La Regina Ciclarum | Dal cuore di Roma al mare, pedalando
Quello della Regina Ciclarum è un percorso lungo la vita di un fiume, il Tevere. Dall’Umbria alle acque del Mar Tirreno. 400 chilometri di terreno da calpestare in bicicletta.
Di questo tracciato – che esiste grazie alla passione e alla tenacia dei volontari, ne abbiamo percorso un tratto. Dal cuore della Capitale al mare.
Centro città. Percorso ciclabile a livello del Tevere. Lo si può imboccare all’altezza di viale Mazzini. Direzione Vaticano. Da qui al mare saranno circa 40 chilometri. Alle spalle se ne snodano altri. Un itinerario che porta, ad esempio, fino a Castel Giubileo, attraverso campi e campagne che in pochi minuti ti sbalzano fuori dalla dimensione urbana.
La Roma più bella e orgogliosa di sé scorre accanto. La osservi dal basso verso l’alto. Ti ammicca. C’è questa luce, da qui – c’è sempre – che ti inganna e distrae. D’istinto l’animo del condivisore-compulsivo-di-cose-belle (ogni riferimento a chi scrive è puramente casuale) spinge a puntare le dita sui freni. Un leggero sibilo. Stop.
Che voglia di fotografare. Di portare via. Di rubare. Ma non puoi, perché tanto questa luce mica riesci a renderla, nemmeno col più potente degli apparecchi. Avanti.
È un senso di bellezza cangiante lungo il crinale degli istanti. Alzi e abbassi lo sguardo lungo il percorso e l’immagine che ti ritorna è già diversa. Basta un filo di vento, ad esempio, per smuovere la superficie del fiume che a volte si fa lago e il riflesso delle piante esplose di verde primaverile scompare. Poi torna. Poi si confonde. Ti confonde. Maledetta te. Forse ha ragione Simonetta Sciandivasci (Il Foglio) quando scrive che quando fai così andresti querelata, Roma.
Garbatella. Il gazometro si staglia sui relitti industriali. Da Ozpetek a Skam Italia ci è stato declinato, proposto e riproposto. Eppure ecco, la Shoreditch di Roma – se mai arriverà – me la sono sempre immaginata qui. Nella vita che ripopola le pieghe delle macerie postindustriali.
Poi c’è il fiume con le sue tracce. Sotto i ponti della Garbatella il fango si è accumulato e seccato dopo le piene della stagione che ci siamo persi. Mentre eravamo chiusi in casa il fiume saliva e scendeva. Restano le tracce di qualche avventuriero pneumatico, sfuggito al controllo dei droni. Mentre faccio lo slalom tra bambini, monopattini e mascherine mi pizzico: è stato tutto vero? Tossisco la nuvola di polvere e polline.
Marconi. Si sale. La Regina Ciclarum (gran bel nome, comunque) continua affiancando la strada ma su un tracciato separato. Siamo ancora in città. A sinistra scorrono lavaggi auto, rimesse abusive, parchetti e ancora fiume.
In ordine sparso: Torrino, sottopassaggio della Roma Fiumicino, Tor di Valle. Avanti e avanti ancora. Le colonne d’Ercole della parte urbana sono al ponte di Mezzocammino. Da poco più in là si continua principalmente su un percorso sterrato.
[Informazione di servizio: si suggerisce di proseguire armati di bombolette di spuma riparante per le ruote, camere d’aria di riserva, amici in grado di sostituire le camere d’aria di riserva e una buona dose di fattore C. Al primo tentativo di percorso, l’amico-in-grado-di-sostituire-le-camere-d’aria ha bucato a circa due chilometri da Ponte Galeria. Ma eravamo partiti improvvisando, scarsamente equipaggiati (eufemismo). Chi non vorrebbe prendere un treno per rientrare, per fortuna deserto, nel bel mezzo di una pandemia globale?]
Per raggiungere il prosieguo del percorso bisogna imboccare il sentiero seguendo il cartello “Mare”. Bici a mano. Sottopassaggio. E via pedalando.
Ai margini del percorso sterrato distese di campi ed erba che cresce. Il sentiero è mantenuto pulito dal passaggio e dal lavoro dei volontari per cui può capitare che le erbacce arrivino a lambire le gambe. Pazienza. Ce n’è di bellezza.
C’è un odore di finocchio selvatico che improvvisamente mi sbalza alle estati dell’adolescenza in Sardegna. Le stradine, la macchia, le dune, il cardo che bucava il piede, il giglio. Lo respiro a fondo. Andata e ritorno. Spazio e tempo. Nostalgia, compagna di quarantena.
Sul percorso professionisti. Amatori. Addirittura famiglie con bambini.
Il fiume si allontana e si avvicina mentre la strada si snoda e la distanza si consuma. Si segue l’argine. Lo si monta. Lo si scavalca. Lo si riprende.
Sono cresciuto in campagna. Qui ritorno al mio fiume. Al Po. Ai pomeriggi degli anni ’00. Al rientrare per cena rossi di freddo e di brina o assetati dal caldo. Intorno la mia terra piatta e ora lontana. La golena. I sabbioni. I campi di battaglia lasciati dai fontanacci, dove il fiume si insinua per sfogare la piena eludendo le difese erette dall’uomo. Le terre dove rigurgita e grida. Ricordo una voce origliata osservando l’esondazione dall’argine di Motta, una signora raccontava l’urlo del Po. L’ululato delle notti di piena.
Nel frattempo, accanto, è cambiato l’odore dell’aria e il colore del Tevere. Leggere onde spinte dal vento solcano la superficie dell’acqua in direzione contraria alla corrente. Si sente il mare nelle sfumature del paesaggio e nei profumi mediterranei.
Quando il percorso sterrato della Regina Ciclarum finisce, si recupera la ciclabile urbana del Comune di Fiumicino. Un chilometro abbondante e si arriva alla spiaggia accanto al porto. Accanto scorrono le barche a riposo da tanto, troppo tempo. I gabbiani accettano a fatica il ritorno alla condivisione degli spazi. Sul molo i pescatori stanno rimestando le reti. Mentre penso quanto, in fondo, questo tempo ci abbia regalato la riscoperta della prossimità, mi accorgo di stupirmi di tutto questo “ovvio” che mi circonda.
Siamo vicini alla foce del Tevere, ma gli effetti del lockdown appena allentato sono evidenti. L’acqua è ferma e trasparente. Il sole di fine maggio accompagna a provarla. Quanto durerà?
La spiaggia è solo timidamente frequentata.
Mentre la mia testa taglia la superficie fredda mi sento sorridere.
Quanto ho agognato tutto questo.
[Nota tecnica: al ritorno il percorso è uguale e a ritroso, ma è possibile alternativamente spingersi alla stazione di Parco Leonardo, vicino all’aeroporto, e rientrare in città caricando la bici sul treno. Lungo questo tratto di Regina Ciclarum, l’ultima fontana che ho rilevato è all’altezza dello svincolo ciclabile per il Torrino. Portarsi borracce e tanta acqua. E uno spuntino di zuccheri e frutta].