Inception | Il mancato capolavoro di Christopher Nolan
“Andò incontro ai gironi di fuoco: che non morsero la sua carne, che lo accarezzarono e inondarono senza calore e combustione. Con sollievo, con umiliazione, con terrore, comprese che anche lui era una parvenza, che un altro stava sognandolo”.
Così Jorge Luis Borges termina il suo racconto Le Rovine Circolari, lasciandoci sporgere per un attimo dall’ultimo parapetto della realtà. Ci lascia un’idea. E cosa c’è di più straordinario di realizzare un’opera (un film o un libro) basata su di un’idea? Certo, non sono progetti che di solito vengono finanziati con facilità, spesso il problema è la mancanza di soldi. Cosa succede, però, se di soldi ne hai troppi?
Christopher Nolan parte, per sua stessa affermazione, dallo straordinario magma primordiale di Borges, dove ogni parola meriterebbe anni di studio, per realizzare Inception, quello che per molti è il suo film migliore, la sua opera più maestosa. E Nolan non era neppure digiuno dal realizzare film basati su idee: il suo primo successo, Memento, si basa sull’idea semplicissima della differenza fra montaggio analogico e cronologico (avete mai provato a guardare Memento col montaggio cronologico? Ecco, non fatelo…). Se, però, con quest’ultimo si trovava a disposizione pochi spiccioli e due telecamere in tutto, una a colori e una in bianco e nero, con Inception fa il grande salto. E il risultato si vede, nel bene e nel male.
Il film narra di Dominic Cobb, interpretato da Leonardo Di Caprio, un professionista nell’ ”estrarre” idee dalla mente delle persone mentre dormono, infiltrandosi nei loro sogni e partecipando ad un sogno condiviso. Un giorno, però, gli viene chiesto di “inserire” un’idea. Per fare questo mette insieme una squadra super organizzata, i migliori sulla piazza, e penetra nel sonno dell’industriale Robert Fischer. Nel sogno, per avere più tempo a disposizione, fa dormire i protagonisti creando un sogno nel sogno e poi un altro ancora (tre livelli, complessivamente). Questo gli permette di riuscire nella sua impresa, nonostante la ex moglie defunta provi in tutti i modi a mettergli i bastoni fra le ruote con una storia d’amore fatta di sensi di colpa e ricordi, che ovviamente rappresenta il cuore del film e il suo colpo di scena.
La trama, che di per sé può sembrare una cervellotica novità, in realtà attinge a piene mani da altre opere precedenti. Il tema principale si può ritrovare in Eternal Sunshine of a Spottless Mind (non ce la farete a farmi scrivere il titolo in italiano, porci traduttori!), di Micheal Gondry, un artigiano del cinema. Nolan ha a disposizione i milioni, mentre Gondry ha a disposizione solo la fantasia e la differenza è netta. Il regista americano, forte di due Batman dall’incredibile successo (buona trilogia, di cui, però, il vero capolavoro è il secondo episodio, grazie ad un cattivo d’eccezione), infatti, punta sulla spettacolarità delle immagini e della trama, tradendo molto dell’idea originale. La sceneggiatura è realizzata sullo stampo banale della Hollywood classica e incapace di cambiare: una prima parte dedicata a reclutare i migliori, con concitati salti temporali e geografici, necessaria a far conoscere i personaggi; una seconda parte tutta azione e sparatorie e con qualche buco di sceneggiatura, come la migliore cinematografia d’azione richiede. Il regista si perde, infatti, nella minaccia assurda di non risvegliarsi più, precipitando in un oblio infinito, qualora si venisse uccisi nel sogno; introduce trovate che rimangono isolate, come per esempio la possibilità di modificare il sogno (perché non si armano con un bazooka o con altre cose del genere? Solo in una scena sembra che sia possibile, ma poi non viene più replicato).
Rimangono straordinari i primi minuti, coincidenti col primo sogno, concitati da un ritmo che non si troverà più in tutto il film, dove ancora si percepisce quell’idea che doveva sottendere tutto il film, e la scena in cui Arianna inizia a modificare la città, per prendere confidenza col suo nuovo giocattolo onirico. Due sequenze di incredibile impatto visivo, soffocate nelle troppo canoniche sparatorie e esplosioni fra i ghiacci. Dall’altro lato, un piccolo fabbricante di sogni come Gondry ha preso una trama banale (la fine di un rapporto!) per renderla unica, superando la linearità della narrazione e facendo rivivere la propria vita al protagonista, ma da fuori posto e tutto ad un’altra età. E siamo sicuri che si tratti davvero della vita, oppure il ricordo viene cambiato da noi a nostra immagine e somiglianza, esattamente come un sogno? Il tutto senza sparare un solo proiettile.
