La bossa nova e la sua saudade
A felicidade è como a gota
de orvalho numa petala de flor:
brilha tranquila,
depois de leve oscila
e cai como uma lagrima de amor
(Vinicius De Moraes)
(“la felicità è come la goccia di rugiada sul petalo di un fiore: brilla tranquilla, poi oscilla un poco e cade come una lacrima d’amore”).
Vinicius De Moraes, precursore della Bossa Nova insieme a Tom Jobin e João Gilberto, spiega in questo poema che cosa è la saudade, e lo fa senza nemmeno nominarla.
Filo conduttore e fonte d’ispirazione di tutto il genere musicale della Bossa Nova, la saudade è ciò che si prova dopo una felicità traboccante, è la percezione e la consapevolezza che la felicità non dura più di un attimo, oscilla un poco e cade come una lacrima d’amore.
Nel 1958, in un contesto storico di incredibile crescita economica per il Brasile, esce un album interamente composto da Antonio Carlos Jobim e da Vinicius de Moraes per la cantante Elizete Cardoso, Canção do amor demais. Il disco contiene due pezzi nei quali la chitarra è suonata da João Gilberto, Outra vez e, soprattutto, Chega de saudade, la quale è considerata l’atto ufficiale di nascita della Bossa Nova. João Gilberto, infatti, trasforma il tipico ritmo brasiliano in una samba più leggera nella quale la chitarra non ricopre più il ruolo di mero accompagnatore ma si ritrova a dividere la scena principale con la voce. Le parole sono pronunciate con tono intimo e il tessuto musicale riesce a riunire la componente melodica (di chiara ispirazione jazzista) con il ritmo della samba dando origine, in questo modo, a qualcosa di incredibilmente nuovo sulla scena musicale brasiliana e mondiale: un suono che è un’arte!
Stile tipico della Bossa Nova è la cosiddetta “batida”, gesto musicale inaugurato da João Gilberto, secondo il quale la mano destra non arpeggia le corde della chitarra ma alterna l’utilizzo del pollice sui bassi alla “pizzicata” delle altre corde; la conseguenza sul piano ritmico-armonico è la sensazione trasmessa all’ascoltatore che la chitarra stia sempre rincorrendo la voce. Chega de saudade apre così le porte all’avvento di un nuovo genere musicale, unico e irripetibile nel suo genere, che diventerà il simbolo e il portabandiera della musica brasiliana nel mondo.
“Chega de saudade/A realidade é que sem ela/ Não há paz, não há beleza /É só tristeza e a melancolia/ Que não sai de mim” (Basta con la nostalgia/la realtà che senza di lei non c’è pace, non c’è bellezza/c’è solo tristezza e nostalgia/che non va via da me), Tom Jobin e Vinicius De Moraês compongono un brano dai connotati nostalgici ma, allo stesso tempo, quasi speranzosi (ma se lei tornasse, se lei tornasse, che cosa bella, che cosa pazza); è questo che è la saudade, tristezza sì, ma anche speranza di ritrovare quella felicità apparentemente (o forse no) perduta. Un’indimenticabile versione di Chega de saudade verrà proposta qualche anno dopo da Elis Regina, alla poesia del testo e al sound della Bossa Nova Elis aggiunge la dolcezza di una voce unica al mondo. Il risultato è un autentico capolavoro, una di quelle canzoni da ascoltare e “danzicchiare” una sera in camera da soli facendosi trasportare dalle note della chitarra pizzicata e da questa voce così melodica. Provare per credere, possibilmente in pigiama.
Dopo il 1958 numerosi artisti brasiliani, e non solo, si cimentano nella Bossa Nova. Vorrei poterveli raccontare tutti ma per fare questo, come giustamente mi ha ammonito un’amica speciale, dovrei scrivere un libro e non un articolo di SALT . Tra tutti, però, c’è un’artista che mi ha colpito particolarmente ed è Chico Buarque, mio grande primo amore della musica brasiliana. Ho conosciuto la musica di Chico Buarque grazie ad un’amica della facoltà di diritto di San Paolo che un pomeriggio mi ha accompagnato in uno di quei negozietti del centro di Sanpa stracolmi di vinili di ogni genere e tipo; ne comprai uno e lo ascoltai solo una volta tornata in Italia (la mia casa sgangherata di São Paulo non aveva certo un giradischi). L’album si intitolava Chico Buarque (1989) e conteneva, tra le altre, una canzone dal nome Tanta saudade. Casualità? Forse no.
Tanta saudade descrive la saudade come una malattia, come il male che colpisce l’uomo dopo una passione, una meraviglia, un amore intenso, come la sensazione di chi gettando lo sguardo indietro pensa:” Ho voluto arrivare al limite di una passione/svuotare l`oceano con la mia mano/trovare il sale della vita/vincere l`appetito, tutto l`appetito del cuore/ma è tornata la saudade”.
Sono follemente innamorata di queste parole, la saudade è il sentimento di chi ha dato ascolto all’appetito del cuore, della vita, di chi è stato tanto felice da non poter non vivere malinconicamente il ricordo di tale felicità.
Devo ringraziare Aimée (la mia amica della facoltà di São Paulo) per avermi fatto incontrare o Chico e la Bossa Nova ma soprattutto, devo ringraziarla per avermi guidato alla scoperta di una cultura avvolgente e per avermi insegnato a non perdere mai l’appetito per la vita.
Chi non è affamato (un po’ alla “stay hungry,stay foolish” di Steve Jobs) non rischia di dover convivere con la saudade ma non arriva nemmeno a scoprire il limite di una passione, non vive il sale della vita…e senza sale, si sa, tutto perde sapore.
Paola Galli
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