La mischia | L’esordio di Valentina Maini
Esistono titoli di libri che, più che introdurre la storia, sono una dichiarazione d’intenti.
È il caso di La mischia, di Valentina Maini, pirotecnico esordio edito da Bollati e Boringhieri.
Per cercare, per quanto difficile, di delinearne la trama in breve, il romanzo parla di Gorane e Jokin, fratelli gemelli e figli di terroristi baschi, che si perdono e si allontanano, e tutto quello che ci sta in mezzo tra Bilbao e Parigi. La narrazione si snoda tra piani temporali e punti di vista differenti, meta-narrazione e altri effetti speciali.
Siamo nel 2007, a Bilbao, in piena ondata terroristica dell’ETA. Gorane va a prendere i suoi genitori in ospedale, dopo che sono stati dimessi in seguito a quello che sembra un pestaggio, o un attentato, forse causato proprio da loro. Le pagine, in questa parte del romanzo, scorrono via in un’atmosfera tra l’onorico e l’inquietante: Gorane, ragazza magra e indecifrabile, dalla voce narrante secca, dura, ferita, fluttua tra i ponti e i fiumi della sua città e la sua casa forse vuota – il dubbio che sia vuota, che quei genitori che lei vede, con cui parla, che lei sgrida come se i ruoli fossero invertiti, non siano presenti nella realtà ma solo nella sua testa, ci assale sempre di più una pagina dopo l’altra.
Quando Gorane ritrova la lucidità, ecco che le risulta chiaro anche quello che si era ripromessa di fare: cercare Jokin, suo fratello gemello, scappato a Parigi.
I due gemelli sono specchi in cui l’uno si riflette nell’altra: lui rumoroso, lei silenziosa, lui assorbe come una spugna gli ideali dei genitori, lei li rigetta. Lui partecipa alle riunioni dell’ETA, si fa arrestare, non contesta il concetto di libertà trasmessogli da genitori che vedono nel nucleo familiare il cammino per qualcosa di più alto: per l’indipendenza, gli ideali, le cose che sono davvero importanti.
Lei prova rabbia verso quella famiglia, si rifiuta di imparare il basco, si rifiuta di presenziare alle riunioni, pulisce e si prende cura di ogni superficie della casa perché sembra che per i suoi genitori, quelli che dovrebbero esserne custodi, sia un mero involucro dove abitare, una faccenda banale che non li riguarda; prima si fa la rivoluzione, poi si bada alla casa, poi si insegna ai figli i concetti basilari di igiene personale.
La fuga a Parigi di Jokin, e il conseguente tentativo di riavvicinamento di Gorane, pone le basi per la seconda parte del romanzo, che, di nuovo, cambia voce e punto di vista: questa volta il focus è Jokin, la sua vita da batterista e altri lavori saltuari in una Parigi multiforme, ora bohemienne ora immersa nelle banlieu; ma, come per la prima parte, sarà davvero così?
In una caleidoscopica terza parte i nodi cominciano a sciogliersi, ma la struttura rimane molto complessa, e tesse nella sua tela le vicende di scrittori borghesi, criminali, bellissime piromani, in una Parigi che avrebbe potuto essere la solita cornice cliché dell’ennesima storia ma che invece è brillante, spaventosa, viva e vera. E infatti l’autrice ci ha abitato, sa condurci nei luoghi che conosce solo lei – o altri eletti che la possono chiamare, per periodi di tempo più o meno lunghi, casa.
La scelta di narrare le delicate vicende di una famiglia legata all’ETA potrebbe costituire un terreno scivoloso, specialmente perché non si tratta di un’eredità storica legata all’autrice, ma in questo romanzo il tema del terrorismo è più un’interessante e coraggiosa premessa per introdurre temi più viscerali: la famiglia, la concezione di amore, il rapporto genitori-figli, gli ideali che dovrebbero liberare e invece soffocano, costringono terze parti a sacrifici non richiesti, ne plasmano la personalità in maniera irreversibile.
Cosa siamo disposti a insegnare ai nostri figli pur di rispettare gli ideali di libertà che ci sembrano irrinunciabili? Quanto siamo disposti a rispecchiarci nelle idee dei nostri genitori, anche se questo significa camminare su un percorso tracciato solo da loro e da altri prima di noi, senza fermarci a pensare che pure la nostra voce ha diritto di esistere? Gorane impone la sua dissidenza al resto della famiglia, e Jokin impone la dissidenza della sua famiglia nel mondo, e nessuno dei due è un mostro o un eroe, entrambi stanno solo cercando di sopravvivere alla propria infanzia.
Questo è un esordio pirotecnico, è vero, ma in mezzo alla polifonia di voci, in mezzo ai fuochi d’artificio, alle bombe di Bilbao e alla confusione di Parigi, un lieve stordimento e una malinconia sottile ci esplodono nel petto e ci accompagnano fino alla fine, come al termine di una strana festa.
Sara Zampieri
Titolo | La mischia
Autrice | Valentina Maini
Casa editrice | Bollati Boringhieri
Anno | 2020