Laddove regnano i vulcani: primi schizzi dal Nicaragua

Laddove regnano i vulcani: primi schizzi dal Nicaragua

“La ONU es la mafia mas poderosa del mundo” – mi ripete almeno cinque volte il mio padrone di casa, Jorge, dopo circa mezz’ora di conversazione. E’ veramente caldo e il tetto di lamiera non perdona. Quaranta gradi buoni, l’acqua sempre accanto. Sono arrivata a Managua pochi giorni fa, il tempo per abituarmi al clima tropicale non è stato troppo.

Jorge è un ragazzo di trent’anni, Nicaraguense allo stato puro, sociologo sulla carta, artigiano nella pratica. Vive con la fidanzata e il figlio di tre anni in una grande casa arancione situata in una via non troppo sicura della capitale, ma in un quartiere brulicante di vita. Parliamo di politica e di come gli Stati Uniti abbiano, dal suo punto di vista, portato a dipendenza economica ed ingiustizie. “Quando c’era la rivoluzione – mi dice – le cose erano diverse. Abbiamo avuto la riforma agraria migliore del Latino America e tolto le terre a los gringos”. C’è da chiedersi se non sia vero: una rivoluzione, una guerra e quasi due decenni di democrazia dopo, la qualità della vita della maggioranza della popolazione non è effettivamente molto diversa da prima. Lo ascolto cercando di abbandonare la mia visione del mondo. E’ strano essere di nuovo da questo lato del globo. A dispetto delle mie convinzioni, mi sento più rigida, più “incastrata” in un preciso modo di pensare. E me ne sorprendo.

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Sono atterrata in Nicaragua in un normalissimo mercoledì, di quelli che odi perché troppo vicino al lunedì e lontani dal weekend. Dopo un viaggio di trenta ore e una notte a Miami non prevista, eccomi al controllo passaporti, aspettando il mio turno per entrare nel Paese. Davanti a me, molti backpackers: cercano emozioni che sicuramente troveranno. Tra il sandboarding, lo snorkeling e il surf, il Nicaragua si qualifica di diritto come un tesoro di esperienze. Prego di trovare il mio zainone rosso, fidatissimo amico di altre avventure, e sono fortunata: eccolo sbucare fuori dalla bocca del nastro trasportatore. L’aeroporto Internazionale Sandino è esattamente come te lo aspetti: struttura nella media di un Paese ancora lontano dai livelli di sviluppo che conosciamo, pieno di gente che si offre di condurti da qualche parte. Uscita dalla piacevolezza dell’aria condizionata, mi accoglie l’afa della capitale.

Managua è una città relativamente piccola (quasi due milioni di abitanti), ma particolarmente trafficata e caotica. Il terremoto nel ’72 e la guerra nel decennio successivo l’hanno distrutta ripetutamente. L’unica cosa rimasta in piedi è la Cattedrale. Per questo motivo non ha uno stile architettonico preciso, diversamente da altre città latine. Colpisce fin da subito il lago sul quale si affaccia, il secondo per estensione di tutto il Paese, e la quasi totale assenza di edifici più alti di un piano. Ricordo di aver provato sorpresa nel realizzare che non ci fossero grattacieli e nel constatare invece che un grande vulcano si stagli di fronte alla Laguna, circondata di intensa vegetazione.

Ho dovuto fare delle ricerche piuttosto approfondite per capire effettivamente dove stessi andando a lavorare. Pochissime notizie, infatti, arrivano da questo Stato centroamericano, a metà tra un paradiso per gli amanti dell’avventura e l’ombra della miseria estrema. E’ uno dei Paesi più poveri del continente, il secondo nell’Emisfero Ovest del globo, con una distribuzione del reddito talmente iniqua da renderlo una società tra le più classiste del pianeta. E’ giovane (età media 24 anni) e dinamico, con tassi di crescita invidiabili e miglioramenti evidenti. Sono rimasta colpita, ad esempio, dallo scoprire che l’acqua fosse perfettamente potabile. Una bella fortuna considerata la temperatura.IMG_20150418_141015 (1)

La vita scorre normalmente, a ritmi forse un po’ diversi, anche e soprattutto per la temperatura. Le differenze con il vecchio continente, però, si fanno sentire nei momenti più inaspettati. Ogni mattina, ad esempio, prendo un taxi sul ciglio della strada principale. Quando la prima macchina si avvicina, rivelo il mio indirizzo. E qui il primo inghippo: non ci sono veri indirizzi. Quando me l’hanno detto quasi non volevo crederci. Ogni quartiere ha un punto di riferimento. Può essere tutto: un supermercato, un monumento, un grande albero…o addirittura qualcosa di esistente prima del terremoto (e quindi oggi distrutto). A partire da quel monumento, si forniscono indicazioni apparentemente sommarie, ma incredibilmente precise. “Una cuadra a oeste desde el Pizza Hut de Villa Fontana, Edificio cuatro” (cioè, una strada, o all’incirca cento metri dal Pizza Hut di Villa Fontana, Edificio 4) è la sede della mia Organizzazione. Il taxista può dirmi no (tendenzialmente perché va in un’altra direzione) oppure proporre un prezzo, che io contratto e faccio scendere tendenzialmente di 10Cordobas. Ho fatto circa sei tentativi prima di capire come funzionasse. E’ un po’ lo scotto da pagare per trasferirti in un posto dove nessuno ti indica come-fare-cosa.

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Sono qui per collaborare al lancio di un progetto pilota che fin da subito mi pare interessante: cercare di stimare il mercato informale di alcune colture in due città in rapida espansione. Impegno arduo, considerando che quasi tutto si appoggia a reti non ufficiali, agricoltura inclusa. La popolazione, infatti, sa perfettamente come organizzarsi in gruppi, cooperative, sindacati, etc. E’ una società felice forse anche per questo spirito di unione che si respira nell’aria, incrementato dalla Rivoluzione Sandinista e tenuto vivo dal ricordo di un grande sogno comune. I nicaraguensi sanno vivere con poco e in situazioni che noi consideriamo senza indugio “disagi”, eppure sempre con un grande spirito di solidarietà dentro. E’ un tratto riconoscibile a primo impatto.2015-04-21 05.25.13 1

Jorge mi offre una birra. Guardiamo entrambi la lattina di Toña davanti a noi e ci ripensiamo: troppo caldo per ingerire alcool. Mi rassicura, garantendomi che in otto mesi di permanenza riuscirò a vedere anche “l’inverno”, quando le temperature si abbasseranno…non meno di 26-27 gradi! Guardo l’orologio e realizzo che in Italia sta sorgendo il sole di un nuovo giorno mentre io mi preparo per andare a dormire. Lo faccio presente a Jorge. Un’espressione stupitissima affiora sul suo viso: “hai mai pensato che l’espressione “ora” vale per tutti nello stesso modo?” – mi domanda. E tutto diventa chiaro.

Francesca Larosa

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