La Sibilla di Silvia Ballestra: un ritratto vivido di Joyce Lussu
Joyce Lussu è una figura unica nel panorama culturale e politico del Novecento italiano. Ammetto che quando il mio “amico geniale” Raf mi ha regalato l’opera di Silvia Ballestra, La Sibilla, non solo non avevo letto nulla di Lussu, ma nemmeno riuscivo a mettere a fuoco un singolo titolo delle sue opere, al contrario di quelle del marito, il ben più noto Emilio Lussu, appunto (immancabile Un anno sull’altipiano nella lista di letture obbligatorie a scuola)
Dopo la lettura della biografia, conoscendo la vita di una donna che ha attraversato il secolo scorso con uno spirito indomito, mi sono chiesta più volte come fosse possibile che il suo nome non fosse inciso nella memoria collettiva al pari di altre figure del Novecento. Lussu, inteso come Joyce Lussu, non si limitava a vivere la storia: ne era artefice, protagonista.
Nata nel 1912, anno tristemente noto per la tragedia del Titanic, Joyce ha avuto una formazione assolutamente fuori dal comune. Ritirata dalle scuole elementari per ristrettezze economiche della famiglia di origine, ma anche per l’incapacità della scuola italiana di quegli anni di accogliere uno spirito libero come il suo (vedi alla voce “regime fascista”, ndr), fu educata in un ambiente laico e intellettualmente fervido.
Anche i testi religiosi, nella sua infanzia, erano letti come documenti culturali o storici, non come strumenti di credo, aspetto più unico che raro per l’epoca. La rigidità del sistema educativo italiano e la sua vicinanza al regime, quindi, non potevano essere compatibili con una famiglia che già vedeva nei cortei e nelle manifestazioni una scuola alternativa per Joyce. Mi piace pensare che sia stata questa formazione ad aver segnato profondamente la sua vita e il suo pensiero, tanto da averla poi condotta a fare scelte radicali negli anni a venire.
Del resto, in queste pagine, Ballestra non si tira indietro nel raccontare esplicitamente al lettore anche le conseguenze più dolorose delle scelte controcorrente di Joyce, come il profondo trauma del suo aborto, vissuto in circostanze tanto drammatiche quanto emblematiche della violenza dei tempi. Era il 1940, il momento della caduta di Parigi alle truppe tedesche: un episodio privato che si intreccia con la grande Storia, come spesso accade nella vita di ciascuno di noi. Tra i passaggi più incisivi del libro c’è anche il racconto del parto ospedalizzato, in cui Joyce denuncia l’umiliazione subita dalle partorienti, rivelando una realtà che, a distanza di decenni, continua a risuonare con inquietante attualità.
Ma la sua voce non si esprimeva soltanto attraverso l’impegno politico: Joyce Lussu fu anche una traduttrice formidabile! Grazie a lei abbiamo alcune delle traduzioni italiane più intense di Nazim Hikmet, poeta turco “del dissenso”, come lo definiscono in molti, cresciuto in una Turchia repressiva, trascorse anni in carcere e in esilio. La sua poesia mescolava lirismo e denuncia politica, esaltando la speranza e la resistenza. Tra le traduzioni più significative di Lussu, poi, emerge nel libro la Lettera a Luigi, forse uno dei più importanti documenti della Resistenza italiana, ovvero l’ultima lettera di Giaime Pintor, ventiquattrenne, al fratello Luigi, pochi giorni prima di morire dilaniato da una mina tedesca. Era il 28 novembre 1943.
