Le dolci nevrosi di Nanni Moretti: Bianca
L’asfalto è così rovente che le suole si stampano a terra. In un opaco vapore urbano misto di traffico e sfoghi di condizionatori vedo oscillare davanti ai miei occhi, a intervalli regolari, frotte di sudate cosce teutoniche che guadano la strada al verde del semaforo. Ho finito l’acqua e le sinapsi mi si stanno sciogliendo come neve al sole: maledico la mia innata avversione per cappelli, visiere, bandane et similia. Chiudo gli occhi nel tentativo di fissare nella mia mente l’immagine di una cantina fresca, umida, piena di muffa. Riapro gli occhi, è scattato il verde. Come i catarifrangenti dei guardrail, il pallore dei turisti mi acceca. Cantina, cantina! Niente, mi arrendo. Ma…cos’è quella macchia là in fondo?
Le pupille mi si dilatano per l’eccitazione: la riconosco, là, oltre le auto, oltre la folla. Una tendina verde le fa ombra, il vetro che la protegge da questo inferno che è il luglio romano è stato tempestato delle ditate collose dei tanti che come me sono stati spinti su quella riva dai cali di pressione. È una pasticceria, o forse un miraggio. E io che pensavo fosse illegale sfornarne in piena estate, pena il colera. Eppure la vedo, potrei quasi toccarla, potrei attraversare quel vetro con la mia mano e ficcare il dito nella sua ganache di cioccolato fondente: la Sacher Torte.
Ripresa coscienza dopo il delirio glicemico che mi curo di omettere, non posso fare a meno di pensare a Michele Apicella, o per meglio dire, all’alter ego cinematografico di Nanni Moretti drogato di dolci anche più di me.
Passato nell’immaginario collettivo come il nevrotico che se ne sta nudo di notte di fronte a un gigantesco barattolo di Nutella in cerca di consolazione, Michele Apicella dà il suo meglio in fatto di ossessione per torte e pasticcini in Bianca, pietra miliare della filmografia morettiana, uscito nel 1984 come quarto capitolo – dopo Io sono un autarchico, Ecce bombo e Sogni d’oro – del binomio Moretti regista/Apicella personaggio.
Paranoico persecutore di amici e conoscenti, Michele Apicella è un professore di matematica con la fissazione dell’ordine, della purezza, della logica. Anche nei sentimenti. Scheda le coppie e ne controlla tradimenti, bugie, separazioni; spia dal terrazzo della sua casa le vite dei suoi vicini (un po’ tipo La finestra sul cortile) e ne giudica i comportamenti, con una sola occhiata alle scarpe ne definisce i caratteri, ne prevede gli errori.
Non perdona nemmeno i suoi amici e la sfacciata idiozia della sua generazione post-sessantottina che riduce l’essere liberi a fare un po’ quello che gli pare. Non tollera le loro sciatterie, le prese in giro, i sotterfugi, le miserie, le mancanze. Del resto lo dice chiatto e tondo, “io mica divento amico del primo che incontro?” Si sente tradito, e quindi solo, biasima tutti ma li invidia, vorrebbe anche lui riuscire a studiare come i suoi alunni, andare a fare la spesa dal macellaio di fiducia, rimorchiare a Villa Borghese leggendo Proust su una barca in mezzo al laghetto. Ma non ce la fa, e non per moralità, ma per nevrosi.
Si ritrova in situazioni grottesche a martellare tutti di domande, dà fuoco ai sanitari per disinfettarli, butta i piatti sporchi dalla finestra, urla contro le piante che non gli spiegano perché muoiono nonostante lui le innaffi ogni sera. Insegna nell’istituto “Marilyn Monroe” – una scuola che sembra fantascienza e invece è una vera e propria accusa alla demenza degli anni ’80 – dove la foto di Zoff sostituisce quella del Presidente della Repubblica, i professori vanno dallo psicologo tra una pausa col biliardino e una con le macchinine elettriche, e in aula s’insegna la storia di Gino Paoli. Lì, Michele incontra Bianca (Laura Morante), giovane professoressa di francese, e se ne innamora. Peccato, però, che nemmeno lei riesca a dargli la pace che cerca. È geloso, ossessivo e distaccato allo stesso tempo, spaventato dalla novità del non essere più solo: “è che io alla felicità non ci sono abituato”.
Solo una cosa lo soddisfa davvero: i dolci.
Come con un bambino viziato che non fa che chiedere “quando arriva la torta?”, pretende che tutti si diano da fare per soddisfare la sua sete di ordine e quando non lo fanno vengono puniti, cancellati per oltraggiosa incongruenza. La pasticceria è fatta di numeri e di precisione e non c’è modo, in un dolce, di nascondere le magagne, per questo l’unica cosa di cui si fida davvero sono Nutella, Sacher, e paste della domenica. Non per niente rimprovera a tavola il padre della sua alunna Martina mentre serve il Mont Blanc:
PM: Cosa?
M: Lei mi sta scavando sotto, mi toglie la panna, la castagna da sola sopra non ha senso. Il Mont Blanc non è come un cannolo alla siciliana che c’è tutto dentro, è come uno zaino: lei se lo porta appresso per un mese e sta sicuro. Il Mont Blanc si regge su un equilibrio delicato, non è come la Sacher Torte…
PM: Cos’è?
