Late Bloomer, di Craig Macneill
Non è mai facile affrontare un tema come la pubertà e lo sviluppo della sessualità, senza incappare in facili imbarazzi, soprattuto in un periodo storico repressivo come il nostro ed in uno stato per sua natura (religiosa) castrante. Eppure Craig Macneill persegue questa idea nell’unica (forse) maniera possibile: con l’ironia. Niente è scontato nel suo Late Bloomer. A partire dal terrore reverenziale che il giovane protagonista nutre nei confronti della sessualità e degli organi genitali, visti come mostri inconcepibili, come entità incommensurabili e folli (non per niente l’Insegnante si chiama Lovecraft: la “mostruosa vagina” sulla lavagna non può non ricordare qualcuno dei Grandi Antichi del solitario di Providence).
La reazione è imprevedibile quanto pazzesca. Un sabba, una ridda, una sorta di rito voodoo, avviene nella mente sconvolta del giovane ragazzo, dove vengono venerati queste divinità folli, sotto lo sguardo compiaciuto della professoressa. I giovani attori giocano perennemente sopra le righe della recitazione, per rendere una realtà distorta ed alienante, a cui contribuisce anche la colonna sonora e la voce narrante.
Si definisce “Late Bloomer” un ragazzo con capacità fuori dal comune, che faticano ad uscire. Ma prima o poi sbocceranno, è indubbio. Provocando conseguenze sconvolgenti.
Risate assicurate, ma anche una riflessione su come la società condizioni la nostra visione della sessualità, su come i tabù resistano allo scorrere del tempo.