La luna, le statue e le streghe: storie di Lunigiana. 

La luna, le statue e le streghe: storie di Lunigiana. 

La Lunigiana è una terra profondamente femminile. Una femminilità scarmigliata, selvaggia, fiera. E’ una Toscana troppo indisciplinata per essere ritratta nelle cartoline: non si orna di ordinati cipressi né accarezza la vista con dolci colline verdi. E’ la cugina irriverente e un po’ trasandata, che nelle foto di famiglia è relegata in un angolo con aria torva. E’ la donna che ora si etichetta solo come stramba, mentre un tempo sarebbe stata additata come pericolosa… o bruciata come strega.

Geograficamente parlando, siamo nel bacino idrografico del fiume Magra, tra le province di La Spezia e Massa Carrara: il territorio qui descritto è quello a sud di Pontremoli, il comune più settentrionale della Toscana. Più in generale, per Lunigiana si intendeva un tempo il territorio controllato dall’influenza amministrativa ed ecclesiastica di Luni, antica colonia e porto romano alla foce del fiume Magra.

Prima di Luni c’era la Luna. Gli antichi Etruschi veneravano questo astro come una Dea (chiamata Selena), riconoscendogli il grande potere di agire indistintamente sugli eventi naturali e sulle vite umane con la stessa pallida, magnetica forza. Rispettando questo culto pagano, i Romani elessero templi a Diana, Dea della Luna: il culto si trasmise attraverso i secoli assumendo le forme più diverse, passando dalla stregoneria al più innocuo folklore popolare.

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Le leggende che pervadono questi luoghi sono in effetti moltissime: l’abbondanza di castelli, dispute nobiliari e foreste adatte ad inghiottire eroi fiabeschi ha originato storie di marchese fantasma, malefici gnomi, principesse sospiranti e strani animali notturni. L’atmosfera magica si percepisce in modo quasi palpabile, come una nebbia leggera. La senti camminando sui ponti di pietra di Pontremoli, tra le stradine lastricate del borgo di Filetto, che si anima ogni anno con una festa medievale profondamente sentita dagli abitanti locali. Ti avvolge mentre cammini nel bosco in un uggioso pomeriggio di Agosto, e ti sembra del tutto verosimile che in quel punto secoli (o sere?) fa un gruppo di streghe abbiano celebrato un sabba illuminate dalla luce lunare.

Forse nessuno ha mai assistito ad una di queste cerimonie (e in ogni caso dubito che le magiche amiche l’avrebbero lasciato vivo per raccontarlo), ma nel 1905 un contadino di Fivizzano sorprese una fila ordinata di esseri altrettanto interessanti: un gruppo, non il primo ma il più cospicuo, di statue stele. Queste sono sassi di tipo antropomorfo, in cui i tratti del volto sono poco o per nulla accennati: il viso è spesso rappresentato da una semplice T, e mani e piedi sono dettagliati solo negli esemplari più recenti. Al contrario, il sesso del soggetto rappresentato è reso ben evidente: gli uomini brandiscono armi, le donne hanno seni e ornamenti, come piccoli orecchini. Le otto statue di Pontevecchio sono tra le più vecchie mai rinvenute: il luogo del loro ritrovamento corrisponde a quello in cui erano state originariamente posizionate. Il simbolismo di questi piccoli esseri di pietra non è chiaro, anche se probabilmente la loro era una funzione simbolica e propiziatoria. La piccola congrega, insomma, ha portato silenziosamente fortuna per millenni in un angolo di bosco dimenticato che un tempo doveva avere un forte valore sacrale.

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Le statue stele sono considerate il simbolo della Lunigiana: Pontremoli ha dedicato loro un museo recentemente rinnovato, ospitato dal Castello del Piagnaro, che domina il paese. Nel castello riposano anche i pellegrini di passaggio lungo la Via Francigena, a cui per accedere all’ostello ricavato dalle stanze del castello vengono semplicemente consegnate le chiavi dell’intera struttura. Un camminatore stanco e puzzolente può quindi diventare castellano per un giorno, con piccoli antenati protostorici come coinquilini: è parte della magia di questo luogo, che sa accogliere tanto quanto intimorire.

La Lunigiana è diffidente, come la zia un po’ stramba si apre solo a chi sa cercarla e comprenderla: voi non badate al suo aspetto trasandato e fermatevi ad ascoltarla, ha storie meravigliose da raccontare. 

Foto di Alberto Conte (www.sloways.eu)

Ottavia Mapelli


 

 

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