Libri sotto l’ombrellone (e non quelli che vi aspettate!)
Non è davvero estate senza i nostri elenchi di libri da portare in vacanza (ci piace prenderla con umiltà).
Ebbene sì: anche quest’anno abbiamo buttato giù la nostra lista da ombrellone o da rifugio di montagna, nel pieno rispetto della par condicio vacatoria.
Se, come speriamo, doveste pescare a piene mani da questo elenco, fateci sapere al ritorno se le vostre aspettative sono state soddisfatte!
Nel frattempo, buona lettura e buon O.O.O. a tutti!
Il libro della luna: storia, miti e leggende, di Fatoumata Kébé
(Blackie Edizioni)
Se sceglierete questa lettura vi ritroverete fra le mani una storia d’amore: quella fra l’astronoma francese, classe 1985, e l’unico satellite del nostro pianeta. Esperta in inquinamento dello spazio e da anni voce importante di diversi progetti a sostegno della protezione dell’ambiente, Fatoumata Kébé ci guida nella scoperta della luna alternando aneddoti scientifici, miti, credenze popolari e dettagli sulla conquista dello spazio da parte dell’uomo.
Milkman, di Anna Burns
(Keller)
L’elettricità della prosa è ormai quasi tutto, nella narrativa: e il modo in cui Anna Burns fa detonare la lingua in Milkman – insieme alla traduzione formidabile di Elvira Grassi – è proprio la ragione per cui si rimane invischiati alle sue quattrocento pagine come accade di solito con page-turner molto più accessibili. Qui invece si segue – e spesso s’insegue – la corrente furiosa, schietta e sarcastica dei pensieri ad alta voce di “sorella di mezzo”, alle prese con un lattaio, un forse-fidanzato e un’ampia famiglia cattolica per le strade sanguinose della Belfast anni Settanta. Non ci si può distrarre un attimo che subito, tra le righe, si accenna con noncuranza favolosamente adolescenziale a un qualche snodo-chiave della trama: perfetta rappresentazione, a occhio, di una società che annega nella propria violenta idiozia e abitua chi ci vive a reprimere ogni possibilità di pensiero indipendente.
La Scommessa Psichedelica, a cura di Federico di Vita
(Quodlibet edizioni)
L’umanità usa piante, funghi e altre sostanze natuali per alterare la mente e la percezione da quando esiste. Le prime testimonianza dell’uso di queste sostanze per rituali mistici e religiosi sono più antiche delle piramidi. Eppure oggi nella maggior parte dei paesi occidentali queste sostanze sono vietate e bandite.
Negli anni 60-70 intrepidi (e avventati) ricercatori hanno dimostrato che con LSD e psilocibina si possono curare trattare alcune condizioni psichiatriche (es. dipendenza da alcol) meglio che con qualunque altra terapia al momento disponibile. Eppure oggi nella maggior parte dei paesi occidentali sono vietate e bandite.
Questa raccolta di saggi ci porta brevemente nel passato, ma soprattutto prova ad immaginare un futuro per le sostanze psichedeliche, nella medicina e nella cultura. Un viaggio che non si è mai fermato, ma che riparte dal 2006, con gli studi dell’Imperial College che danno l’avvio a quello che viene definito il “rinascimento psichedelico”. Ma cosa comporta questo per la nostra vita? Cosa comporterà?
Apriamo la nostra mente, suvvia. Si viaggia.
Quando tornerò, di Marco Balzano
(Einaudi Editore)
Dopo il successo di “Resto qui”, Marco Balzano è tornato per raccontare un’altra storia di distacco forzato dalla terra e dagli affetti. “Quando tornerò” è la storia di una donna che ne racconta milioni. Una ragazza che abbandona il suo Paese natale, la Romania, per trovare fortuna confondendosi nelle nostre vite privilegiate. Una ragazza che diventa il simbolo di un fenomeno oggi studiato nelle università rumene come ‘mal d’Italia’. L’abbandono dei figli, la distanza, i trasferimenti di denaro e l’amore interrotto. La sua cura verso chi sta per lasciare questo mondo è un reiterare l’abbandono, quando l’affetto nuovo si andava appena concretizzando. Balzano, con grande maestria, racconta tutto questo in un romanzo potente e necessariamente doloroso.
