Le foto di Ghirri con vista colline ad Astino
Della mostra ad Astino e di Luigi Ghirri, ovviamente
Astino è un posto meraviglioso, sempre, in estate, autunno, inverno e primavera. Sta praticamente dietro la città che se non lo sai non ti verrebbe mai di andare a vedere cosa si nasconde fra le colline di Bergamo e invece dal centro bastano pochi minuti per arrivare in uno scorcio di paradiso che tornare indietro nel tempo è pressoché inevitabile. Perché nella valle di Astino, che poi sarebbe nei pressi del quartiere Longuelo della città di Bergamo, c’è questo monastero che è stato dimenticato per anni e che ora sta appoggiato sulla collina tutto rispolverato e pettinato. Se ne sta lì, restaurato, a guardare una parte di mondo, la sua valle, che non sta cambiando poi così radicalmente, come se tutte le case e le vie nei dintorni avessero deciso di restare il più vicino possibile al 1070, l’anno di fondazione del monastero. È in questa cornice, in questa parentesi medievale, che è stata allestita una delle mostre più belle del 2016, poche stanze ma tutte fuori dal tempo e con appese alle loro pareti le foto più distintive di Luigi Ghirri.
Si chiama “Luigi Ghirri. Pensiero Paesaggio” a cura di Corrado Benigni e Mauro Zanchi ed è una mostra che conta oltre 40 scatti, soprattutto vintage prints e project prints. Fra questi, ci sono alcune delle fotografie che più hanno reso riconoscibile il modo di intrappolare lo spazio dentro a un rettangolo di Luigi Ghirri, quei paesaggi e luoghi che sono così familiari ma che negli scatti del fotografo italiano sembrano essere guardati per la prima volta solo in quel momento, come se Luigi Ghirri avesse voluto spingerci a vedere il mondo con occhi diversi, a portare in superficie ciò che si nasconde dentro di noi, ciò che si smuove alla vista di determinati luoghi neanche fossero delle piccole Madeleine.
Aggirarsi fra le stanze del monastero di Astino è di per sé un viaggio nel tempo, un volo pindarico di mille anni alla ricerca di vite passate per poi tornare ai giorni nostri cercando di capire chi ha intaccato quelle mura, chi ha lasciato i propri segni sulle pareti di questo complesso nel corso di questi secoli. Le fotografie di Luigi Ghirri paiono così aleggiare in un’immensità che non si riesce a comprendere, in uno spazio che è soprattutto tempo, perlopiù passato, lo stesso che si nasconde dentro i luoghi catturati dal fotografo.
Il vero protagonista delle foto di Luigi Ghirri è certamente il silenzio, lo stesso che circonda il monastero di Astino. È quell’assenza che vuole raccontare tutto quello che non si è detto, è la giostra in un’alba (o è un tramonto?) in riva al mare, con nessuno intorno, abbandonata fra la sabbia, che non si riesce nemmeno a immaginare il caos e le urla dei bambini che nelle ore pomeridiane si rincorrono in quello spiaggia. Sono scatti che vogliono dire tanto, tantissimo, forse perché la fotografia, per Luigi Ghirri, è un formidabile linguaggio visivo per poter incrementare questo desiderio di infinito che è in ognuno di noi.
La mostra è molto piccola. Anche soffermandosi sui piccoli particolari ci vuole poco tempo per completare il giro. E forse è meglio così perché dal chiostro, da dove si accede per vedere la mostra, c’è una piccola scaletta che scende al brolo, quello che secoli fa era l’orto e il frutteto del monastero e dove ancora oggi c’è abbastanza verde per nascondersi all’ombra. Ci si ferma lì, ad ammirare le colline che abbracciano il monastero e nascondono la città, ad assaporare il vento fresco che gioca con gli alberi. Ed è lì, dove i monaci coltivavano il loro pranzo e la loro cena, che si muore dalla voglia di capirlo di più, Luigi Ghirri, di captare ogni meraviglia dei suoi scatti. Si pensa e ripensa alla foto viste e si rimane lì, circondati dalle colline, con la voglia di restarsene lontano da tutto ancora per un poco.
P.S. La mostra di Luigi Ghirri resterà fra le mura del monastero fino al 31 agosto. Astino, invece, resterà sempre lì, dietro le colline.
[…] stupisce ritrovare Luigi Ghirri fra gli artisti che hanno ispirato Samuele Canestrari e Luigi Filippelli per Un corpo smembrato, […]