Mentre Gondry mette al centro della sua opera un eccellente Jim Carrey (spesso e volentieri snobbato, perché comico, da accademy e premi vari), espressivo e “duttile” ad ogni scena; Nolan affida il ruolo principale ad un affaticato Leonardo Di Caprio. Il grosso problema di Leo è la sua incapacità a reggere il confronto attorale al fianco di interpreti di un certo spessore, dal momento che rimane un attore mediocre: è stato molto acclamato per il recente Il Grande Gatsby (film peraltro bruttino) e non senza ragione, perché messo a confronto con attori (?) del “calibro” di Tobey McGuire. Purtroppo per lui, in Inception viene affiancato da una Marion Cotillard in stato di grazia che lo incenerisce, più che offuscarlo, ogni volta che entra in scena (e anche la giovane Ellen Page, benché su un altro livello, lo fa un po’ sfigurare).
Altro debito necessario per Christopher Nolan è con Waking Life, un film semisconosciuto di Linklater che affronta il tema del “sogno lucido”, per dimostrare la bontà di una nuova tecnica cinematografica, il rotoscope. La prima metà è mera e sterile dimostrazione tecnica del rotoscope, mentre nella seconda parte il film si avviluppa, non senza grazia, intorno ai sogni del protagonista e ai mille incontri onirici. Infine, sicuramente Nolan conosceva Paprika – sognando un sogno, splendido anime poco noto alle nostre latitudini, su cui plasma il personaggio di Arianna (e un po’ anche della trama, basta leggere il titolo…).
Perché, dunque, Nolan non riesce a perseguire fino in fondo un’idea di per sé estremamente valida? La ragione è che ogni fabbrica ha le sue leggi interne. Gondry lavora da solo, al di fuori di Hollywood, non punta alle grandi masse, esattamente come aveva fatto il Nolan di Memento. Il Nolan dei Batman, invece, ha la necessità, per contratto, di portare al cinema orde di persone ed è costretto per questo (più o meno consciamente) a puntare tutto sul cast e sulla spettacolarità, creando un buon film d’intrattenimento e nulla di più. L’incapacità totale di Hollywood di rinnovarsi è la causa principale dello scarso valore della maggior parte dei film americani degli ultimi anni. Supereroi vecchi e immortali, che trovano pace nelle sterili trame sempre uguali negli ultimi vent’anni; belli e irrequieti americani che salvano l’umanità: la filmografia americana non riesce a guardare oltre i confini del proprio Paese. Le voci fuori dal coro (parlando di psciofantascienza, il Duncan Jones di Moon), sono poche e reiette. Il sonno dell’industria cinematografica genera mostri (e supereroi!).
A farne le spese è Borges. Dove l’autore argentino ci fa osservare per la prima volta il grande precipizio del sogno e dell’illusione e ci porta a sperimentare una vertigine archetipale che stringe la gola, Nolan ci presenta inseguimenti con autotreni e motoslitte. La realtà, per come siamo abituati a conoscerla, nelle parole di Borges è ormai dietro le spalle; dall’altra parte, il regista ci offre un sogno che è esattamente uguale alla realtà, senza differenze percepibili (tranne che nelle due scene già citate). Invece di mettere in scena la realtà onirica, come Gondry, ci viene presentato un sogno reale, troppo vero, e quindi privo di interesse.
Titolo: Inception
Anno: 2010
Durata:148 min
Regia: Christopher Nolan
Interpreti: Leonardo DiCaprio, Joseph Gordon-Levitt, Ellen Page,Ken Watanabe, Marion Cotillard
Mi trovo un po’in disaccordo con l’autore di questo articolo. L’aggettivo affaticato per l’interpretazione di Di Caprio mi sembra eccessivo. E’affiancato da un ottimo cast (la Cottillard in primis, drammatica al punto giusto, l’emergente Page, già convincente in Juno, il solido Levitt [ho un debole per lui e forse son troppo di parte] e Hardy, che dopo Inception è stato molto ricercato). La scena sulle nevi è una citazione di un film di 007 e non l’ho trovata così hollywodiana (ne esistono di peggiori, artificiali ed esagerate). Da citare anche la scena dell’assenza di gravità con protagonista Levitt e quella del furgone che precipita nell’acqua con la magnifica colonna sonora della Piaf.