Tre piani, di Eshkol Nevo
(Neri Pozza)
Non lasciatevi cogliere impreparati dall’omonimo film di Nanni Moretti che uscirà al cinema il prossimo 23 settembre e che si è già conquistato 11 minuti di applausi alla 74° edizione del Festival di Cannes. Tre piani è probabilmente l’opera più nota dello scrittore israeliano, e per molti versi anche la più ambiziosa: tradurre le tre istanze freudiane (Es, Io e Super-Io) in vicende quotidiane apparentemente comuni come quelle che si svolgono nel palazzo di – guarda un po’ – tre piani nei pressi di Tel Aviv.
Siamo forse i nostri istinti, come sembra farci credere la storia del primo piano (Es)? O forse tentiamo disperatamente di discernere e poi conciliare la realtà dalla nostra immaginazione (Io)? O ancora, come sappiamo, davvero è solo al terzo piano (Super Io) dove si trova la nostra coscienza morale? Chiaramente Nevo non fornisce risposte ai legittimi quesiti del lettore, ma stimola la nostra immedesimazione con tutti i protagonisti, mediante la sua allegoria. Ed è straordinario come riesca a tracciare personalità così realistiche, nitide ed inserite in un complesso contesto sociale come quello israeliano.
Inutile dirvi che il nostro hype per il film di Moretti è già alle stelle.
“I leoni di Sicilia” e “L’Inverno dei Leoni”, di Stefania Auci
(edizioni Nord)
Il mito della famiglia Florio. Realtà che si fa romanzo grazie alla penna di Stefania Auci, storica e scrittrice che ha ricostruito le vicende che hanno segnato l’inizio e la fine di una delle dinastie imprenditoriali più importanti del passato recente del nostro Paese. La saga è composta di due libri. Il primo, “I Leoni di Sicilia” uscito un paio di anni fa, è diventato subito un caso editoriale di romanzo storico. Il secondo, invece, è uscito nella primavera 2021. L’ascesa e la caduta. Il miracolo, prima, e la realtà della rivoluzione tecnologica che irrompe, poi. Una lettura che merita davvero, che porta dentro la storia e che dice tanto delle vicissitudini umane di un’impresa a conduzione familiare che tanto ha contribuito allo sviluppo di un territorio che a lungo ha stentato (e spesso ancora stenta) a risollevarsi.
Qui non crescono i fiori, di Luca Giordano
(TerraRossa edizioni)
L’afa e il silenzio lasciato dai motori che si fondono sono presenti in ogni pagina di questo romanzo, trasformandosi in metafore perfette delle vicende che vivono gli uomini di questa storia al maschile, dove le figure femminili brillano di un’aura tutta loro neanche fossero esseri soprannaturali. Ambientato su un’isola tra l’Africa e la Sicilia, due fratelli crescono allontanandosi sempre più fra loro in una storia che lacera il cuore lasciando impronte importanti.
Gli ultimi giorni di Pompeo, di Andrea Pazienza
(Coconino)
Usciti da Palazzo Albergati, al termine della mostra Fino All’Estremo, resta soprattutto la voglia di andarsela a rileggere tutta, l’opera sconnessa e folgorante di Andrea Pazienza. In quelle tavole affollatissime, sovraccariche di segni e senso, c’è tutto quel che bisogna sapere su un fumettista che come nessun altro ha saputo farsi generazionale pur rimanendo ruvido, geolocalizzabile e personale. Dalla Bologna del ‘77 di Pentothal all’ultraviolenza pulp di Zanardi, Pazienza ha raccontato il cuore di tenebra di un decennio a partire dai margini. Se si dovesse scegliere un’unica sua cosa da leggere, sarebbe forse Gli ultimi giorni di Pompeo: 130 pagine – spesso fogli quadrettati di quaderno – largamente autobiografiche e scritte “viscere sul tavolo”, che narrano la dipendenza da eroina del protagonista con sbalorditiva creatività lessicale e un’empatia che si ritrova solo in certe pagine del Tondelli coevo o del Dick di A Scanner Darkly. E la voglia di mangiarsi il mondo, fino all’ultimo respiro, di un autore che, visto da qui, sembra aver vissuto non una ma cinque vite: d’altra parte, perché appassire nella norma quando puoi risorgere, risorgere e risorgere?
