Le vie dell’Anima in foto: Nomachi
Prendete un 23enne appassionato di fotografia, dategli nientepopodimeno che Takashi Kijima come maestro per una manciata di mesi e poi piazzatelo nel bel mezzo del deserto del Sahara, nel 1971.
Se ne esce vivo e con una serie di foto intense che tradiscono una malcelata passione per la spiritualità nella sua essenza più pura, allora forse avete proprio a che fare con Kazuyoshi Nomachi.
E se dovete chiedergli qualcosa – quante risposte deve avere quest’uomo!– fatelo subito, perché é un tipo piuttosto incline al viaggio.
Dopo la prima avventura nel deserto, infatti, questo giapponese (qualcosa mi dice che avevate già colto le sue origini) ha attraversato i luoghi più ostili alla vita umana per documentare nelle sue immagini la sacralità al quotidiano, proprio là dove la fede diviene strumento essenziale alla sopravvivenza…e molto di più. Le sue monografie ripercorrono i suoi viaggi in capo al mondo, risalendo il delta del Nilo Bianco fino alle sue sorgenti, in Uganda, per poi rituffarsi negli usi e nei costumi sulle sponde del Nilo Azzurro, scorrendo di volto in cerimonia e di rituale in meraviglia fino ad approdare in Etiopia.
Poi, alla fine degli anni Ottanta, é la volta della Cina e del misticismo tibetano: un’esperienza che spinge il fotografo a mettere a fuoco la religione buddista, con il suo solito approccio fatto di passione, rispetto e pazienza. Sono di questo periodo e di questi luoghi alcune tra le sue foto più famose, come i ritratti dei nomadi, eterei ma al contempo rivelatori di vita vera, di realtà di tutti i giorni.
Convertitosi all’Islam, parte per imprimere su pellicola le manifestazioni di fede in Arabia Saudita, e partecipa – indirettamente facendo partecipare anche noi oggi- al pellegrinaggio alla Ka’ba, il cubo nero che si trova al centro della Moschea Sacra, a La Mecca.
Le folle in preghiera immortalate dal suo sguardo, benché provenienti da angoli di mondo a miglia e miglia di distanza, si richiamano l’un l’altra mantenendo tutte una loro specificità. Prerogativa della sua parentesi lungo le rive del Gange, per esempio, é sicuramente la vivacità dei colori.
Tappa più recente (per ora) del suo insaziabile girovagare é la regione delle Ande, dove Nomachi é andato alla scoperta dei legami tra le tradizioni Inca e il culto cattolico, tema tuttora sotto attenta osservazione del suo obiettivo fotografico.
Oggi il suo lavoro, puntualmente sparso su riviste di fotografia in tutto il mondo, é raccolto in dodici monografie ma, se siete in zona, potreste beneficiare di una selezione fatta quasi apposta per voi alla Villa Reale di Monza. Nomachi é infatti per la seconda volta in mostra in Occidente (dopo la sua premiére a Roma nel 2013) in un percorso suddiviso in sette sezioni corrispondenti ai suoi invidiabili “pellegrinaggi” a spasso per il mondo: Sahara e Nilo, Etiopia, Islam, Gange e Tibet, Ande.
Fino all’8 Novembre, dunque, se avete voglia di ripiombare in un curioso e appassionato mood da turisti o se invece siete alla ricerca della spiritualità perduta, sapete dove andare: ce n’é per tutti i gusti!
Entrate nel Serrone della Villa di Monza e preparatevi ad assistere a riti berberi, cerimonie indiane, a scoprire gli ornamenti e il trucco e parrucco di popolazioni ignote e immaginatevi intenti a prendere un té sull’altopiano tibetano, o ad aiutare quell’anziana a badare al bestiame. Insomma, maneggiate come si deve tutto quel che Nomachi ci offre, che va ben al di là del valore estetico delle sue immagini. Lasciatevi trasportare lungo le “Vie dell’Anima”. Della vostra e di quella Universale.
Elisa Cugnaschi
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Orari:
Dal martedì alla domenica: ore 10 – 19; Venerdì: ore 10 – 22; Lunedì chiuso.
Biglietti:
Intero € 10, Ridotto € 8
Altre info, date un occhio qui.