La vita nuova | Chandra Livia Candiani
La bambina che è in me – la bambina che fodera i libri di Storia e di Scienze, sceglie con cura le matite nuove, mette nello zaino il diario scolastico ancora senza compiti da fare e senza note da confessare – scandisce da sempre il ritmo del tempo: è a settembre che l’anno nuovo comincia davvero.
Settembre è il vero capodanno, la versione seria di quel momento ricorrente che dedichiamo a stilare la lista dei buoni propositi per una vita nuova che comincia: quella versione scandita dal rumore di sedie operose che strisciano decise sotto i banchi e sotto le scrivanie, piuttosto che dal tintinnio dei calici per il brindisi di mezzanotte o dalle smagliature di collant argentati.
Non che la sobrietà di settembre, e la calma composta dell’autunno che si avvicina, mi abbiano mai resa più fedele ai programmi: così come ogni primo gennaio è stato puntualmente il primo giorno dell’anno in cui sono venuta meno a quanto promesso la notte di san Silvestro, anche il primo giorno di scuola a settembre è stato sempre per tradizione il primo di tutti quei giorni fatti di compiti arretrati, ore di studio posticipate e dolcissime concessioni al riposo, al cibo e ai pomeriggi di dondolio girovago. Solo che, a settembre, ho avuto sempre il buongusto di non versare spumante sulle false promesse.
La vita nuova arriva sempre – com’è stato ampiamente dimostrato dall’avvento del post-punk, dalla Magna Charta, dal “Le déjeuner sur l’herbe” di Manet e dalla minigonna – ma è probabile che irrompa più «come un vecchio che cade sul ghiaccio» piuttosto che come una data perentoria sul calendario; «come qualcuno che spintona così forte» piuttosto che come lo squillo guerriero di una tromba medievale, o come l’odore tossico e stupefacente degli evidenziatori nuovi.
E, inoltre, dell’arrivo della vita nuova mi sono sempre accorta guardandomi indietro a cose già successe: e credo che, per ogni volta che è capitato, sia stato un bene che la vita non mi abbia interpellata più di tanto e non mi abbia preso in considerazione (proprio come fa mia nonna quando le chiedo se vuole il mio aiuto in cucina) ma tutta indaffarata e decisa, con qualche necessario sconvolgimento, qualche dolore ingiusto e qualche imbizzarrita catarsi, mi abbia condotto, volenterosamente, a qualche dirompente, nuovo inizio.
La vita nuova
arriva taciturna
dentro la vecchia vita
arriva come una morte
uno schianto
qualcuno che spintona così forte
un crollo.
È una scrittura tanto precisa
e netta da non lasciare dubbi
né sfumature di senso eppure
non dà direzioni né mete.
La vita nuova irrompe
come un vecchio che cade
sul ghiaccio, un pensiero
davanti a un muro, la
sirena di un’ambulanza.
Non ci sono feriti
né annunci di sciagura
solo noi da convincere
a lasciar perdere il miraggio
di una vita rettilinea, di un
orizzonte, lasciarsi curvare,
piegare alla tenerezza
delle anse del destino.
La vita nuova
è come un grande tuono
sbriciolato
poi a poco a poco
l’erba si china
sotto la pioggia
la prende
la beve.
(da La bambina pugile ovvero La precisione dell’amore, Chandra Livia Candiani, Einaudi, 2014)