La Cappella di Teodolinda, un fumetto ante litteram
Il fumetto è un linguaggio che è presente dappertutto nella nostra vita di tutti i giorni ed è nato molto prima di quello che normalmente si pensi. Infatti, quando due settimane fa sono finalmente riuscita ad andare a visitare la Cappella di Teodolinda di Monza con delle amiche (dico finalmente perché si trova tipo a 3 km da casa mia) e mi sono accorta di trovarmi davanti a un enorme fumetto 3D, loro, all’inizio, hanno un po’ ridacchiato della mia teoria, ma si sono dovute arrendere all’evidenza e, alla fine, mi hanno dato ragione. Dopotutto, come potrebbe non essere un fumetto una sequenza di 45 vignette che raccontano, in sequenza, la mitica storia della regina dei longobardi Teodolinda?
La tradizione del raccontare storie per successioni di immagini è stata la prima forma di narrazione utilizzata dall’uomo dopo quella orale. Ne abbiamo esempi dalle pitture rupestri e ancora più evidentemente dai dipinti egizi e nei cicli di affreschi medievali. Forse gli Zavattari, che hanno dipinto questa meravigliosa Cappella, non erano consapevoli che, secoli dopo, il vero erede della loro arte sarebbe stato il fumetto, ma questo non li rende meno “fumettisti” ante litteram. Perciò oggi voglio parlarvi della Cappella di Teodolinda proprio come di solito vi parlo di fumetti in carta e inchiostro e vedere se funziona o se è solo un altro dei miei trip mentali.
Purtroppo a questo punto sono costretta a fare alcuni spoiler. La Cappella di Teodolinda narra, appunto, della storia leggendaria della fondatrice di Monza, la regina dei Longobardi Teodolinda. Dopo una lunga ricerca di una moglie, il re dei Longobardi Autari sposa questa principessa bavarese, una donna saggia che è rapidamente si guadagna l’amore del suo popolo.
Infatti, alla morte di Autari succede una cosa inusuale: si decide che il potere rimanga a Teodolinda e al marito che lei stessa sceglierà. Il nuovo re dei Longobardi è Agilulfo, che però è un personaggio del tutto secondario nella storia e serve solo per far vedere che lui se ne va a caccia mentre Teodolinda incontra lo Spirito Santo sulle rive del Lambro in forma di colomba. E’ qui che verrà fondata la città di Monza, che diverrà residenza estiva e sede della basilica dedicata a San Giovanni Battista (e che negli anni si trasformerà nell’attuale Duomo).
Gli Zavattari raccontano questa storia a più di 800 anni di distanza e hanno a disposizione un’intera cappella nuova di zecca per raccontarla. Se il fumetto è l’arte di rappresentare il tempo nello spazio, cosa c’è di meglio di uno spazio tridimensionale per esprimersi? Altro che gli albi di oggi! Nel 1400, però, ci sono altre considerazioni da fare: alla luce delle candele le prime vignette in alto difficilmente saranno visibili con nitidezza. Gli Zavattari allora fanno una scelta davvero intelligente, ovvero introdurre la storia con il lunghissimo viaggio di Autari per le varie corti d’Europa alla ricerca della sua futura sposa.
Nessuno di questi episodi ha bisogno di molti dettagli per essere compreso, ma, molto più importante, questo ciclo fornisce a Teodolinda una vera e propria genesi di tutto rispetto sotto diversi aspetti. Tutti questi cavalieri e tutte le scene di corte rappresentano, infatti, l’espressione dell’amor cortese e, quindi, della ricerca della donna angelo che tanto “andava di moda” in quegli anni. E vogliamo dimenticarci della leggenda più importante di tutte, la vera Ricerca con la R maiuscola, quella del Santo Graal?
Nel leggere la storia di questa donna forte e potente, quindi, abbiamo sempre davanti agli occhi le sue origini quasi divine e il suo operato formidabile, perché, il fumetto è unico nel permettere al lettore di percepire contemporaneamente sia il ricordo del passato che l’aspettativa del futuro.
Non sorprende vedere Teodolinda e la sua corte abbigliati con abiti del 1400, quindi molto successivi, perché si può vedere la stessa cosa in tantissime opere d’arte rinascimentali. Ma qui forse si nasconde qualcosa di più. La Cappella, infatti, sembra sia stata commissionata agli Zavattari da Filippo Maria Visconti, duca di Milano, che al tempo stava avendo qualche problema di successione. Aveva un’unica figlia, Bianca Maria Visconti (e addirittura illegittima..), ma ci teneva che il ducato di Milano rimanesse in qualche modo “in famiglia”. Dopo averla fatta legittimare dall’Imperatore andò a ricercare nella storia una vicenda che potesse giustificare la successione per linea femminile e sappiamo già che cosa trovò. Gli usi e i costumi “moderni”, quindi, oltre ad essere un vezzo artistico, sicuramente servivano anche per rendere la storia più “attuale” agli occhi del fruitore.
La Cappella è stata recentemente restaurata (da un team di sole donne) e riaperta al pubblico. Il restauro ha permesso di scoprire che non si tratta di affreschi, ma di dipinti a secco, quindi opere ancora più fragili, ma questa tecnica ha permesso agli artisti di arricchire i disegni di molti più dettagli avendo più tempo a disposizione per rifinire il prodotto finale. In alcune vignette si possono ancora vedere delle applicazioni (anche in oro e gemme) in tre dimensioni che escono dalla parete, che sicuramente dovevano essere molto suggestivi e trasmettere un vero e proprio senso di movimento alla luce tremolante delle candele. A distanza di 600 anni emana ancora il fascino che possiedono solo le opere che hanno radici nelle vicende ormai leggendarie dei grandi uomini della nostra terra. Da vedere insieme a quell’amico (amico?) per cui i fumetti sono solo roba per bambini.
Titolo: La Cappella di Teodolinda
Autori: Bottega degli Zavattari
Mecenate: Filippo Maria Visconti
Anno di pubblicazione: Anni 40 del XV secolo
Numero di pareti: 5