L’Unico e la sua proprietà, di Max Stirner
(Adelphi)
Diciamo che quando torni a casa bollito dalla giornata lavorativa e faticosamente ti togli la cravatta simbolo del giogo capitalista, leggerti i filosofi tedeschi non è così appealing. Voglio dunque approfittare dell’otium ombrellone-indotto per riprendere in mano “L’Unico e la sua proprietà”, di Max Stirner (Adelphi). Quella di Stirner è una filosofia centrata sull’uomo inteso non come idea, ma come individuo pensante e corporale, liberato dalla forza distruttrice e propulsiva del puro egoismo.
Liberare l’uomo dalla religione lo si potrebbe dire entry-level, ma come la mettiamo con il liberarlo dalla morale, dalla società e persino dal prossimo? Ecco la grandezza de l’Unico: spingere il pensiero oltre il limite, lì dove l’individualismo si fa anarcoide fino ad essere insostenibile. Quel che si dice filosofare con il martello… pneumatico.
Il genere è fluido?, di Sally Hines
(Nutrimenti)
A settembre (forse) riprenderà in Parlamento la discussione sul famigeratissimo disegno di legge Zan. Volete capire di più di orientamento sessuale, identità di genere, intersessualità, espressione di genere, ruoli binari, lgbtq+ ma non sapete da dove cominciare? Oppure, siete già molto preparati ma volete fare un regalo o magari un ripasso per cercare di convincere chi si dice contrario al ddl? Questo è il libro che fa per voi.
Con un linguaggio semplice e immediato, una veste grafica e fotografica accattivante, una panoramica storica e geopolitica delle tematiche affrontate (quante cose sono relative e sempre in cambiamento!), il saggio di Sally Hines ci guida nella prima conoscenza di termini e concetti che non abbiamo ancora imparato del tutto a maneggiare e che possono in realtà svelarci molto del nostro modo di stare al mondo, come individui e come collettività.
Il piano orientale, di Zeina Abirached
(BAO)
Beirut, Parigi, Vienna. Ieri e oggi. Questa è una storia che ne contiene due – quella di un pianoforte che, negli anni Sessanta in Libano, parla “due lingue” e in questo modo unisce Oriente ed Occidente; e quella di Zanzoun, che cerca di stare al mondo e modellare la propria identità cucendo insieme il francese e l’arabo – entrambe dedicate alla magia di Beirut.
Forse l’opera più bella di Zeina Abirached, incredibile e raffinata disegnatrice libanese – un invito all’incontro e alla mescolanza, nonché alla libertà di ciascuno di comporre da sé il proprio mosaico culturale – “Il piano orientale” è un libro poliglotta: parla la lingua del disegno, con il tratto poetico di Abirached; la lingua della parola, per la forza narrativa e nostalgica del suo racconto; la lingua della musica, che vi inseguirà pagina dopo pagina.
Deus ti salvet Maria, di Marco Lutzu
(Nota)
Una notte a Monserrato, in un piccolo circolo tra filari di uva matura, uomini profumati di Colonia e donne in abiti floreali. Tutti ad ascoltare un canto incredibile di Elena Ledda e Simonetta Soro e la presentazione di un libro che è subito una folgorazione e la porta di accesso alla storia di una terra fino ad allora sconosciuta.
Deus ti salvet Maria è l’Ave Maria sarda e il libro racconta della sua diffusione dai catechismi e dai seminari del ‘700 fino alle rassegne di cori del ‘900. Da lì il canto esce dal repertorio religioso ed entra nel repertorio popolare tramite anche grazie all’interpretazione a Canzonissima di Maria Carta fino alla presenza nell’album l’Indiano di De Andrè.
