L’emancipazione della poesia non è una truffa
Avete presente quando imparate una nuova parola e, di colpo, cominciate a sentirla ovunque? E vi chiedete come avete fatto a non notarla fino ad oggi?
A me è successa una cosa simile con il MEP, il Movimento per l’Emancipazione della Poesia. Non avevo mai notato quei fogli appiccicati sui muri, un po’ provati dalle intemperie, che regalano poesie ai passanti. Non finché Albi non me ne ha parlato qui. Da quel momento, mi sembra di vederli ovunque vada: in centro a Bologna (vicino alla svastica), via Tortona a Milano, e questo weekend a Pisa.
Stavo passeggiando per una vietta del centro e mi sono ritrovata queste poesie che mi camminavano di fianco.
Ne ho goduto come si gode delle more raccolte dai gelsi ai lati della strada. Sembrano non appartenere a nessuno, per questo le prendi, le assapori assicurandoti che ce ne siano abbastanza per il prossimo nomade.
Stasera, di R. 12
I tuoi occhi sono talmente scuri, che guardandoti, ritrovo solo il mio riflesso,
colato sulla superficie nera delle tue iridi.
Visto che non riusciamo a parlare
sciogliamoci nell’ammoniaca della notte,
fino a rimanere scheletri acidi,
e raschiare qualcosa in te.
Ormai da troppo tempo
siamo fantasmi schiacciati nella fotocopiatrice dei giorni.
Facciamo scoppiettare chiacchiere per riscaldarci.
Ma siamo così freddi dentro,
che sembriamo le statue di marmo sotto la pioggia, là fuori.
Stanzi nella tua bellezza inutile,
mentre, lentamente, sono penetrato da foreste di sospiri congelati.
Dimmi qualcosa.
Sto morendo, assiderato nella mia solitudine
Presabbene oh. Però bella la cosa della fotocopiatrice. Mi fa proprio pensare a quando dovrò tornare al lavoro dopo questo weekend a zonzo per il centro Italia.
E.12
Ironia paradigmatica della sorte
Vidi
La rappresentazione della mia vita una sera
In un teatro in fondo alla via
Tu eri il capocomico
La locandina era finta felicità
Ma non vi viene subito da pensare a Quasimodo?
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di Sole:
ed è subito sera
Il manifesto del MEP è molto semplice: Il MEP si propone di restituire alla poesia il ruolo egemone che le compete sulle altre arti e al contempo di non lasciarla esclusivo appannaggio di una ristretta élite, ma di riportarla alle persone, per le strade e nelle piazze.
E alla fine sta tutto qua. Basta diffonderla la poesia, perché si emancipi. E’ lo stesso discorso che vale per i Poetry Slam.
E poi c’è la mia preferita delle tre:
08
Solitario, vago per il mondo in cerca di risposte.
Mi domando: dov’è il baratro? Voglio gettarmici,
cadere nell’oblio e non risalir mai più.
Con quali forze un momento ti travolge?
Non sono io che parlo, o forse sì.
Sei pesante: dillo, lettore, che sono pesante.
Ascolta il battito di ogni mia parola,
odora le sensazioni dei miei versi,
tasta i pensieri, incastrali nel tuo
sentimento momentaneo, e poi rivivi
un malinconico ricordo.
Esiste l’eterno? Forse solo la perturbazione
dell’anima: non rinnegare il dolore,
la mera ricerca di felicità
non esiste, è solo autoillusione.
Come una malattia, ti perseguiterà.
E se non fosse una malattia?
Contraddizioni incomplete portano al niente.
E se non fosse così?
Puoi davvero dire di essere qualcosa?
E se fossi indefinito?
Il relativismo mi attanaglia,
perfora la mia carne e non comprendo.
Niente, ha più un senso.
Non sono d’accordo. Ma chi sono io per dirlo? Io sono solo una passante che coglie le more.
L’emancipazione della poesia non è una truffa, e non me la sono mica inventata oggi che non c’è.
Chi indovina la cit. vince un bacione.