Lezioni di calore a Helsinki

Lezioni di calore a Helsinki

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È maggio e io ho sciarpa, cappello, guanti, stivali di gomma. La gente in metro mi guarda come fossi completamente suonata. E invece sto solo andando a Fiumicino. Là, ho un volo diretto verso il grande nord: Helsinki. (Ma come glielo spiego alla signora qua affianco che mi fissa con la coda dell’occhio mentre con lo smartphone cerca di farmi una foto?)

All’aeroporto di Vantaa mi guardo intorno: legno di betulla dappertutto, caffè a 5 euro e bambini scalzi accompagnati da genitori con sorrisi smaglianti tipo pubblicità del dentifricio. Ah già, lo xilitolo.

Ecco, forse ho esagerato come al solito, tutto sommato è primavera anche qua. Il sole (è un parolone) non si spegne che per un paio d’ore, e sul treno che mi porta alla stazione di Kamppi vedo solo infradito e scarpe da tennis ai piedi dei miei compagni di vagone. Per farla breve, la gente mi fissa allucinata anche dall’altra parte d’Europa. Sono solo più discreti nel farlo.

Mi conviene ammetterlo subito, avevo parecchi pregiudizi sulla Finlandia, del tipo: fa freddo, tutti sono efficienti e rispettosi delle leggi, parlano sottovoce e non mostrano affetto tra loro nemmeno per sbaglio, per questo il tasso dei suicidi è altissimo. E, ovviamente, si mangia male. Cioè l’esatto contrario di quello che i finlandesi pensano di noi.

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All’uscita dell’enorme stazione di Kamppi mi bastano pochi passi e tante consonanti (“Sorry, where Ratantiekatu qualcosa or Mannerheivägen qualcos’altro is?” – cito letteralmente) e finisco su uno stradone ampio, ordinato, assolato (ebbene sì!), dove bici e tram e pedoni convivono pacificamente e alle imponenti vetrine di Stockmann si alternano altrettanto imponenti edifici dei primi del novecento. Verso nord (sì, c’è un nord del nord nel nord nordico) c’è la zona dei musei, antichi e modernissimi, contornati da alberi, prati e cespugli sfacciatamente in fiore, e brulicanti di giovani e meno giovani vite pregne di cultura; a sud invece si scende verso il porto e il mercato. Inutile dire che direzione ho preso.

chiesa helsinkiIn cinque minuti mi ritrovo nell’enorme piazza dominata dalla cattedrale di Helsinki, che spicca per candore in cima alla scalinata in stile neoclassico. È la piazza del Senato. Tutto è bianco, pulito, scarno. E nonostante l’ostentata limpidezza, mi piace. Respiro a pieni polmoni aria gelata che arriva direttamente dal polo o dalla Russia, spinta a occidente dal vento, e lo riconosco: il mare è là dietro. Eppure, quando arrivo al porto tutto mi sembra triste. L’acqua è grigia come la strada, i gabbiani sono grigi e sospetto anche i pesci lo siano, perché l’atmosfera pure è grigia e solo le navi merci smaltate di rosso si permettono di fare eccezione. File di turisti s’imbarcano per Suomenlinna, l’isola a largo di Helsinki, famosa per la fortezza militare svedese in passato caduta in mano ai russi (come tutta la Finlandia, del resto) e rimastaci fino al 1918. Una gioia, che ve lo dico a fare.

Ma a ricordarmi – non senza un pelo d’inquietudine – del passato sovietico, c’è per prima la chiesa ortodossa Uspenski, che se ne sta fiera in cima a una collina affacciata proprio sul porto. Prendo coraggio, non vorrei perdermi la meraviglia dorata che spero si celi dietro la facciata di mattoni essenziale e severa. E infatti arrampicarsi fin lassù ne vale la pena: c’è anche una cerimonia in corso, forse un matrimonio, affollato e baroccheggiante e, a suo modo, mistico. Fuori dalla cattedrale la vista mozza il fiato più del vento che inizia a farsi prepotente. Palazzoni moderni puntinati di finestre, molte gialle di calore domestico, altre blu di routine lavorativa, tetti squadrati, grandi buchi verdi tra una zona e un’altra.

banchiMi torna in mente il mercato, che insieme al mare mi aveva convinto a lasciar perdere i musei e i prati in fiore. È proprio là, attaccato al porto. Salmoni, aringhe, lucci, gamberi rossi e poi dolci, spezie, caffè, cioccolata, frutti di bosco: tutto è allineato, i banchi e i prodotti sui banchi, è pulito e fresco e allettante, è rosa, arancio, bianco. È una festa per gli occhi, una festa danzante di zuppe e assagini di pesce. Una festa organizzata per bene. Mi siedo comodamente a un tavolino per godermi la zuppa di formaggio con le cipolle caramellate, il salmone affumicato e quello appena sfilettato coperto da una languida salsa all’aneto. Chissenefrega del grigio là fuori, quando qua dentro esplodi di felicità!salmone