Per me il film è una matrioska che funziona alla perfezione. Su più livelli c’è anche Sucker Punch, un film all’apparenza adolescienziale per nerd in preda agli ormoni, ma con una tematica decisamente forte alla base.
Se mi lascio ti cancello è un bellissimo film con una grande interpretazione dei due attori, specialmente della Wislet e Carrey che in versione drammatica non stona.
Moon e Source Code di Jones sono veramente belli. L’idea di Moon mi affascina (vedi anche il sottovalutato The Island e il drammatico Non lasciarmi), ma mi rendo conto che nello star system fatto di incassi $$$ record non ci sia spazio per film così.
Incuriosita dall’articolo provvederò a vedere L’arte del sogno.
Elena
Il mio commento al film era volto a dimostrare che quello che da molti (anche critici ben più in gamba di me) è considerato un capolavoro assoluto, una novità nel panorama cinematografico americano, in realtà altro non è che un film che aderisce a dei canoni ben stabiliti e solidi, senza discostarsene più di tanto. Con ciò non voglio dire che sia brutto, anzi è ottimo intrattenimento, ma non riesce ad andare oltre.
Ho scritto, infatti, del cast, di come le interpreti femminili siano due spanne superiori ai compagni maschi; ho parlato anche di un paio di belle scene che valgono il film. Il fatto che tu citi il classico James Bond non fa altro che ribadire il concetto della piena accettazione di Nolan ai dettami hollywoodiani: 007 è l’intrattenimento per definizione, senza essere (quasi) mai capace di fare il salto di qualità. E questa zavorra di Hollywood, per me, è un freno alla possibilità ideativa di un autore e regista come Nolan (vedi il discorso su Memento).
Edith Piaf è straordinaria, la canzone Non, je ne regrette rien bellissima ma, diciamocelo, parecchio abusata! Solo per citare tre film di generi diversissimi, è usata ne L’Odio di Kassovitz (consiglio di vederlo, mangia in testa a tutti i Romanzi Criminali), nel biopic La Vie en Rose (strano, eh?) e in Madagascar 3 (usata in realtà in maniera molto ironica che in molti altri film, Inception compreso).
Detto questo, la mia intenzione era solo dimostrare come il cinema possa essere altro. Come guardando oltre la collina dietro Los Angeles ci possano essere mondi sconosciuti.
Sono, a dirla tutta, contento che tu dissenta dalla mia lettura: è volutamente fatta per creare dissenso e dibattito e quindi, dibattiamo!
Alessandro Pigoni
Perdonate un errore di ortografia *adolescenziale
Il cinema nasce come mezzo di comunicazione di massa e una delle sue principali funzioni è intrattenere lo spettatore. L’entertainment non è sempre un male. Dicendo così non è mia intenzione svalutare i cosiddetti film d’autore o di nicchia, ma non trovo nemmeno giusto additare ai canoni hollywodiani una certa pochezza di contenuti. Troppo facile così. Teniamo presente, come nel caso di Nolan, che grandi registi, ahimè troppo spesso, si stanno piegando alle esigenze del botteghino (vedi gli ultimi film di Woddy Allen), però Hollywood c’è e col cinema ha un legame indissolubile. Lo spettatore medio, quando sentirà parlare di Nolan lo assocerà alla trilogia di Batman; uno spettatore più accorto a Memento, un film, mi sento di azzardare, unico nel suo genere.
Per dirla alla Fornero, non siamo choosy anche col mondo del cinema, non abbuffiamoci di pop corn e cinepanettoni, ma nemmeno viviamo di sale semideserte (alla proiezione del film francese Nella casa 3 spettatori totali: uno pagante, un omaggio e la sottoscritta in qualità di maschera).
Riguardo a 007, sì l’intrattenimento è il suo punto di forza, ma Skyfall di Mendes ha aggiunto un pizzico di introspezione a Bond, più umano, vulnerabile: meno agente segreto e più spia.
In ogni caso Inception è un film che fa discutere. Per mia esperienza “o lo ami o lo odi”. Io l’ho visto ben 3 volte e l’impatto così potente della prima visione è indimenticabile, grazie anche e soprattutto alla colonna sonora di Zimmer. In sala ho sognato e solo la musica di Edith Piaf (Madagascar 3, col suo omaggio destinato al pubblico adulto, ti fa scappare un sorriso) mi ha riportato alla realtà. Sogno o son desta?
Felice di dibattere. Elena
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