La guerra è dichiarata – Valerie Donzelli
Vi capita mai di scegliere i libri in base alla loro copertina? Gironzolare in una biblioteca ed estrarre dagli scaffali il volume che più vi ispira?
Bene, a me capita abbastanza di frequente. E non nascondo di aver preso delle cantonate pazzesche lasciandomi guidare da una foto effetto seppia, ma niente da fare, come tutti i vizi anche questo non mi passa. Anzi, non contenta l’ho recentemente esteso anche ai film. È proprio così che mi sono imbattuta in questo affascinate e improbabile film francese, La Guerra è Dichiarata, che sebbene sia anche stato candidato agli Oscar per la Francia nel 2012, in Italia non è molto conosciuto.
Mi aggiravo per gli scaffali della biblioteca (sì, io prendo i film in prestito in biblioteca, sono analogica) quando sono stata attirata dalla copertina di questo dvd, tutta colori e vitalità, con tanto di titolo in grassetto fuxia. L’ho preso senza neanche leggere la trama.
Capirete la mia sorpresa quando, a casa, ho scoperto che parlava di una giovane coppia con figlio neonato al seguito, malato di tumore al cervello. Mi sono sentita presa in giro dai titoli in fuxia. Ormai però lo avevo lì, con il prestito a scadenza settimanale, quindi ho tirato fuori i fazzoletti, ho spento la luce, e mi sono preparata a uno di quei film che se non altro servono a lubrificare gli occhi.
Invece, sorpresa!
L’immagine in copertina non tradisce lo spirito del film, anzi, lo incarna perfettamente. Dimenticate i melodrammi che puntano a far commuovere lo spettatore, qui si parla d’altro. È vero, il bambino è malato, ma già la prima scena del film ci dice che sopravvivrà alla malattia. È vero, ci sono gli ospedali, i medici, le odiose sale d’attesa, ma ci sono anche feste, ubriacature, amore, musica. Nonostante il tema della malattia, il film è pieno di vitalità e sfrontatezza.
Non vi basta? È anche autobiografico.
Non siete ancora convinti? La regista, Valerie Donzelli, è anche sceneggiatrice e protagonista del film. Recita insieme al co-sceneggiatore e suo ex compagno nella vita, Jérémie Elkaim, e a Gabriel Elkaim, il figlio nato dalla loro relazione, che per l’appunto è stato malato di tumore al cervello da piccolissimo ed è riuscito a guarirne.
Capite bene che le premesse per fare un film carico di dolore e (auto)commiserazione c’erano tutte: la Donzelli avrebbe potuto usare il cinema come uno strumento per esorcizzare un periodo terribile della sua vita, sputare fuori tutto il male come fosse un veleno, riversarlo sulla pellicola. Invece sceglie di non mettersi il dito nella piaga e rigirarlo per suscitare la compassione e la comprensione della gente, sceglie piuttosto di raccontare la resistenza, la guerra appunto, che i protagonisti della vicenda tacitamente e di comune accordo decidono di combattere contro la malattia. Quindi la vita non si ferma quando Romeo e Juliette (sì, non scherzo, questi sono i nomi dei protagonisti) scoprono la malattia del figlio neonato. Ovviamente ne vengono investiti, ma non si fanno travolgere: rispondono alla morte con la vita, continuano a sorridere, a trovare il tempo per divertirsi, per amarsi, per vivere la loro vita e non solo subire la malattia.
Il film è del tutto privo di retorica, sia nel modo in cui la storia viene raccontata, sia nello stile adottato per narrarla. La Donzelli riesce a mettere insieme elementi tanto diversi e distanti tra loro che davvero sembra impossibile riescano a convivere tutti nello stesso film senza che questo perda di coerenza. Una scena cantata in stile musical; un pizzico di magia quando i protagonisti fanno apparire dal nulla dei calici di spumante battendo le mani, per festeggiare il Natale; fotogrammi che sembrano estratti da un documentario scientifico e rappresentano, presumibilmente, cellule o tessuti del corpo umano; sovrimpressioni tra volti e paesaggi, paesaggi e volti; ben tre diverse voci narranti; una colonna sonora schizofrenica che spazia da Vivaldi a Jacno, da Morricone alla musica elettronica. Il tutto condito da un montaggio veloce, a tratti velocissimo, che contribuisce a dare al film un ritmo sostenuto, anche questo in contrasto con il tema della malattia.
Valerie Donzelli non permette mai alla malattia del piccolo Adam di diventare la protagonista. I veri protagonisti sono sempre Romeo e Juliette, nomi quasi archetipici che racchiudono sì la sorte di un destino tragico, ma anche la forza, la vitalità e il magnetismo di un amore che sembra in grado di annullare tutto il resto. Sono loro che reggono il peso del film (e della malattia), e lo fanno con forza, ironia, un po’ di sano cinismo ma, soprattutto, lo fanno insieme.
La bellissima scena finale, con la spiaggia d’inverno, è l’unica girata in 35 mm (tutto il resto del film è girato con una fotocamera digitale, del tipo solitamente usato per i documentari): è la liberatoria uscita dagli spazi limitanti degli ospedali, il ritorno alla libertà, sempre e comunque insieme.
Titolo Originale: La Guerre est déclarée
Regia: Valerie Donzelli
Anno: 2011
Cast: Valerie Donzelli, Jérémie Elkaim, Gabriel Elkaim, Brigitte Sy, Elina Lowensohn, Bastien Bouillon
Secondo me uno dei film più belli del decennio, se non della storia.