All’uscita il cielo si è offuscato leggermente, come a dire che la notte arriva comunque. I negozi pieni di oggetti di design che mi avevano incantato quella mattina sono ormai chiusi. E la fame sale. Konstan Möljä mi dicono (cioè, mi segnano sulla mappa, sennò col cacchio che capivo), ristorantino caratteristico lappone, molto pittoresco, gestito da due adorabili vecchietti, per l’appunto, lapponi e pittoreschi. C’è legno dappertutto e foto in bianco e nero di gigantesche baleniere, gente che ride, beve, si rimpinza senza troppo pudore. Chi l’avrebbe mai detto! La signora, cuoca e proprietaria, si premura di sciorinare un elenco incomprensibile di nomi di pietanze o ingredienti o anche insulti, non lo sapremo mai. L’unica cosa che capisco è che il piatto è caldo, profuma, e lei sembra parecchio orgogliosa di piazzarlo davanti a un’italiana affamata. pasto lappone Mi affido al palato: stufato di renna con salsa di mirtilli, patate novelle con panna acida, aringhe del Baltico affumicate, polpette di maiale e cipolle, un fagottino di riso e formaggio che ancora non so che diventerà la mia ossessione. L’acqua da queste parti non è contemplata come bevanda, perciò mi portano latte fresco e birra. Ma io punto al sodo, sento che questi teneri vecchini mi nascondono di meglio, per esempio, vodka. Ma alla mia domanda la signora mi guarda dubbiosa: lasciamo stare, la notte finlandese è giovane.

Infatti, presto m’imbatto in un piccolo tempio della Helsinki underground, il Roska. Pieno di scritte alle pareti, di ragazzi Erasmus, di alcol. Mi raccontano che i finlandesi, anche i più insospettabili ed integerrimi padri di famiglia e uomini d’affari, hanno l’abitudine di prendere il traghetto fino alla vicina Tallin per comprare vodka di ottima qualità a basso costo. Più o meno irregolare che sia questa “importazione fai da te” di alcolici, il fatto è che loro nel week end si sfasciano. Mischiano acqua gassata freddissima alla vodka in parti uguali e ne tracannano litri. Capiamoci, non come i pischelli dalle nostre parti che con un paio di Peroni ballano sulle punte, no. Loro ci vanno giù pesanti, roba che dimenticano chi sono, dove abitano, che non si buttano le carte a terra e che non si gira per strada senza mutande (specie a 30 gradi sotto zero). E se la vodka è di buona qualità, forse riescono anche a parlarsi tra loro.

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Sopravvissuta alla notte suomi, la mattina vado a caccia di un caffè. Non sono in condizioni di pronunciare granché in italiano figuriamoci Ratantacomecacchiosidice.

think corner

Mi viene in soccorso un bar molto trendy, pieno di studenti che zampettano al pc, cameriere con i capelli fucsia e gente assorta nella lettura. Le vetrate fanno sembrare questo spazio immenso e pieno di luce calda, tra un divanetto e una panca ci sono sgabelli e postazioni per lavorare. Tè blu, caffè americano (iddio mi perdoni) e diavolerie che spacciano per cappuccini. Poi piparkakku e korvapuusti, alias biscotti allo zenzero e rotolini di cannella. Buoni da chiedere la cittadinanza. Inebriata dalle spezie vengo presa dalla foga del momento e lo dico ad alta voce: la Finlandia è proprio calorosa. Non c’entra la vodka, lo penso davvero. Quando si siedono intorno a un tavolo si sciolgono come il (loro) burro sotto il (nostro) sole. Fuori saranno anche grigi palazzi, strade e volti, ma dentro si sente un calore tenace. Si capisce dal cibo: amano la natura e la rispettano profondamente, nonostante, diciamocelo, questa sia con loro piuttosto parca, matrigna, avara (‘na stronza insomma). Eppure i sapori dei piatti sono gentili come i loro modi, hanno imparato a trarre il massimo da quello che hanno a disposizione e sanno per questo che la felicità è una sfida.

Tutto sommato, ora posso anche abbandonare le mie imbracature di lana e le calosce anti-pioggia.

La joie de vivre di Suomenlinna
La joie de vivre di Suomenlinna

 

Qualche indirizzo che piace a Trippa:

  • Kuppatori market bacche e frutta, spezie, formaggi e pesce la fanno da padroni. Da non perdere gli assaggini ai banchi serviti da pescivendoli che sembrano gioiellieri
  • Lappi ravintola noto ristorante lappone dove gustare stufati di alce e renna nelle pagnotte di segale
  • Think corner cafè universitario pensato per vegetare comodamente anche giornate intere nella pace del design nordico e del profumo di cannella
  • Konstan Möljä salutatemi i vecchini lapponi
  • Frazer la pasticceria più conosciuta della Finlandia, aperta dal 1891, dove immagino si rifornisca Babbo Natale
  • Stockmann grandi magazzini con annesso supermercato pieno di prodotti tipici di alta qualità, come i salami di alce o la carne di orso, l’immancabile salmone affumicato e mille varietà di pane

 

Ps.: Se qualcuno di voi dovesse trovarsi da quelle parti, sarebbe così finlandese (cioè gentile) da spedirmi qualche chilo di fagottini al riso e formaggio, noti come Karjalampiirakka? Grazie, ripago in vocali.

 

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