Le nostre idee sono i nostri occhiali

Le nostre idee sono i nostri occhiali

“Le nostre idee sono i nostri occhiali” *

Le nostre idee sono i nostri occhiali

A che serve avere una coscienza civica? Nel corso degli ultimi tre anni ho avuto modo di assistere a numerose conferenze organizzate dall’Ateneo in cui studio; conferenze di stampo economico per la maggior parte, ma anche di ambito sociale, culturale e politico. Tra queste ne ricordo una con particolare nitidezza, forse dovuta alla sincera soggezione che mi provocava lo straordinario affollamento di giacche e cravatte presenti in aula, o forse perché finalmente riuscivo ad attribuire una concreta fisionomia a nomi fino ad allora conosciuti solo sulla carta di giornale, la mattina. Era una conferenza su Luigi Einaudi, il quale, oltre ad essere stato un celebre economista, fu anche uno dei padri della Repubblica Italiana, nonché il secondo Presidente della stessa.

Secondo Einaudi una delle più marcate differenze tra l’Italia e altri Paesi sviluppati occidentali era la quasi totale mancanza di fiducia, fiducia nell’avvenire, fiducia nello Stato e nella Pubblica Amministrazione che caratterizzava il nostro Paese. La veridicità di questo pensiero è riscontrabile ancora oggi nel preoccupante assenteismo ai seggi, nella prematura rassegnazione che emerge tra i più giovani e nella cocente disillusione che assale i più veterani elettori. Quasi come se la storia italiana si portasse appresso il fardello di un conservatorismo irremovibile, come se Garibaldi e Vittorio Emanuele II, stringendosi la mano si fossero passati anche una tacita fedeltà al ristagno.

Eppure l’indifferenza è ciò che dovremmo temere di più in assoluto, “l’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita”, diceva Gramsci nel lontano 1917. E mi permetto di citarlo nella speranza che si riesca ad andare oltre il personaggio storico nella fattispecie e che si colga, invece, l’essenza delle sue parole, che pur risalendo a quasi un secolo fa, risultano più attuali che mai. Parafrasando un politico italiano che andai ad ascoltare un paio d’anni fa, la politica è la città che discute di come sta, di quali sono i suoi bisogni e le sue difficoltà. Mi piace come immagine: è tanto veritiera quanto effimera, e soprattutto, mi ricorda la Grecia, l’epoca ginnasiale. Ed è proprio dall’agorà di Atene, dove trova origine la democrazia, che partirà il viaggio della sezione Travel di questo numero di SALT Editions, per poi proseguire visitando il Sud Sudan, per vedere come la democrazia possa cambiare i volti di un Paese e di come spesso i risultati siano stati diversi dalle aspettative, come nel Medio Oriente e in Nord Africa.

Milano piazza castelloL’ ambito politico viene spesso considerato come un tema scottante, difficilmente riscontrabile tra le pagine di un romanzo italiano, specie degli ultimi anni. Eppure è proprio il tema centrale de Il trono vuoto (Roberto Andò, 2012) che dipinge un affresco sull’Italia di oggi, attraverso la storia di un segretario del partito di opposizione che nel bel mezzo della campagna elettorale, di colpo, sparisce. E poi? Nella sezione Letteratura vi raccontiamo com’è andata a finire e cosa ne pensiamo noi di questo romanzo audace quanto insolito, riflettendo sulla provocazione di Andò che definisce la politica come “il mestiere di chi non vuole vivere”.

Nella sezione Cinema ci occuperemo, invece, di Girlfriend in a Coma, il documentario realizzato da Bill Emmott e Annalisa Piras nel 2012, la cui uscita in Italia è stata appositamente posticipata a dopo le elezioni. Coincidenza? È lecito domandarselo, difficile crederlo. Girlfriend in a Coma è un documentario diviso in due parti, le due facce della medaglia Italiana, quella buona e quella cattiva, quella che parte dall’idea che la nostra nazione sia una bella ragazza malmenata da un bruto e rimasta in coma, e quella che si focalizza sulla cattiva politica degli ultimi vent’anni, sul ruolo marginale delle donne che non smettono di sperare nella rinascita attraverso la cultura e lo “stand up” dei giovani.

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Ma quand’è che l’arte diventa strumento della politica? E il mondo della musica quanto ne è alieno? Quante esperienze di “endorsement” si nascondono dietro al rapporto tra politici e artisti? È quello che ci siamo chiesti nella sezione Musica di questo numero, riascoltando le note di Hendrix, Lennon, Dylan fino ad arrivare ai più recenti Pearl Jam, Arcade Fire, The National, per andare a scoprire quando e in quali forme la musica si fa portavoce del cambiamento e, spesso, manifestazione del dissenso.

Lungi da me avere la presunzione di risvegliare il sentimento patriottico in coloro che stanno leggendo queste righe, ma concedetemi la speranza di non perdere quel minimo di coscienza civica che ci è rimasto. Ritengo, infatti, che se credere nell’innovazione sia un’utopia riservata a pochi, cercare di destare quest’Italia assopita sia invece un dovere di tutti.

Ché se tutto il mare si mette d’impegno, alla fine l’argine crolla!

 

* Alain, Propossurlespouvoirs. Éléments d’éthiquepolitique, Gallimard, Paris 1986.

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