Con Ragazzi di vita, Pier Paolo Pasolini descrisse il mondo delle borgate romane, un agglomerato di cemento e di vite che poco o nulla hanno a che vedere con i salotti borghesi della capitale. Il romanzo venne pubblicato nel 1955 e a distanza di più di sessant’anni, lo scrittore Roberto Saviano racconta nella sua prima opera di fiction, La paranza dei bambini, una vera e propria emergenza educativa, più o meno nel senso in cui l’intendeva Pasolini.
Siamo nel quartiere Sanità, centro storico di Napoli. Le vicende narrate sono frutto dell’immaginazione dell’autore, anche se ispirate a fatti reali. I protagonisti, ragazzini tra i 14 e i 18 anni, sono vittime e carnefici di un mondo patinato e modaiolo, in cui l’aspirazione massima è fare un sacco di soldi e apparire “fighi” sui social. La loro unica regola è giocarsi tutto e subito, anche a costo della vita, perché a 90 anni muori centenario, a 20 anni leggendario. Ed è proprio su questi valori perversi che si basa la quotidianità di Nicolas, di Briato’, di Tucano, di Drago’ e degli altri paranzini cresciuti nel ventre molle della città. Nessuna speranza di redenzione, nessuna luce in fondo al tunnel. La paranza dei bambini occupa uno spazio difficile da eludere, perché esso tenta di analizzare, attraverso la carne viva di un gruppo di adolescenti legato alla camorra, le problematiche esistenziali di una contemporaneità oscura, spesso così scomoda da volerla nascondere.
Sin dalle prime pagine, Saviano invita il lettore a non lasciarsi trarre in inganno dall’età dei baby killer; sono invasi da un’innocenza ancestrale, questo è vero, ma gestiscono intere piazze di spaccio. Sognano di sposarsi con la ragazza con cui stanno da sempre, ma sparano con pistole semiautomatiche, fucili d’assalto e AK-47. Postano i video su Facebook e giocano alla PlayStation, ma terrorizzano interi quartieri con bombe e “stese”, in gergo criminale significa correre all’impazzata sui motorini e sparare raffiche di proiettili contro mura, balconi e saracinesche dei negozi. Se in Ragazzi di vita si può facilmente intravedere un barlume di tenerezza e di speranza, ne La paranza, anche un gesto apparentemente insignificante, si trasforma in un microcosmo chiuso, fatto di silenzio, di ipocrisia, di ferocia. I “pischelli” di Pasolini girovagavano per le vie di Roma per racimolare qualche spicciolo, prostituendosi e rubando; i protagonisti di Saviano, invece, hanno “ambizioni” diverse, si sentono grandi e forti e non temono la morte.
“Bambini li chiamavano e bambini erano veramente. E come chi ancora non ha iniziato a vivere, non avevano paura di niente, consideravano i vecchi già morti, già seppelliti, già finiti. L’unica arma che avevano era la ferinità che i cuccioli d’uomo ancora conservano. Animaletti che agiscono d’istinto. Mostrano i denti e ringhiano, tanto basta a far cacare sotto chi gli sta di fronte.”
Lo stile narrativo è crudo e si caratterizza per la presenza di descrizioni chirurgiche che definiscono la metamorfosi temporanea della coscienza e dei luoghi. Per rispettare l’autenticità, infatti, come nell’opera di Pasolini, il linguaggio utilizzato per i dialoghi è il dialetto, anche se le emozioni e i pensieri dei personaggi vengono trattate con estrema delicatezza; Saviano ci racconta una Napoli lontana dal golfo da cartolina, ma tiene a precisare che quello che è accaduto e che, ahimè, tutt’oggi accade nei vicoli della città partenopea, riguarda anche le periferie di Berlino, di Parigi, di New York, di Città del Messico. E guai a pensare che queste bande siano composte solo da ragazzini cresciuti in un ambiente criminale o povero. La maggior parte di loro, a onor del vero, provengono da famiglie estranee alla criminalità, che tirano avanti tra mille difficoltà e sacrifici. Ed è qui che la trama si infittisce: per questi adolescenti non c’è nessuna possibilità di riscatto; per loro la realtà è un treno che viaggia troppo forte e per salirci sopra sono disposti a tutto, perché se rallenti il passo, rischi di restare indietro e di ritrovarti un adulto senza certezze. Poco importa, quindi, se a 15 anni ti ritrovi in galera, l’importante è aver frequentato belle ragazze in locali alla moda, comprato vestiti e scarpe griffate e bottiglie di Moët & Chandon.
La paranza dei bambini non è altro che lo specchio dei tempi in cui viviamo. La quotidianità frenetica terrorizza le nostre vite, su questo non ci sono dubbi, e ogni passo falso incide irrimediabilmente sui nostri progetti. I paranzini sono consapevoli di queste difficoltà, ed è per questo che scelgono la strada più breve e semplice, ma anche la strada che porta a una fine tragica. Dunque, come approfondire questo fenomeno? Come accaduto in Gomorra, Saviano affronta con coraggio dinamiche senza dubbio complesse da rifondare, e lo fa con un’unica ossessione: illuminare l’ombra. Del resto, analizzare queste tematiche non significa stare dalla parte del male, ma raccontare una ferita affinché la dimensione dell’orrore possa aiutare a riflettere e a educare.
Luigi Affabile
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Titolo: La Paranza dei bambini
Autore: Roberto Saviano
Casa editrice: Feltrinelli
Anno: 2016