L’altra Amsterdam
I left my heart in Amsterdam
where I could dream and nights were long
(Amsterdam, Nothing but thieves)
Avevo poco più di diciotto anni quando entrai per la prima volta al Jazz Café Alto, un jazz club nella zona di Leidsplein ad Amsterdam.
Mi ci aveva portata un ragazzo che odiava quella città e l’unico posto dove si sentiva bene era quel locale piccolo, angusto, con pochi tavolini di legno dove però suonavano dell’ottimo jazz.
Così ogni anno, per sei anni, ogni volta che ci siamo trovati ad Amsterdam per lavoro, si finiva sempre al Café Alto, dopo almeno venti minuti di bicicletta, un ponte dopo l’altro, fino ad arrivare al solito parcheggio di fronte al jazz club. E poi via, dentro a scaldarsi con una birra (fresca) e le musiche di Thelonious Monk, John Coltrane, Miles Davis.
Un anno, poi ad Amsterdam mi ritrovai da sola, ad affrontare una città che non avevo mai amato, ma che avevo imparato a conoscere bene. Io e la mia bicicletta la affrontammo da sole, per molti settembre a venire.
Per molti la “Venezia del Nord” significa droga e sesso a portata di mano. Ma Amsterdam è molto, molto altro. Per quanto mi riguarda, ho frequentato per più di dieci anni la città senza mai fumare una canna o visitare il quartiere a luci rosse. Forse sono troppo naïf, ma Amsterdam ha molte altre cose nelle quali perdersi.
I suoi canali per esempio.
C’è quell’ora, al tramonto, nelle giornate di sole (non è vero che piove sempre!) in cui è imperativo salire su una bicicletta, meglio se coi freni a manubrio anziché a pedale, e seguire il labirinto di canali finché non ci si stanca. È il momento migliore della giornata: tutti sono più rilassati perché il lavoro è terminato, e non c’è motivo di non sorridere se c’è il sole a illuminare le strade. La luce scalda ogni angolo, le case si preparano per la cena, ci si può guardare dentro perché molte non hanno le tende alle finestre; gli Olandesi bevono birra seduti in strada, avvolti nei loro cappotti o parka, le mani tra i folti capelli biondi o mori che siano. È come assistere a una mostra fotografica on the road, sfrecciando indisturbati a bordo della propria bicicletta.
Oppure il Van Gogh Museum. Emozione allo stato puro, non solo per chi ama il pittore olandese, ma per tutti. Il museo si sviluppa in altezza, ogni piano un crescendo di colori e richiami alla vita di Vincent Van Gogh, che commuovono il visitatore e lo lasciano talmente coinvolto da non volersene più andare. E dopo tanta malinconia, il Bloemenmarkt, il mercato dei fiori, è la tappa consigliata per cambiare l’umore senza ricorrere alla chimica. Siamo nel paese dei tulipani ed è ovvio che siano loro a farla da padroni, ma quello che colpisce è che in una città così fredda si possa trovare un’esplosione di colori e di fiori di ogni genere. Verrebbe da tuffarcisi dentro!
Da sola ad Amsterdam ho avuto la fortuna di poter scoprire angoli della città che prima non avevo neanche idea che esistessero. Spui, con le sue librerie internazionali; lo Stadsschouwburg, il teatro municipale, incastonato in Leidsplein tra i pub e tre linee di tram; perdersi a Vondelpark nelle prime ore del mattino, con una leggera pioggia che cade dal cielo ma non dà fastidio.
Ma soprattutto, ebbi finalmente l’occasione di girovagare di notte, nelle zone meno luminose e meno illuminate della città, con Amy Winehouse nelle orecchie.
Fu sulle note di Valerie, che la mia bicicletta arrivò alla fine della città, oltre la stazione centrale, nella zona da cui si vede Amsterdam Noord e dove i canali diventano mare.
Erano le tre del mattino e c’ero solo io, che, trasognante, guardavo l’acqua di fronte a me, e come Amy, ripensavo a tutte le cose che avevo visto.
Well sometimes I go out by myself
And I look across the water
And I think of all the things, what you’re doing
And in my head I paint a picture
Gemma Garcia