Ne riporto uno stralcio, così che possa restare nel cuore anche a voi che leggete:
Musicisti e scrittori dobbiamo rinunciare ai nostri privilegi per contribuire alla liberazione di tutti. Contrariamente a quanto afferma una frase celebre, le rivoluzioni riescono quando le preparano i poeti e i pittori, purché i poeti e i pittori sappiano quale deve essere la loro parte. Vent’anni fa la confusione dominante poteva far prendere sul serio l’impresa di Fiume. Oggi sono riaperte agli italiani tutte le possibilità del Risorgimento: nessun gesto è inutile purché non sia fine a sé stesso. Quanto a me, ti assicuro che l’idea di andare a fare il partigiano in questa stagione mi diverte pochissimo; non ho mai apprezzato come ora i pregi della vita civile e ho coscienza di essere un ottimo traduttore [e] un buon diplomatico, ma secondo ogni probabilità un mediocre partigiano. Tuttavia è l’unica possibilità aperta e l’accolgo.
E parlando ancora di Resistenza, Ballestra intreccia magistralmente nella narrazione anche la figura di Emilio Lussu, il compagno di Joyce. Noto ai più come “fuoriuscito” – termine coniato dalla stampa fascista per smorzare gli echi suggestivi e romantici del termine “esule” – Lussu divenne un simbolo dell’antifascismo all’estero. La sua fuga rocambolesca dall’isola di Lipari, dove era confinato insieme ad altri dissidenti politici, lo rese celebre al pari di figure come Carlo Rosselli e Gaetano Salvemini. Da quel momento, Lussu fu una voce centrale nel panorama antifascista, ispirando generazioni con opere come Memorie di un fuoriuscito di Salvemini, appunto. La sua vita incarna il coraggio di chi, nonostante l’oppressione, scelse di lottare per la libertà e la giustizia.
Eppure, come dicevo, la forza di Joyce non si esaurisce nelle sue battaglie. La sua visione di una Sardegna rinata attraverso le donne, proposta durante un congresso, è una testimonianza della sua fiducia nella capacità trasformativa delle persone comuni, benché spesso inascoltata. Il suo legame con la Sardegna è profondo e significativo. Dopo il matrimonio con Emilio Lussu, originario di Armungia, l’isola divenne per lei una seconda patria. Partecipò attivamente alla vita politica e sociale sarda, impegnandosi nella lotta per l’autonomia e i diritti delle donne. Nel settembre del 1944, insieme a Nadia Spano, si trovava in Sardegna, un’isola dilaniata dalla miseria e dalle malattie, dove parteciparono alla lotta per le donne che portò nel 1952 al primo Congresso delle donne sarde.
La sua attenzione verso l’isola si riflette anche nelle sue opere e nelle iniziative culturali. Il libro Con Emilio. Per la Sardegna nella storia di tutti documenta, a partire dal 1944, l’incontro di Joyce con la Sardegna e con i sardi, le tappe di un percorso di reciproco riconoscimento, a partire dai resoconti delle prime riunioni di base, negli anni ’40, nei paesi della Sardegna.
Ecco allora che la sua eredità si mantiene ancora viva in Sardegna, dove città come Cagliari, Olbia, Olmedo, Muros e Iglesias le hanno intitolato addirittura vie e luoghi d’aggregazione per la comunità. Ad Armungia, ad esempio, il paese natale di Emilio Lussu, è stato istituito un museo dedicato a Emilio e Joyce Lussu, in cui sono documentate le loro vite e il loro impegno politico e culturale.
Prima di lasciarmi travolgere da questa lettura, non avevo idea di tutto ciò. E oltre ad ammirare, silenziosamente, la vita di questa donna, vorrei continuare a ricordarmi l’immagine commovente del finale. La Sibilla si chiude con un piccolo aneddoto: le ceneri di Joyce riposano oggi accanto a quelle di Emilio Lussu, nel cimitero acattolico di Roma, accanto a Gramsci (e a una discreta colonia di gatti meravigliosi).
Quel cimitero è un luogo a me caro, forse uno dei rifugi migliori per tutti coloro che hanno saputo vivere, e all’occorrenza lottare, per tradurre la bellezza del mondo affinché noi, posteri, potessimo goderne a pieno.
Titolo | La Sibilla
Autore | Silvia Ballestra
Casa Editrice: Laterza Editore
Anno | 2022