M: Cioè lei praticamente non ha mai assaggiato la Sacher Torte?!
PM: No.
M: Vabbè, continuiamo così, facciamoci del male”
Davanti a una difficoltà corre a rifugiarsi nello zucchero con l’aggressività dei bambini a cui rubano la merenda. Persino a Bianca nega l’accesso ai suoi dolci al primo approccio, però poi ci riprova, invitandola, per l’appunto, ad aiutarlo a finire un dolce troppo grande prima che marcisca. Nella sena successiva lo vediamo servirle una fetta di Sacher Torte (la preferita di Nanni Moretti, che infatti c’ha letteralmente costruito sopra una fortuna) coperta da una montagna di panna. Tra tenerezza e inquietudine, la comicità di Michele ci lascia intravedere, però, che non si tratta solo di un nostrano Woody Allen alle prese con la solitudine, ma che nella sua mania di controllo c’è qualcosa di feroce. E che nella sua mente come in pasticceria è tutta una questione d’equilibrio.
Ci prova lui a dormire abbracciato a Bianca, ma sta scomodo. E poi, lei arriva a casa senza invito e gli porta il gelato, sì, ma i gusti tra loro non si abbinano. E la vicina di casa doveva fargli un maglione, ma ha tradito il marito sotto i suoi occhi. E quei suoi amici, Ignazio e Maria, che lo avevano invitato a pranzo e lui aveva portato i mignon ma si erano lasciati, ora vivono serenamente una relazione aperta con i rispettivi amanti. E i suoi alunni addirittura si sposano e festeggiano in classe…Le persone lo deludono continuamente, e lui non può farci niente. O quasi.
La sua vicina di casa, infatti, morirà in circostanze misteriose senza poter finire il suo maglione. E Ignazio e Maria verranno trovati brutalmente assassinati in casa loro.
Lo capisce pure Bianca: “Michele tu sei pazzo, sei proprio pazzo” e infatti poi scompare. E così, alla fine, Michele dovrà arrendersi e confessare alla polizia che è stato lui a fare giustizia, ordine, a dare un senso a quelle vite sregolate, insomma, ad uccidere la sua vicina di casa e così pure i suoi amici. Non prima, però, di aver ordinato profitterol al cioccolato per tutti.
Psycho Sacher
Attenzione, può provocare instabilità psichica, dipendenza da David di Donatello, ossessioni radical chic e infatuazioni perverse per politici di centrosinistra.
Premesso questo, fatene un uso consapevole.
Ingredienti:
• 140 g di burro a temperatura ambiente
• 110 g di zucchero a velo
• 1/2 baccello di vaniglia aperto e raschiato
• 6 tuorli
• 6 albumi
• 130 g di cioccolato fondente 60%
• 110 g di zucchero semolato
• 140 g di farina setacciata
• 200 g di confettura di albicocche
per la glassa:
• 200 g di zucchero
• 125 g di acqua
• 150 g di cioccolato fondente 50%
Se siete dei poracci come me senza planetaria, offrite prestazioni sessuali all’amico palestrato in cambio di un aiuto. Mescolate in una ciotola capiente il burro già morbido, lo zucchero a velo e la vaniglia ottenendo un impasto ben montato. Incorporate quindi un tuorlo alla volta con molta cautela (che Romano Prodi vi fulmini se andate veloci!) in modo che il composto resti denso e spumoso. Intanto recuperate il cioccolato che avete fatto sciogliere a bagnomaria e unitelo al resto. Setacciate poi la farina e amalgamatela. Montate a neve gli albumi con lo zucchero semolato e aggiungete anche questi all’impasto con cura, sempre incorporandoli dal basso verso l’alto.
Imburrare e infarinate il classico stampo a cerniera e rivestitelo anche con la carta forno per sicurezza, quindi versateci l’impasto e cuocete per 55-60 minuti in forno a 170°.
Durante i primi 15 minuti lasciate il forno leggermente aperto, magari mettendo una pallina di carta stagnola a fare da spessore tra forno e sportello, come si fa per il pan di spagna. Poi richiudetelo e sfornate la torta solo quando sarà asciutta ma soffice, facendola riposare per circa 20 minuti prima di tagliarla a metà orizzontalmente.
Passate al colino la confettura di albicocche così che sembri quasi una gelatina liscia e omogenea, quindi scaldatela leggermente (anche al microonde) e stendetene uno strato sottile sui due dischi della torta per poi sovrapporli di nuovo. Spalmate di confettura anche la superficie esterna, lati compresi, e fate asciugare. Resistete, manca solo la glassa: fate bollire lo zucchero e l’acqua per 5 minuti e lasciate raffreddare un pochino. Nel frattempo, come prima, sciogliete il cioccolato a bagnomaria e incorporatelo all’acqua e zucchero mescolando sempre, in modo tale da ottenere una glassa densa e liscia.
Versatela ancora tiepida sulla torta tutta in una volta, con decisione, spalmandola rapidamente con una spatola in modo da ricoprirla tutta uniformemente. Quando sarà solida, cosa per la quale serve qualche ora di pazienza, tagliatene un paio di fette e godetevela insieme all’amico palestrato (che da quel momento s’iscriverà al fanclub di Nanni Moretti, fidatevi).