Le inaspettate sfumature dell’indaco
Oliver Sacks è un neurologo inglese che si è guadagnato una certa celebrità al di fuori della comunità scientifica grazie a una serie di pubblicazioni in cui ha trattato i suoi casi in uno stile divulgativo, accessibile a un pubblico privo di nozioni medico scientifiche.
Farsi capire e lasciar trasparire senso dell’umorismo non è impresa da poco per uno che parla in termini di neurotrasmettitori e principi attivi efficaci nella cura del morbo di Parkinson e dell’encefalite post letargica. Eppure dal libro Risvegli, ispirato proprio dal trattamento di pazienti con LDopa, sono stati tratti lo spettacolo teatrale A kind of Alaska di Harold Pinter (1982) e il film omonimo con Robin Williams e Robert De Niro di Penny Marshall (1990).
Qualcosa, insomma, il dottor Sacks, l’avrà comunicato.
La sfumatura diversa, non a caso, è la sensibilità, che a volte sembra quasi trasporto emotivo, con cui il medico affronta la narrazione dei casi che segue in terapia.
L’approccio del dottore, professore alla New York University School of Medicine e scomparso nel settembre 2015, è stato più volte ripreso e giudicato poco ortodosso dai colleghi, ma la sua biografia lascia sospettare che egli sia stato un tipo fuori dal coro in diverse sfaccettature della sua vita: ateo in una famiglia ebrea ultraortodossa, appassionato di Cycas (specie botanica che ricorda le palme), di colori e musica, di scalate in solitaria e chimica inorganica. Timido impenitente e omosessuale dal coming out tardivo.
Io l’ho conosciuto come neurologo nella sua opera più nota L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, per poi rincontrarlo bambino solitario e appassionato in Zio Tungsteno (e uno che attribuisce una connotazione affettiva a un elemento della tavola periodica non può che esercitare un certo fascino su una chimica farmaceutica) e a metà tra botanico e neurologo in viaggio per la Micronesia in L’isola dei senza colore.
Ora me lo ritrovo in Allucinazioni (2012) seduto su un letto, strafatto di morfina, a fissare il motivo equestre di una vestaglia. Gli effetti della sostanza stupefacente descritti con professionale lucidità. Sì, perché nel capitolo “Stati alterati”, Sacks affronta le sue esperienze durante gli anni ’60 in materia di sostanze psicotrope quali LSD, mescal e anfetamine:
“-Voglio vedere l’indaco, adesso: adesso!-
E allora, come se fosse stata schizzata da un gigantesco pennello, apparse un’enorme, tremula chiazza a forma di pera dell’indaco più puro: (..) era il colore del mare del Paleozoico”
Sono venti pagine senza spazio per considerazioni etiche, retroscena personali e nemmeno per il trentenne Oliver, solo nella grande casa di Londra dei suoi genitori a iniettarsi dosi da cavallo (n.d.a.). C’è l’interesse per il fenomeno allucinatorio, i cieli in una stanza, l’inganno del Sistema Nervoso Centrale che è il vero protagonista di queste pagine. Traspare la ricerca della distrazione nei weekend da epilogo da settimana lavorativa, i martellanti up & down da manie anfetaminiche e un po’ di solitudine di un uomo seduto a fissare muri bianchi.
Due, le ammissioni personali importanti. La prima, l’uomo Oliver, esprime con semplicità scientifica il suo bisogno di aiuto per uscirne.
La seconda, di come furono anfetamine e semi di ipomea a far scattare nel dottore la molla della scrittura, a cui seguì l’epilogo della fase tossicodipendente.
Insomma, a capitolo finito sembra di aver fatto un viaggetto in Trainspotting piuttosto che in un libro che tratta in termini medici i processi a livello di Sistema Nervoso Centrale che comportano fenomeni allucinatori.
E riatterrando, non si può che concludere che doveva proprio essere uno che sapeva stupire, il dottor Sacks.
titolo | Allucinazioni
autore | Oliver Sacks
anno | 2012