Un viaggio nella storia culturale, musicale e sociale di un’isola, sulle tracce di una canzone.
Qui la playlist delle versioni citate nel saggio
Horrorstör, di Grady Hendrix
(Mondadori)
Sei da sempre convinto che il vero orrore dei megastore di mobilia e complementi d’arredo scandinavi sia il corrispettivo numerico degli abitanti del quartiere di Grünerløkka (è in Norvegia) che trovi posizionato davanti a te in coda alle casse la domenica pomeriggio, poi arriva Grady Hendrix che aggiunge una buona dose di soprannaturale e capisci che ti sbagliavi di grosso. Horrorstör è una godibilissima e (davvero) paurosa rivisitazione del tòpos della casa stregata in ambientazione contemporanea: sarà compito dei dipendenti di Orsk (zombie a caccia di zombie) scoprire, nel corso della notte più WTF della loro vita, da dove provenga l’entità molesta che si cela dietro agli inquietanti saccheggiamenti notturni della mobilia dai nomi impronunciabili. Nota di merito anche al volume cartaceo, che si presenta come un vero e proprio catalogo al dettaglio che comprende schede illustrate di mobili pronti per il montaggio: man mano che si procede tra i corridoi vuoti di Orsk, gli arredi diventeranno ovviamente sempre più sinistri.
Boulder, di Eva Baltasar
(Nottetempo)
Eva Baltasar colpisce ancora.
Dopo il successo di Permafrost, Boulder riesce a concentrare in 120 pagine una storia d’amore che sembra di poter toccare da vicino, con un sentimento oscillante come le onde del freddo mare di Reykjavík. Con uno stile asciutto e diretto, l’autrice catalana ci proietta in una relazione viva e spietata al contempo. Al lettore non viene certo risparmiata la durezza dei “boulder”, quei macigni striati che proteggono l’ermetismo della voce narrante. Eppure Baltasar, mostrando una maturità (o disillusione, direbbero i malfidenti) ancora maggiore di quella mostrata in Permafrost, prova a scavare ancora più in profondità: fino a dove il nostro bisogno vitale di solitudine può lasciare spazio ai compromessi dell’amore?
Apprezzabile, infine, che anche in letteratura si cominci a parlare di procreazione medicalmente assistita, possibilmente senza tabù.
“Come mai non esce sangue da questo punto in cui il dolore è così intenso?”
Il Signore degli Anelli, di J. R. R. Tolkien
(traduzione di Ottavio Fatica – Bompiani)
La storia editoriale de Il Signore degli Anelli, in Italia, è una vicenda complessa ed avvincente solo poco meno della storia che racconta. Tra sgambetti politici, vecchi rancori e odi mal celati, l’ingresso in scena di un nuovo traduttore ha suscitato quel tipo di reazioni che animavano guelfi e ghibellini.
Voi ora vorrete sapere com’è questa traduzione. Il problema è che mica lo so io, mi mancano proprio gli strumenti per giudicarla. Voglio dire che se sono cresciuto leggendo, ascoltando e parlando di un luogo chiamato “Granburrone” e ora me lo si chiama “Valforra”, io mi perdo a prescindere. Vuol questo forse dire che Valforra sia intrinsecamente peggio di Granburrone? Non credo, ma tant’è. La traduzione di Fatica offre un approccio moderno ma anche quasi revanscista: se da un lato i dialoghi e le descrizioni appaiono più scorrevoli (anche troppo, a volte), dall’altro serve una buona dose di coraggio per digerire certe scelte. Volete un consiglio? Leggetela e poi decidete. Io vi aspetto qui per ridere insieme del nome Brandaino, e difendere a spada tratta quello di Aragne!
Questa selezione è a cura di: Nellie Airoldi, Francesca Bianchi, Michele Chiacchio, Melissa Fontana, Francesco Pandini, Giulia Panza, Alessandro Pigoni, Pietro Romozzi, Stefania Trombetta, Gabriele Zagni