di Lynch e di Twin Peaks, sia pensando agli aspetti paranormali della faccenda, che considerando un personaggio come quello della migliore amica di Chloe, Rachel Amber, la ragazza apparentemente perfetta ma dal lato oscuro e dal carattere manipolatorio, scomparsa in circostanze misteriose poco prima del ritorno di Max ad Arcadia Bay. Sebbene Rachel non compaia mai nel “presente” del gioco, la sua ombra è spesso presente, quasi in un ruolo di deus ex machina dalle apparenze insospettabili. Insomma, carne al fuoco non manca e colpi di scena ed evoluzioni oniriche un po’ ai confini della realtà non si fanno attendere.
Quindi Life is strange è un gioco esente da pecche? Il cuore mi farebbe dire di sì, la testa non esattamente. Ci sono quei problemini tecnici, c’è un sistema di controllo un po’ farraginoso.
E poi, da un lato la possibilità di compiere delle scelte condiziona la trama, ma solo nel suo “condimento”, dato che, in ogni caso, sono solo due i finali possibili, diametralmente opposti in base ad una singola, fatidica, decisione. E, di questi due possibili scenari, uno pare in qualche modo preferito da parte degli sviluppatori.
Questa riflessione rimanda ad un concetto di fondo, ovvero: quanto è giusto manipolare in modo arbitrario tempo ed eventi? E, quando anche fosse possibile, qual è il prezzo da pagare? Non aspettiamoci di arrivare a riflessioni fantascientifiche del calibro di La fine dell’eternità di Asimov, ma Life is strange è anche in grado di stimolare il pensiero tanto quanto riesce a fare con l’emotività del giocatore, regalando comunque un coinvolgimento non indifferente. Il rammarico è quindi dovuto al pensiero che un gioco del genere, con maggior coraggio da parte degli sviluppatori, avrebbe potuto regalarci ancora di più in termini di emozioni e contenuti.
Al netto di questo, comunque, i ragazzi di Dontnod hanno fatto decisamente centro, scrivendo un nuovo capitolo nel genere ed introducendo una serie di novità che non sono passate e non passeranno inosservate. Era inevitabile, quindi, che regalassero sia un prequel/spin-off con protagoniste Chloe e Rachel – Before the storm – che un sequel, che riusciranno sicuramente a placare la sana fame che Life is strange lascia al termine dell’avventura.
Insomma, “ancora una puntata” è il vostro motto? Vi piace buttarvi in serie “intellettuali” ma in fondo vi piace stare chiusi nella vostra stanza ad emozionarvi con le storie di liceali americani? Vi siete trovati tante volte davanti allo schermo a dire che voi avreste fatto diversamente senza avere però la possibilità di farlo?
Bene, allora accomodatevi.
Life is strange vi attende.