L’AMORE | Giuseppe Carnovale
Mesi fa, nell’eremo urbano di San Luca, abbiam conosciuto un gruppo di carcerati di Opera, il carcere duro di Milano. Li accompagnava Silvana Ceruti, vestale investita del sacro incarico del sacerdozio della parola: insegnante di italiano, celebra ogni giorno il culto di iniziazione alla vastità (dai un occhio all’articolo del maestro Costamagna).
Dal ’94 Silvana vive il carcere di Bollate guidando laboratori dedicati alla poesia. Ore d’aria.
“Il carcere è un luogo di rottura dei rapporti. Ecco cosa facciamo nel Laboratorio: creare legami.”
Legami. Nessi. Il mostro. Ciò che più fa paura. Agli scrittori, che scavano a cercare la propria bile, la nera sevdah, come petrolio. Alle guardie del mondo, che sanno che niente può annientarli più di una rete. Tonni spaventati, occhi dilatati.
Quella sera, la voce di cratere di Alberto Figliolia ha regalato all’aria le parole di Giuseppe Carnovale, scritte per le sbarre, per chi pensa di possedere la verità, per chi è “fuori”, senza sapere che tutti, in un modo o nell’altro, siamo “dentro”.
Ebbro di nostalgia per la quale respiro
un aroma carnale, invoco il bene amato
Enjambement da goduria totale.
e accanto al mio corpo è un altro corpo
che invisibile tocco e ognuno attende
il proprio piacere.
Lontananza incolmabile, che parola dopo parola si accentua, incedendo tra le righe, incidendosi tra le rughe.
Pelle che ha dimenticato l’umido calore di altra pelle.
L’ombra sua cerco ancora nella luce
L’ombra, simbolo di condanna da una parte, simbolo di vita dall’altra, di presenza reale (guarda la poesia di N.05 dell’esercito di MEP).
che racchiude il suo sguardo, vedo
il suo volto svanire d’incanto breve:
Svanire d’incanto. Breve.
Magia di fiaba che si perde lontana.
aveva gli occhi colore del tempo.
Poesia terrigna, di polvere che passa.
Ch’io mi strugga non importa all’eletta
casta, che sia la mano destra o la sinistra.
Questo paese ha solo gli occhi per punire.
Solo gli occhi, per punire. Lontananza di carcere.
Solo, gli occhi per punire. Insomma, mancano gli occhi colore del tempo.
Fuori c’è l’incubo ammaestrato della civiltà
che vive in una luce mielosa su cui ero passato.
E al di là del silenzio, il silenzio più forte,
il fumo di voci indica solamente
l’incompiuto e il presente urla.
Eternità conservata in un momento. Un momento conservato per l’eternità.
Conta ancora il crimine di Giuseppe? Sì.
Non c’è eterno senza storia.
Non c’è infinito senza limite.
È questo che ci giustifica e ci libera, per sempre.
Ma più lontano l’amore vietato aspetta.
Compare il protagonista della storia, alla fine, dietro le sbarre.
Scrivere è consapevolezza e coscienza e la poesia è atto d’amore.
Della pena non so cosa dire, m’inchino
alla dolce impotenza e leggo il destino.
Uomini piccoli siamo. Ma a girar la testa sappiamo leggere il destino, inginocchiato.
Chi dovrà sentenziare quando il giudice stesso è chiamato alla barra?
Il rimpianto, lo porto nel cuore
per un altro mondo ove sia dato amare
liberamente.
autore | Giuseppe Carnovale
titolo | Nessuna pagina rimanga bianca
editore | La vita felice
anno | 2013
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